danielebarbieri.wordpress.com, 5 novembre 2014 Alessandra Daniele, una che graffia, ma solo per donare perle
Parliamo di una scoperta, una tardiva scoperta, appena effettuata. Parliamo di Alessandra Daniele, collaboratrice permanente di Carmilla on line (http://www.carmillaonline.com/). Ne parliamo in breve, in quanto il più e il meglio lo ha già messo nero su bianco Valerio Evangelisti nell’introduzione al libro che presentiamo: Schegge taglienti (Agenzia x, 2014 – euro 13: pochi per un libro tanto denso e pieno di ottimi racconti).
Schegge taglienti è una delizia per il palato, almeno per il mio, che mai in precedenza ha saggiato cibo altrettanto gustoso e piccante; ed è una gioia per gli occhi, che s’inebriano nel constatare quante pagine sono riempite di cose e non parole, di concretezze e non di chimeriche promesse, tipo quelle governative che annunciano la prossimità di un sollievo che viene rimandato costantemente; e produce profonda felicità nell’essere che il libro ha la fortuna di leggere e può constatare che se pietà per i poveri cristi l’è morta, l’intelligenza no, l’intelligenza non ne vuol proprio sapere di lasciarsi addomesticare.
Forza Alessandra, continua così, produci schegge e getto continuo, taglia, disvela, metti le birbe alla berlina: abbiamo tanto bisogno che qualcuno scavi negli enigmi verbali, veri e propri intrighi, con i quali coloro che stanno in alto confondono le idee a quelli che stanno in basso; ne abbiamo bisogno per tagliare le lingue biforcute degli uomini di potere e di coloro che stanno dietro gli uomini di potere. Ne abbiamo bisogno per riannodare le fila della logica, della satira e della narrazione in un modo che ne risulti, oltre che il sollievo e il divertimento del lettore, anche un effetto di verità: una vera e propria esplosione di verità.
Raro trovare una persona che sappia scavare altrettanto nelle cose, utilizzando meno parole e ottenendo più eccellenti risultati in termini di leggibilità e godimento.
Ebbene sì, ci voleva proprio!
Riportiamo un passo saliente dell’introduzione di Evangelisti: “Secondo me, si tratta di arte e di letteratura. Certi epigrammi di Marziale contenevano lo stesso potenziale sovversivo, anarchico ante litteram. Alcuni celebrati umoristi di oggi spacciano invece per satire brode insipide e allungate, in cui nove volte su dieci si sorride invece di ghignare. Alez è di tutt’altra indole, e alla base delle stilettate che infligge c’è un accumulo evidente di bravura, di intelligenza e, perché no, di cultura.”
Che dire di più, senza strafare? Molto. Perché non c’è pericolo di strafare. Alessandra Daniele è al di sopra di ogni mia possibilità d’elogio e d’eccesso nell’elogio.
di Mauro Antonio MiglieruoloSchegge taglienti è una delizia per il palato, almeno per il mio, che mai in precedenza ha saggiato cibo altrettanto gustoso e piccante; ed è una gioia per gli occhi, che s’inebriano nel constatare quante pagine sono riempite di cose e non parole, di concretezze e non di chimeriche promesse, tipo quelle governative che annunciano la prossimità di un sollievo che viene rimandato costantemente; e produce profonda felicità nell’essere che il libro ha la fortuna di leggere e può constatare che se pietà per i poveri cristi l’è morta, l’intelligenza no, l’intelligenza non ne vuol proprio sapere di lasciarsi addomesticare.
Forza Alessandra, continua così, produci schegge e getto continuo, taglia, disvela, metti le birbe alla berlina: abbiamo tanto bisogno che qualcuno scavi negli enigmi verbali, veri e propri intrighi, con i quali coloro che stanno in alto confondono le idee a quelli che stanno in basso; ne abbiamo bisogno per tagliare le lingue biforcute degli uomini di potere e di coloro che stanno dietro gli uomini di potere. Ne abbiamo bisogno per riannodare le fila della logica, della satira e della narrazione in un modo che ne risulti, oltre che il sollievo e il divertimento del lettore, anche un effetto di verità: una vera e propria esplosione di verità.
Raro trovare una persona che sappia scavare altrettanto nelle cose, utilizzando meno parole e ottenendo più eccellenti risultati in termini di leggibilità e godimento.
