Quando il grande business dello sport aggredisce comunità e territori, si rafforza il bisogno di una competizione diversa. Rubare lo sport ai ladri non è reato.
Dalle Olimpiadi messicane del 1968, passate alla storia per il pugno chiuso di Smith e Carlos, ogni grande evento sportivo si è scontrato con episodi di contestazione. In un momento in cui lo sport, e in particolare il calcio, è sempre più un affare miliardario, in diverse parti del mondo sono emerse forme di resistenza sportiva organizzate da persone che non possono o non vogliono far parte dello spettacolo.
Non è solo una questione di soldi, ma soprattutto di valori. Recuperando e reinterpretando lo spirito originario del gioco, l’attività sportiva viene intesa e praticata come un bene comune, come la condivisione di vittorie e sconfitte senza rincorrere gli apici delle classifiche. Un modo per recuperare e ridefinire luoghi e spazi in cui la competizione da fine si trasforma in mezzo per resistere alle gerarchie sociali esistenti.
Ladri di sport è una raccolta di storie e testimonianze di realtà su cui ancora molto poco è stato scritto, che vanno dalle mobilitazioni anti-Fifa in Brasile alle polisportive antirazziste e autogestite in Italia, dalle lotte contro la discriminazione allo sport praticato dai richiedenti asilo.
Illustrazione di copertina Marco Bellocchio