I dialoghi dei miei film non sono rap, ma ci si avvicinano molto.
Quentin Tarantino
La cultura hip hop e le ambientazioni periferiche hanno caratterizzato l’esplosione del cinema afroamericano negli anni novanta. I produttori hollywoodiani oggi si contendono soggetti ispirati alle vite di Eminem, 50 Cent, Notorious B.I.G. o Tupac. Le storie in cui ballerine di danza classica scoprono passi ispirati alla breakdance sbancano i botteghini. Ice-T, Ice Cube, Eve e il divo Will Smith si dedicano più al grande schermo che al rap. Nelle rime degli mc di mezzo mondo rivivono personaggi come Scarface e i guerrieri della notte. Cinema in rima. La messa in scena del rap descrive la storia di questo incontro analizzando film statunitensi, europei e asiatici. L’anticonformismo intellettuale di Spike Lee si scontra con le provocazioni pulp di Tarantino. L’odio di Kassovitz anima dibattiti in Francia come accade in Italia con Fame chimica. Zora la vampira dei Manetti Bros. strappa risate come Ghost Dog di Jarmusch. L’hip hop è riuscito a contaminare profondamente anche il cinema contemporaneo. E questo connubio tra arti fornisce un punto di vista che ribalta la cattiva fama di cui gode il rap nell’immaginario collettivo.
Prefazione di Tommaso “Piotta” Zanello
Illustrazione di copertina di Luca Font
Luca Gricinella (1973), diplomato alla Civica Scuola di Cinema di Milano, si occupa di hip hop da molti anni. Ha scritto articoli sul rap per quotidiani e riviste musicali. Nel 2012 ha pubblicato il saggio Rapropos. Il rap racconta la Francia per Agenzia X.