Ebbene sì, ci voleva proprio!
Riportiamo un passo saliente dell’introduzione di Evangelisti: “Secondo me, si tratta di arte e di letteratura. Certi epigrammi di Marziale contenevano lo stesso potenziale sovversivo, anarchico ante litteram. Alcuni celebrati umoristi di oggi spacciano invece per satire brode insipide e allungate, in cui nove volte su dieci si sorride invece di ghignare. Alez è di tutt’altra indole, e alla base delle stilettate che infligge c’è un accumulo evidente di bravura, di intelligenza e, perché no, di cultura.”
Che dire di più, senza strafare? Molto. Perché non c’è pericolo di strafare. Alessandra Daniele è al di sopra di ogni mia possibilità d’elogio e d’eccesso nell’elogio.
librinuovi.net, 13 giugno 2014 Alez in Wonderland
È sempre interessante scoprire – tramite i sistemi cabalistici ormai accessibili alla grossa anche a comuni utenti – quanto e come una pagina web “tiri”: e per esempio Carmilla on line, una delle più frequentate webzine politico-culturali nostrane, conosce impennate di lettori il lunedì. Quando cioè appaiono in linea le attesissime Schegge taglienti di Alessandra Daniele, nome in codice Alez: fulminanti fabulae satiriche la cui pirotecnia surreale, spesso esilarante, strapazza senza riguardo le agenzie di potere nelle loro malefatte quotidiane. Con spietata lucidità e sincera sete di giustizia, Alez fa ciò che la satira dovrebbe sempre fare: colpire senza poi girarsi in moine da bagaglino, in ammiccamenti a protettori non migliori (e altrettanto potenti) dei soggetti presi di mira. E all’impatto della sua ironia – si ride tanto, anche se si ride amaro – i destinatari appaiono realmente nudi come il re della fiaba.
Se poi gran parte dei testi si presentano come racconti brevi, in un certo numero di casi l’autrice si smarca dalla formula attraverso monologhi quasi teatrali o micro-saggi, in un’estrema e disinvolta libertà formale.
Nessuna sorpresa che Alessandra Daniele – che nulla concede a sé, al mostrarsi al grande circo, al raccontare qualcosa di personale – sia assurta a vero e proprio mito web. E, con operazione meritoria, una piccolissima casa editrice, Agenzia X, propone ora una scelta di questi testi: un itinerario pluriennale – sta al lettore che proprio voglia il riordinarlo cronologicamente, ma non è necessario – in quel Paese delle Meraviglie che è la nostra Italia. È lecito domandarsi se, come nel caso di Alice, anche per Alez la primissima reazione di fronte alla cronaca quotidiana resti una certa sorpresa – nel senso che al peggio non c’è limite: un assurdo da cui comunque, con rapidità da fuoriclasse, si riprende e saetta.
Il fatto è che, come detto, Schegge taglienti non rappresenta banalmente un acuto, ferocissimo pamphlet polemico: e vorrei qui soffermarmi su tre caratteristiche anche letterarie delle sue pagine, per nulla scontate in testi di satira.
Anzitutto il registro linguistico. Il controllo stilistico di Alessandra Daniele lascia senza fiato – a farla riconoscere non solo come una straordinaria comunicatrice, ma una giocoliera col linguaggio di consumata abilità. Nell’epoca dei penosi, sciattamente giovanilistici giochini di parole a colpi di hashtag dispensati da governanti e aspiranti tali, lo stacco emerge con nettezza: quella di Alez è al contrario una pirotecnia di geniali calembour, di allusioni brillanti a titoli e miti della cultura di genere, di fulminanti sovversioni di un vocabolario troppo spesso prono a parole d’ordine dall’alto. In quest’uso della lingua che irride strappando maschere, evoca paradossi (il richiamo ad Alice pare anche in ciò calzante), suggerisce macchine per pensare, si intravede in filigrana non solo cultura, ma scintillante intelligenza.
