Blow up, ottobre 2009Voi non ci sarete
Sarebbe bello dare un nome a quel “voi”. Capire chi è che non ci sarà. Qualunque sia lo scenario che si prospetta, più o meno apocalittico, quel che è certo è che “noi”, il noi di questa antologia, noi ci saremo. Sono tutti ragazzi di circa trent’anni quelli che scrivono i racconti scelti da Alessandro Bertante. La più vecchia ne ha trentadue. Ci si aspetterebbe dunque una sorta di riflessione su questi anni amari ecc. ecc. Non che non sia utile. Ma qui si va un passo oltre. Si parla di futuro. Un pezzo della “generazione” condannata a questo eterno presente che capire non sai (spesso dai propri padri anagrafici e non), lascia la strada battuta per tornare a immaginare. Vizio pericoloso che si è fatto di tutto, e con buoni risultati, per estirpare. Ognuno secondo i suoi toni, e le sue immagini appunto. Qualcuno in modo più riuscito e qualcuno meno. Però che ci si provi è importante. Perché il presente, questa roba velenosa ma anche l’unica che c’è, poi esce fuori eccome. Che sia il precario in tempi dopo-golpe, lo scrittore sulle tracce dei partigiani appena usciti da una Terza Guerra, o Ratzinger con il mal di denti sono continui i riferimenti e gli scambi con il reale, come in uno specchio borgesiano. Il gioco e la finezza letteraria lasciano però il posto all’urgenza, al voler dire delle cose e dirle adesso. Perché, se non si vuole che “loro” ci siano ancora tra cent’anni, sarebbe ora di muoversi. Per chi scrive, piazza d’onore tra i racconti alla percezione inquietante del potere di Giusi Marchetta e al papa tormentato di Peppe Fiore.
di Fabio Donalisiowww.ilrecensore.com, 16 luglio 2009Voi non ci sarete. C’è una fine, è solo questione di tempo
Voi non ci sarete è un’antologia corale, più voci, quasi tutte conosciute al grande pubblico, per farsi sentire. I racconti spesso passano in secondo piano, e le antologie sono diventate, soprattutto in questi ultimi anni, la palestra dei giovani autori, a volte non ancora spendibili con un romanzo loro. Non è questo il caso. Gli scrittori qui si cimentano sul tema, complesso, proposto da Alessandro Bertante: “la fine del mondo”.
Non è questo il caso anche perché tutti gli autori di questa eccellente antologia (iniziamo a mettere paletti) sono già rodati, e nonostante la giovane età hanno tutti volumi pubblicati alle spalle, e volumi di valore. Ma andiamo con ordine, con l’ordine in cui ci appaiono, molteplici epifanie dell’ultima ora, i racconti qui presentati. Il primo è di Vincenzo Latronico: Due o tre cose che ho da dirti sul mondo. È un testo giocato sul tema dell’ironia, certamente venata di amaro, ed è forse l’unico non imperniato sugli aspetti emotivi della fine. Tra i vari racconti è l’unico che, con un rasoio intellettuale, gestisce la catastrofe: “Non mi serve qualunque cosa. L’umanità sta per estinguersi”.
Proseguiamo con Giusi Marchetta, ed il suo Fine del turno. L’apocalisse di Giusi è completamente interiore, è la fine di un mondo, del mio, del suo, del loro, del nostro. È un mondo dove i pronomi hanno partita vinta: l’ambito della comunità, della famiglia, del bar, del lavoro, dei figli e della scuola. Eppure, incredibile, è un racconto aperto, ancora una volta il soggetto ne esce vivo (seppur malconcio): il mondo può anche finire, ma l’io probabilmente gli sopravvivrà.
Violetta Bellocchio e il suo Disco 2000. Un lampo che squarcia la notte. Il racconto è assolutamente innovativo, l’idea è geniale, ancor di più perché capace di sfruttare l’idea della fine già avvenuta (l’apocalisse è dietro di noi) in modo originale, oltre che altamente drammatico. Qualsiasi commento sarebbe spoiler, ma è probabilmente il racconto più riuscito dell’antologia, non me ne voglia nessuno.
