Resto steso ancora qualche istante nel magazzino di ’ste storie vivide per trattenere a forza nell’iride l’eco delle nuvole accidentali rotolare sui formicai occidentali e ridere degli oceani pacifici che sembran china nera, di me stesso, di un corpo celeste compromesso e scrivere... queste storie abbandonate come i cantieri ai bordi dei quartieri, siamo cresciuti in disordine come queste periferie torbide di cui azzardo una parafrasi.
Erravamo giovani stranieri presenta una scelta tra poesie e prose, tra canzoni e immagini di Alberto Dubito, giovane artista che ci ha lasciato troppo presto. Alberto era dotato di un talento profondo e precoce che gli ha consentito di lasciare una mole impressionante di scritti in pochissimi anni. Ne emerge un quadro dell’Italia contemporanea cupo, a tratti disperato, eppure tagliente e acuto, attraversato da spiazzanti lampi d’ironia, grazie a un’irriverente abilità nel giocare con le parole.
In queste pagine la ribellione esistenziale e politica si alterna, spesso in modi imprevisti, all’introspezione e all’empatia. I suoi personaggi erranti popolano un immaginario che sovrappone periferie dell’animo e realismo sociale, dipingendo affreschi visionari dai molteplici piani di lettura. Lo stile espressivo contamina suoni, immagini e parole; la scrittura è fortemente influenzata dal rap. Il raddoppio delle sillabe sul verso, le sovrapposizioni continue su ritmo veloce trasmettono al lettore una vera e propria colonna sonora testuale, che non ha nulla da invidiare alla forza evocativa della musica.
Contributi di Marco Philopat, Andrea Scarabelli e Lello Voce