Ma il liberissimo registro linguistico è coerente con il tipo di contenuti. Partita all’inizio col trattare criticamente di fantascienza – un genere su cui vanta competenza appassionata, come dimostra anche qui qualche prova saggistica – l’autrice presenta spesso le proprie satire in forma di raccontini fantastici. Dove al dato di una scrittura tanto rapida – un intervento per settimana costituisce, ammettiamolo, un ritmo indiavolato – per affilare testi tanto sintetici, perfetti nella loro efficacia narrativa, si sposa una fantasia senza freni. Ai paradossi della lingua l’autrice fa così felicemente corrispondere quelli del contenuto: dove il ricorso all’immaginario SF, espressione emblematica del laboratorio e della critica sociale nell’idea della fucina di un futuro, svela continui richiami a tutta una letteratura. Tessendo insieme critica puntuale sul genere e acutissima critica sociale, Alez compone narrazioni degne di antologie di genere – e che in effetti più di una volta vi hanno figurato. Questa raccolta è insomma un precipitato conseguente e atteso.
Ma c’è un referente ulteriore, trasversale ai testi, di volta in volta implicito o esplicito: ed è quello alla TV, al baraccone dei suoi programmi e alla sua serialità. Sia, evidentemente, per l’attenzione con cui l’autrice segue la fiction di genere, soprattutto le grandi serie angloamericane, di volta in volta premiandone o demolendone gli esiti con notazioni incalzanti; sia più in generale per le caratteristiche intrinseche all’offerta del piccolo schermo – compresa quella serialità che risulta terreno tanto fertile per riflettere (attraverso simboli, metafore, temi-chiave) sulle dinamiche sociali. La televisione è in fondo lo strumento di una diramazione di messaggi quotidiana e controllatissima; ha un rapporto con le emozioni molto più immediato, viscerale, diffuso e conservativo – tutti i giorni, ventiquattr’ore su ventiquattro – di quello strappato dal cinema; permette (sia pure in termini blindatissimi) una qualche osmosi diretta col pubblico a suon di telefonate in onda, consigli alle massaie, ammiccamenti da salotti TV di varia dignità. D’altro canto la serialità non costituisce solo la forma di un certo tipo di coinvolgimento dello spettatore (nel senso di rasserenarlo con un sistema di costanti e di fidelizzarlo, fino al limite di una dipendenza): è una vera e propria simulazione rituale della quotidianità, una sorta di liturgia profana in cui celebrare postmodernamente valori e istanze mitiche di una società. È dunque con questa lucidissima coscienza che Alez gioca con le immagini televisive, costruendo da un lunedì all’altro un vero e proprio contro-programma: le usa come griglie per far emergere provocatoriamente riti e miti del potere, ne sfrutta le valenze di vocabolario simbolico diffuso in chiave di paradosso. A denunciare ogni settimana e ora in questo volume la mascherata seriale – vilain in agguato, finti colpi di scena, amore fasullo e tanto trucco, in un continuo ritorno degli stessi poteri – che ci viene proposta come tranquillizzante.
di Franco PezziniSe poi gran parte dei testi si presentano come racconti brevi, in un certo numero di casi l’autrice si smarca dalla formula attraverso monologhi quasi teatrali o micro-saggi, in un’estrema e disinvolta libertà formale.
Nessuna sorpresa che Alessandra Daniele – che nulla concede a sé, al mostrarsi al grande circo, al raccontare qualcosa di personale – sia assurta a vero e proprio mito web. E, con operazione meritoria, una piccolissima casa editrice, Agenzia X, propone ora una scelta di questi testi: un itinerario pluriennale – sta al lettore che proprio voglia il riordinarlo cronologicamente, ma non è necessario – in quel Paese delle Meraviglie che è la nostra Italia. È lecito domandarsi se, come nel caso di Alice, anche per Alez la primissima reazione di fronte alla cronaca quotidiana resti una certa sorpresa – nel senso che al peggio non c’è limite: un assurdo da cui comunque, con rapidità da fuoriclasse, si riprende e saetta.
Il fatto è che, come detto, Schegge taglienti non rappresenta banalmente un acuto, ferocissimo pamphlet polemico: e vorrei qui soffermarmi su tre caratteristiche anche letterarie delle sue pagine, per nulla scontate in testi di satira.
Anzitutto il registro linguistico. Il controllo stilistico di Alessandra Daniele lascia senza fiato – a farla riconoscere non solo come una straordinaria comunicatrice, ma una giocoliera col linguaggio di consumata abilità. Nell’epoca dei penosi, sciattamente giovanilistici giochini di parole a colpi di hashtag dispensati da governanti e aspiranti tali, lo stacco emerge con nettezza: quella di Alez è al contrario una pirotecnia di geniali calembour, di allusioni brillanti a titoli e miti della cultura di genere, di fulminanti sovversioni di un vocabolario troppo spesso prono a parole d’ordine dall’alto. In quest’uso della lingua che irride strappando maschere, evoca paradossi (il richiamo ad Alice pare anche in ciò calzante), suggerisce macchine per pensare, si intravede in filigrana non solo cultura, ma scintillante intelligenza.