Andrea Scarabelli con Nemmeno a rate, traccia un orizzonte di guerra civile, in cui la crisi economica ha totalmente estremizzato i rapporti sociali, e dove però (ma forse proprio per questo) risorgono i rapporti reali, dell’individuo. Ancora rinasce il soggetto, anche se dai fumi (lacrimogeni) della socialità. Siamo nello stesso mondo di Giusi Marchetta, solo qualche anno dopo. L’ironia e la satira ritornano prepotenti, anche se il sottofondo acido non ci abbandona mai, nel racconto Fondamenti di odontoiatria preventiva nell’impatto dei corpi celesti, di Peppe Fiore, esilarante excursus sul papato e lo (scarso) rapporto con la realtà che la chiesa - minuscola - non manca di sottolineare, nel suo lento declinare verso - appunto - la fine.
Parla invece di Milano Alessandro Beretta, ma di una Milano dove la guerra civile di Andrea Scarabelli è finita. Operazione Montenapalm ci racconta infatti delle azioni compiute dalle sacche residue di una resistenza poco organizzata e divisa al suo interno, con tanto di spie, traditori e debolezze umane. Anche qui i rapporti umani alla fine sono il perno intorno a cui ruota il racconto, e lo stato di post-apocalisse diventa solo un escamotage per scrivere sulle difficoltà della relazione umana di fronte all’emergere del nulla (sia reale che simbolico). Mi verrebbe solo da osservare che - per Beretta come per Scarabelli - il materiale trattato è talmente vicino alla deflagrazione, che, forse per procedere ad un parziale disinnesco, sarebbe da diluire in un romanzo breve, piuttosto che raggiungere la massa critica, come invece avviene in queste poche pagine.
Un discorso a parte merita Buio e nero, tutto intorno di Flavia Piccinini, che meriterebbe un applauso, se non fosse che l’angoscia nel frattempo ti ha bloccato il respiro e limitato le funzioni vitali. Un racconto ai limiti del realismo, tanto è esasperato. Ma qui non siamo più nel campo del fantastico, purtroppo è cronaca, non c’è scampo.
Il mondo che finisce (ma finisce?) in Città di carta di Giorgio Fontana è un mondo assolutamente allucinato, travolto dalla droga e dall’assenza di futuro. Ancora si guarda il nulla, il vuoto generato da una perdita, dalla mancanza di un orizzonte che vada oltre il minimale bisogno della sopravvivenza. Che si parli di droga, di famiglia, di sesso, di amicizia, di lavoro, l’occhio, superata la barriera dell’apparenza, si trova ad osservare l’assenza: perché non vi è più senso, ne destino, ma solo sopravvivenza. Ed è così anche per gli eroi partigiani della nuova resistenza di cui ci racconta Simone Sarasso nel racconto conclusivo dell’antologia, Terra di nessuno, tratto da un progetto molto più vasto intitolato United we Stand e da cui verrà pubblicata una graphic novel. Anche loro sono de-evoluti, limitati ai bisogni primari, con qualche accenno ideale, ma sostanzialmente totalmente abbruttiti dall’orrore. No one here gets out alive, potremmo dire.
E noi torniamo all’origine, al deus ex machina, Alessandro Bertante, che ha magnificamente ordinato questa raccolta che raccolta non è, perché di un solo discorso si tratta, che come un falco nel cielo scende a spirale sulla preda, racconto dopo racconto. Ma l’oggetto infine è l’assenza, per cui - Heisemberg insegna - è impossibile individuare, è impossibile mirare. Posso genuflettermi su me stesso e ricostruire metodicamente il mio ego, “generazione [...] compiutamente iconica”, oppure debordare in ballardiani orizzonti mediatici, ma infine devo chiedermi se tutto ciò non sia solo il sogno di un folle, devo chiedermi se ha un senso cercare il senso, e soprattutto se “sia consigliabile farlo”.
