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Per un pugno di bling bling

Blow Up, dicembre 2025 Riccardo Balli. Per un pugno di bling bling


Costruito con un miscuglio lisergico di visioni e dialoghi, accostati a una vera e propria sceneggiatura in dub, Per un pugno di bling bling è in realtà un saggio molto ben documentato sulla musica e la cultura giamaicana. Il punto di partenza è il legame tra l’immaginario spaghetti western e quello di molti autori e dischi che hanno fatto la storia dell’isola (e non solo), sebbene a volte tutto ciò appaia quasi un pretesto per viaggiare liberamente – e oniricamente – nello spazio e nel tempo. Il lavoro di Riccardo Balli, da questi punto di vista, è stratificato e dichiaratamente sperimentale: lavorando sul testo come se fosse alle prese con un mixer, il suo tentativo di creare forme nuove a partire dai dati storici, linguistici e sociologici è accattivante persino quando non è subito chiaro da che parte coglia andare a parare. Sfizioso anche l’apparato di note e di rielaborazione grafiche, in grado di sorprendere piacevolmente anche i più esperti in materia regalando nuovi spunti per approfondire.

di Carlo Babando

Rumore, dicembre 2025 Per un pugno di bling bling

Voto: 70/100

Un salto sul treno, ovviamente per Babylon, guidato più che da un’estasi dell’oro da una Estiqaatsi dell’oro: chi più di Riccardo Balli può riuscire a stare in equilibro sul sottile confine che separa cultural appropriation e cultural appreciation? Autore ostico ma anche agnostico il vulcanico Balli, che sarebbe capace di rendere oro colato le teorie e le connessioni culturali più improbabili, mette in fila 200 pagine in cui esplora il rapporto tra l’industria e lo stile del cinema spaghetti western con la musica giamaicana (reggae, dancehall, dub). Partendo da Jimmy Cliff che in The Harder They Come si gasa con Django di Sergio Corbucci, Balli, difeso dal giudice Sergio Leone di Giuda e accusato da Judge Dread, mette in scena un colto e allo stesso tempo trash pamphlet/processo sul tema di cui sopra, dove trova anche spazio una parte dedicata agli italiani brava gente nell’Etiopia di Hailé Selassié. Per chi non conosce l’autore il solo unico difetto è il suo pregio: riuscire a mettere tantissima carne al fuoco, spezzettandola e jerkandola così tanto da lasciarci o subito sazi o ancora affamati.

di Marco Pecorari

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