Ma il liberissimo registro linguistico è coerente con il tipo di contenuti. Partita all’inizio col trattare criticamente di fantascienza – un genere su cui vanta competenza appassionata, come dimostra anche qui qualche prova saggistica – l’autrice presenta spesso le proprie satire in forma di raccontini fantastici. Dove al dato di una scrittura tanto rapida – un intervento per settimana costituisce, ammettiamolo, un ritmo indiavolato – per affilare testi tanto sintetici, perfetti nella loro efficacia narrativa, si sposa una fantasia senza freni. Ai paradossi della lingua l’autrice fa così felicemente corrispondere quelli del contenuto: dove il ricorso all’immaginario SF, espressione emblematica del laboratorio e della critica sociale nell’idea della fucina di un futuro, svela continui richiami a tutta una letteratura. Tessendo insieme critica puntuale sul genere e acutissima critica sociale, Alez compone narrazioni degne di antologie di genere – e che in effetti più di una volta vi hanno figurato. Questa raccolta è insomma un precipitato conseguente e atteso.
Ma c’è un referente ulteriore, trasversale ai testi, di volta in volta implicito o esplicito: ed è quello alla TV, al baraccone dei suoi programmi e alla sua serialità. Sia, evidentemente, per l’attenzione con cui l’autrice segue la fiction di genere, soprattutto le grandi serie angloamericane, di volta in volta premiandone o demolendone gli esiti con notazioni incalzanti; sia più in generale per le caratteristiche intrinseche all’offerta del piccolo schermo – compresa quella serialità che risulta terreno tanto fertile per riflettere (attraverso simboli, metafore, temi-chiave) sulle dinamiche sociali. La televisione è in fondo lo strumento di una diramazione di messaggi quotidiana e controllatissima; ha un rapporto con le emozioni molto più immediato, viscerale, diffuso e conservativo – tutti i giorni, ventiquattr’ore su ventiquattro – di quello strappato dal cinema; permette (sia pure in termini blindatissimi) una qualche osmosi diretta col pubblico a suon di telefonate in onda, consigli alle massaie, ammiccamenti da salotti TV di varia dignità. D’altro canto la serialità non costituisce solo la forma di un certo tipo di coinvolgimento dello spettatore (nel senso di rasserenarlo con un sistema di costanti e di fidelizzarlo, fino al limite di una dipendenza): è una vera e propria simulazione rituale della quotidianità, una sorta di liturgia profana in cui celebrare postmodernamente valori e istanze mitiche di una società. È dunque con questa lucidissima coscienza che Alez gioca con le immagini televisive, costruendo da un lunedì all’altro un vero e proprio contro-programma: le usa come griglie per far emergere provocatoriamente riti e miti del potere, ne sfrutta le valenze di vocabolario simbolico diffuso in chiave di paradosso. A denunciare ogni settimana e ora in questo volume la mascherata seriale – vilain in agguato, finti colpi di scena, amore fasullo e tanto trucco, in un continuo ritorno degli stessi poteri – che ci viene proposta come tranquillizzante.
www.nazioneindiana.com, 16 maggio 2014 A sangue freddo: le Schegge taglienti di Alessandra Daniele
In Italia c’è bisogno di una satira politica come quella di Alessandra Daniele. Ce n’è un bisogno vitale. Ciò che resta della satira, infatti, nella frattaglia mediatica-populistica che ormai si è impadronita dell’immaginario italico, devastato da quella sindrome “del pecorame” di cui parlava Gramsci negli anni Venti, si concentra soprattutto sugli aspetti folkloristici dei personaggi, qualche tic, miserie umane, talvolta con l’interessato in studio che ridacchia mentre lo si sbertuccia (come sovente accade da Crozza-Floris, che nella triste Waste Land attuale resta comunque uno dei migliori). Invece la satira deve essere cattiva, scorretta, perfida. È la sua natura. Deve ferire, non avere pietà, perché si rivolge a chi non ha alcuna pietà per gli altri, chi ruba, calunnia, inganna. La satira può essere una valida arma di difesa/offesa. Quella di Alessandra Daniele lo è.