di Luca GiudiciNon è questo il caso anche perché tutti gli autori di questa eccellente antologia (iniziamo a mettere paletti) sono già rodati, e nonostante la giovane età hanno tutti volumi pubblicati alle spalle, e volumi di valore. Ma andiamo con ordine, con l’ordine in cui ci appaiono, molteplici epifanie dell’ultima ora, i racconti qui presentati. Il primo è di Vincenzo Latronico: Due o tre cose che ho da dirti sul mondo. È un testo giocato sul tema dell’ironia, certamente venata di amaro, ed è forse l’unico non imperniato sugli aspetti emotivi della fine. Tra i vari racconti è l’unico che, con un rasoio intellettuale, gestisce la catastrofe: “Non mi serve qualunque cosa. L’umanità sta per estinguersi”.
Proseguiamo con Giusi Marchetta, ed il suo Fine del turno. L’apocalisse di Giusi è completamente interiore, è la fine di un mondo, del mio, del suo, del loro, del nostro. È un mondo dove i pronomi hanno partita vinta: l’ambito della comunità, della famiglia, del bar, del lavoro, dei figli e della scuola. Eppure, incredibile, è un racconto aperto, ancora una volta il soggetto ne esce vivo (seppur malconcio): il mondo può anche finire, ma l’io probabilmente gli sopravvivrà.
Violetta Bellocchio e il suo Disco 2000. Un lampo che squarcia la notte. Il racconto è assolutamente innovativo, l’idea è geniale, ancor di più perché capace di sfruttare l’idea della fine già avvenuta (l’apocalisse è dietro di noi) in modo originale, oltre che altamente drammatico. Qualsiasi commento sarebbe spoiler, ma è probabilmente il racconto più riuscito dell’antologia, non me ne voglia nessuno.
Andrea Scarabelli con Nemmeno a rate, traccia un orizzonte di guerra civile, in cui la crisi economica ha totalmente estremizzato i rapporti sociali, e dove però (ma forse proprio per questo) risorgono i rapporti reali, dell’individuo. Ancora rinasce il soggetto, anche se dai fumi (lacrimogeni) della socialità. Siamo nello stesso mondo di Giusi Marchetta, solo qualche anno dopo. L’ironia e la satira ritornano prepotenti, anche se il sottofondo acido non ci abbandona mai, nel racconto Fondamenti di odontoiatria preventiva nell’impatto dei corpi celesti, di Peppe Fiore, esilarante excursus sul papato e lo (scarso) rapporto con la realtà che la chiesa - minuscola - non manca di sottolineare, nel suo lento declinare verso - appunto - la fine.
Parla invece di Milano Alessandro Beretta, ma di una Milano dove la guerra civile di Andrea Scarabelli è finita. Operazione Montenapalm ci racconta infatti delle azioni compiute dalle sacche residue di una resistenza poco organizzata e divisa al suo interno, con tanto di spie, traditori e debolezze umane. Anche qui i rapporti umani alla fine sono il perno intorno a cui ruota il racconto, e lo stato di post-apocalisse diventa solo un escamotage per scrivere sulle difficoltà della relazione umana di fronte all’emergere del nulla (sia reale che simbolico). Mi verrebbe solo da osservare che - per Beretta come per Scarabelli - il materiale trattato è talmente vicino alla deflagrazione, che, forse per procedere ad un parziale disinnesco, sarebbe da diluire in un romanzo breve, piuttosto che raggiungere la massa critica, come invece avviene in queste poche pagine.
Un discorso a parte merita Buio e nero, tutto intorno di Flavia Piccinini, che meriterebbe un applauso, se non fosse che l’angoscia nel frattempo ti ha bloccato il respiro e limitato le funzioni vitali. Un racconto ai limiti del realismo, tanto è esasperato. Ma qui non siamo più nel campo del fantastico, purtroppo è cronaca, non c’è scampo.
