Un saggio-prank che raccoglie fatti, aneddoti, dicerie dall’interno del gran genere-che-non-c’è, del plagio sonoro ininterrotto che ha varcato tante epoche e stili, fino a evocare il Frankenstein sonoro. Dall’introduzione di Vittore Baroni
Moderna, intellettuale, post-organica e vegetativa, sono questi gli aggettivi utilizzati per descrivere la musica elettronica, termini che rappresentano gli elementi fondativi delle narrazioni tossiche e speculative, digeribili solo per chi si genuflette al volere dei mercati. Per tessere il ritmo del presente sul pentagramma della realtà, servono invece degli sperimentatori arditi, capaci di esplorare mondi paralleli, pionieri dell’infinito e skater dell’onda generata dai movimenti controculturali. Sono i supereroi dell’underground sonico e uno di loro si chiama Riccardo Balli.
Funambolico produttore di suoni estremi e autore di testi visionari, Dj Balli fa a pezzi l’obitorio musicale, seziona brandelli di polka bolognese su cassa gabber, trapianta ritornelli hawaiani dentro i bit del Gameboy... In un gioco di specchi, testimonianze e cut-up letterari, Frankenstein goes to holocaust affianca l’olocausto elettronico al celebre romanzo di Mary Shelley, creando un Frankenstein sonoro, il figlio illegittimo della saccheggiofonia, una strategia comunicativa che si presenta sulla scena mainstream con il nome di mash-up. In queste pagine si analizzano le tendenze sovversive e No copyright del processo in corso e si svelano le formule del taglia e cuci da sala operatoria, per arrivare a fronteggiare, a distanza di alito rancido, il mostro sonoro con gli occhi iniettati di sangue, con pezzi organici cuciti su pelle umana di John Oswald, K.L.F., Negativland, horrorcore, witch house, black midi, vaporwave e l’8-bit.