Il mondo che finisce (ma finisce?) in Città di carta di Giorgio Fontana è un mondo assolutamente allucinato, travolto dalla droga e dall’assenza di futuro. Ancora si guarda il nulla, il vuoto generato da una perdita, dalla mancanza di un orizzonte che vada oltre il minimale bisogno della sopravvivenza. Che si parli di droga, di famiglia, di sesso, di amicizia, di lavoro, l’occhio, superata la barriera dell’apparenza, si trova ad osservare l’assenza: perché non vi è più senso, ne destino, ma solo sopravvivenza. Ed è così anche per gli eroi partigiani della nuova resistenza di cui ci racconta Simone Sarasso nel racconto conclusivo dell’antologia, Terra di nessuno, tratto da un progetto molto più vasto intitolato United we Stand e da cui verrà pubblicata una graphic novel. Anche loro sono de-evoluti, limitati ai bisogni primari, con qualche accenno ideale, ma sostanzialmente totalmente abbruttiti dall’orrore. No one here gets out alive, potremmo dire.
E noi torniamo all’origine, al deus ex machina, Alessandro Bertante, che ha magnificamente ordinato questa raccolta che raccolta non è, perché di un solo discorso si tratta, che come un falco nel cielo scende a spirale sulla preda, racconto dopo racconto. Ma l’oggetto infine è l’assenza, per cui - Heisemberg insegna - è impossibile individuare, è impossibile mirare. Posso genuflettermi su me stesso e ricostruire metodicamente il mio ego, “generazione [...] compiutamente iconica”, oppure debordare in ballardiani orizzonti mediatici, ma infine devo chiedermi se tutto ciò non sia solo il sogno di un folle, devo chiedermi se ha un senso cercare il senso, e soprattutto se “sia consigliabile farlo”.
Terre di Mezzo Street Magazine, 1 luglio 2009Voi non ci sarete
"È la fine del mondo come lo conosciamo (e io mi sento bene)", cantavano i R.E.M.
Non sembrano d'accordo gli autori di questa antologia (due, Giusi Marchetta e Giorgio Fontana, pubblicati anche da Terre di mezzo editore) sulla fine del mondo. Nove scrittori, nati in gran parte negli anni '80, che ambientano spesso i propri racconti in una realtà segnata da conflitti globali o personali, quando non addirittura, come fa Beretta, da una reality war nata per scopi pubblicitari e poi degenerata. Del resto, annota il curatore, questa è la prima generazione che (complice l'11 settembre, il guerrafondaio Bush e l'instabilità economica) "vede compromesso il proprio futuro".
di Davide MussoNon sembrano d'accordo gli autori di questa antologia (due, Giusi Marchetta e Giorgio Fontana, pubblicati anche da Terre di mezzo editore) sulla fine del mondo. Nove scrittori, nati in gran parte negli anni '80, che ambientano spesso i propri racconti in una realtà segnata da conflitti globali o personali, quando non addirittura, come fa Beretta, da una reality war nata per scopi pubblicitari e poi degenerata. Del resto, annota il curatore, questa è la prima generazione che (complice l'11 settembre, il guerrafondaio Bush e l'instabilità economica) "vede compromesso il proprio futuro".
Bonsai Tv, 18 giugno 2009Videointervista agli autori
di Manfredi Perrone
la Repubblica, 12 giugno 2009La nuova apocalisse è il lavoro. La raccontano i giovani scrittori.
Eccoli, hanno tra i venti e i trent’anni e sono le voci emergenti della generazione precaria e incerta. Quella dei senza lavoro, dei senza prospettive, dei senza futuro. Sono gli scrittori dell’apocalisse, divieto assoluto di lieto fine. È uscito in libreria Voi non ci sarete, antologia di nove brevi racconti che partono tutto dallo stesso spunto: come andrà a finire il mondo (di questo passo)? A metterli insieme da curatore è stato Alessandro Bertante, il marchio in copertina è quello antagonista di Agenzia X, la casa editrice di Marco Philopat.
Come spiega Bertante nella prefazione, la curiosità è capire come in un mondo angusto agitato da crisi economiche, ambientali e geopolitiche, trovi spazio l’immaginazione dei nuovi autori italiano. Il ventaglio di ipotesi sulla fine dei tempi è davvero notevole. Il giovanissimo milanese Vincenzo Latronico, nato nell’84, ha già esordito con Ginnastica e rivoluzione (Bompiani, 2008). Nel racconto, in un folle intreccio di scienze approssimative, il Mycoplasma Laboratorium, batterio costruito in provetta che ingoia spazzatura e vomita benzina, nel 2014 muta divenendo letale per l’uomo. E un ricercatore si gode gli ultimi scampoli di esistenza imbrogliando i potenti responsabili del disastro. Fondamenti di odontoiatria preventiva all’impatto dei corpi celesti: Peppe Fiore, napoletano dell’81, intitola così il diario di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI. Frammenti folgoranti, vita e pensieri di sua Santità che tra il cardinal Ruini, padre George e il dolore di un grave ascesso, dimentica l’incombere dell’asteroide a lui intitolato, l’incedere della Storia e scopre di non essere affatto interessato alla fine del mondo. Altri i toni di Violetta Bellocchio (che ha appena pubblicato con Mondadori Sono io che me ne vado). In Disco 2000, con penna telegrafica, costruisce una città di già morti, spettri privi di nome e passato incapaci di incontrarsi. Ci sono attimi di musica: ognuno lega il proprio essere a una canzone e viene risvegliato per brevi istanti dai vivi che, in una dimensione parallela, l’ascoltano. Nella raccolta scorrono ovviamente anche inquietudini meno distanti, con l’attualità che è l’inizio della fine. Andrea Scarabelli, altro milanese dell’84, dice tutto nel titolo. Nemmeno a rate, due anni da oggi, e il mondo si riempe di dormitori per la moltitudine che, perso il lavoro dopo il grande crack, il mutuo non lo paga più. Flavia Piccini osserva il sud Italia nel 2049 e l’estinzione dei suoi figli tossici, ammalati dalla nascita a causa dell’inquinamento industriale. È un amante a distruggere le certezze, le routine e il mondo di un barista con famiglia per Giusi Marchetta, la droga a cancellare il protagonista de La città di carta di Giorgio Fontana. Avanzano i cinesi nel 2020 verso l’Italia già devastata dalla guerra civile secondo Simone Sarasso, che inscena un reportage sulla momentanea tregua. Il mondo finisce forse a Milano secondo Alessandro Beretta, che con Operazione Montenapalm dipinge un futuro medioevo militarizzato dal marketing, un luogo (anche linguistico) di ruderi postmoderni. Dove i monumenti dell’Isola sono “quattro enormi gru gialle lasciate lì a grattare il cielo. Dovevano costruire un’altra città ma non avevano fatto in tempo”.
di Simone MoscaCome spiega Bertante nella prefazione, la curiosità è capire come in un mondo angusto agitato da crisi economiche, ambientali e geopolitiche, trovi spazio l’immaginazione dei nuovi autori italiano. Il ventaglio di ipotesi sulla fine dei tempi è davvero notevole. Il giovanissimo milanese Vincenzo Latronico, nato nell’84, ha già esordito con Ginnastica e rivoluzione (Bompiani, 2008). Nel racconto, in un folle intreccio di scienze approssimative, il Mycoplasma Laboratorium, batterio costruito in provetta che ingoia spazzatura e vomita benzina, nel 2014 muta divenendo letale per l’uomo. E un ricercatore si gode gli ultimi scampoli di esistenza imbrogliando i potenti responsabili del disastro. Fondamenti di odontoiatria preventiva all’impatto dei corpi celesti: Peppe Fiore, napoletano dell’81, intitola così il diario di Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI. Frammenti folgoranti, vita e pensieri di sua Santità che tra il cardinal Ruini, padre George e il dolore di un grave ascesso, dimentica l’incombere dell’asteroide a lui intitolato, l’incedere della Storia e scopre di non essere affatto interessato alla fine del mondo. Altri i toni di Violetta Bellocchio (che ha appena pubblicato con Mondadori Sono io che me ne vado). In Disco 2000, con penna telegrafica, costruisce una città di già morti, spettri privi di nome e passato incapaci di incontrarsi. Ci sono attimi di musica: ognuno lega il proprio essere a una canzone e viene risvegliato per brevi istanti dai vivi che, in una dimensione parallela, l’ascoltano. Nella raccolta scorrono ovviamente anche inquietudini meno distanti, con l’attualità che è l’inizio della fine. Andrea Scarabelli, altro milanese dell’84, dice tutto nel titolo. Nemmeno a rate, due anni da oggi, e il mondo si riempe di dormitori per la moltitudine che, perso il lavoro dopo il grande crack, il mutuo non lo paga più. Flavia Piccini osserva il sud Italia nel 2049 e l’estinzione dei suoi figli tossici, ammalati dalla nascita a causa dell’inquinamento industriale. È un amante a distruggere le certezze, le routine e il mondo di un barista con famiglia per Giusi Marchetta, la droga a cancellare il protagonista de La città di carta di Giorgio Fontana. Avanzano i cinesi nel 2020 verso l’Italia già devastata dalla guerra civile secondo Simone Sarasso, che inscena un reportage sulla momentanea tregua. Il mondo finisce forse a Milano secondo Alessandro Beretta, che con Operazione Montenapalm dipinge un futuro medioevo militarizzato dal marketing, un luogo (anche linguistico) di ruderi postmoderni. Dove i monumenti dell’Isola sono “quattro enormi gru gialle lasciate lì a grattare il cielo. Dovevano costruire un’altra città ma non avevano fatto in tempo”.
Dispenser Rai Radio 2, 11 giugno 2009Distributore di apocalissi quotidiane
di Federico Bernocchi
Il primo amore, 9 giugno 2009Due o tre cose che ho da dirti sul mondo
Voi non ci sarete è un'antologia di cronache della fine del mondo uscita di recente per Agenzia X e curata da Alessandro Bertante. Include racconti di Violetta Bellocchio, Alessandro Beretta, Giorgio Fontana, Peppe Fiore, Vincenzo Latronico, Giusi Marchetta, Flavia Piccinni, Simone Sarasso e Andrea Scarabelli.
Questo che segue è l'incipit del racconto di Vincenzo Latronico. (Antonio Moresco) per leggere Due o tre cose che ho da dirti sul mondo cliccate QUI.
di Vincenzo Latronico, Antonio MorescoQuesto che segue è l'incipit del racconto di Vincenzo Latronico. (Antonio Moresco) per leggere Due o tre cose che ho da dirti sul mondo cliccate QUI.
www.carmillaonline.com, maggio 2009Anteprima
È appena uscita un'antologia edita da AgenziaX, intitolata
Voi non ci sarete - Cronache dalla fine del mondo, con racconti di Violetta Bellocchio, Alessandro Beretta, Peppe Fiore, Giorgio Fontana, Vincenzo Latronico, Giusi Marchetta, Flavia Piccinni, Simone Sarasso, Andrea Scarabelli. Uno spettro narrativo ampio, curato da Alessandro Bertante, l'autore del celebrato Al Diavul, uscito da Marsilio. Prima di recensire il volume, ne pubblichiamo la prefazione di Bertante, ringraziando l'editore per il permesso. Leggi la prefazione
di Giuseppe GennaVoi non ci sarete - Cronache dalla fine del mondo, con racconti di Violetta Bellocchio, Alessandro Beretta, Peppe Fiore, Giorgio Fontana, Vincenzo Latronico, Giusi Marchetta, Flavia Piccinni, Simone Sarasso, Andrea Scarabelli. Uno spettro narrativo ampio, curato da Alessandro Bertante, l'autore del celebrato Al Diavul, uscito da Marsilio. Prima di recensire il volume, ne pubblichiamo la prefazione di Bertante, ringraziando l'editore per il permesso. Leggi la prefazione