Questo libro raccoglie i testi brevi – i corsivi – che appaiono il lunedì su “Carmilla” nell’omonima rubrica “Schegge taglienti”. Alcuni sono sotto forma di racconti, altri di commenti, o di invettiva, con lo stile della “rasoiata”: fendenti secchi, micidiali. La Daniele fa scattare il rasoio contro la folla di bugiardi, politici da strapazzo, macellai sociali, buffoni di corte, imboscati, corrotti, mentitori di professione, insomma l’affollata cricca parassitaria che – come Alessandra “Alez” ripete spesso nei suoi testi – forma i governi di paglia, uomini e donne prestanome che fingono di governare ma lo fanno per conto terzi, in cambio di laute prebende, per conto di chi sta fuori dall’Italia e decide del nostro destino (la Troika, la BCE, le multinazionali finanziarie ecc.).
Le Schegge vibrano di un odio freddo, con buona pace di chi stigmatizza il politicamente scorretto del vituperato I hate. Invece l’odio va lavorato, filtrato, ripulito, perché l’odio sociale può essere la base di una nuova resistenza, di un conflitto di classe, di una battaglia politica. Lo è stato per il punk, I hate Pink Floyd. E Alez in fondo è un po’ punk. C’è come un nichilismo nei suoi pezzi brevi, una rabbia iconoclasta che tuttavia non è mai fine a se stessa. Anche perché è “lavorata”, riscattata dalla scrittura letteraria. La sintesi così estrema è un requisito difficile da raggiungere. Non una parola sprecata, non un ragionamento di troppo. Non una concessione all’entertainment o all’affabulazione. Come scrive Valerio Evangelisti nella prefazione, arrivano gli echi del mitico Fortebraccio, il polemista-moralista che dalle antiche pagine de “L’Unità” sferzava i politicanti democristiani; c’è lo stile del “Male”, del “Journal bête et méchant Hara Kiri”, ma anche dell’ultimo Giorgio Bocca, che nella rubrica “l’Antitaliano” su “l’Espresso” faceva a brandelli il malcostume italiano. Ma c’era più disperazione, in un certo senso. Era un pessimismo disperato. Invece le Schegge non si avvitano sul negativo e la rassegnazione. Sono intrise di vendetta, di indignazione, ma anche di dolore. Sì, negli spazi bianchi c’è il dolore di chi è costretto ad assistere – e a subire – alla deriva italiana verso il servilismo senza ritorno ai potenti, al malaffare, al populismo, all’agire omertoso e mafioso, mentre tutto crolla tra le orge di una cricca politica di mantenuti, di famigli e di cazzari.
di Mauro BaldratiQuesto libro raccoglie i testi brevi – i corsivi – che appaiono il lunedì su “Carmilla” nell’omonima rubrica “Schegge taglienti”. Alcuni sono sotto forma di racconti, altri di commenti, o di invettiva, con lo stile della “rasoiata”: fendenti secchi, micidiali. La Daniele fa scattare il rasoio contro la folla di bugiardi, politici da strapazzo, macellai sociali, buffoni di corte, imboscati, corrotti, mentitori di professione, insomma l’affollata cricca parassitaria che – come Alessandra “Alez” ripete spesso nei suoi testi – forma i governi di paglia, uomini e donne prestanome che fingono di governare ma lo fanno per conto terzi, in cambio di laute prebende, per conto di chi sta fuori dall’Italia e decide del nostro destino (la Troika, la BCE, le multinazionali finanziarie ecc.).
Le Schegge vibrano di un odio freddo, con buona pace di chi stigmatizza il politicamente scorretto del vituperato I hate. Invece l’odio va lavorato, filtrato, ripulito, perché l’odio sociale può essere la base di una nuova resistenza, di un conflitto di classe, di una battaglia politica. Lo è stato per il punk, I hate Pink Floyd. E Alez in fondo è un po’ punk. C’è come un nichilismo nei suoi pezzi brevi, una rabbia iconoclasta che tuttavia non è mai fine a se stessa. Anche perché è “lavorata”, riscattata dalla scrittura letteraria. La sintesi così estrema è un requisito difficile da raggiungere. Non una parola sprecata, non un ragionamento di troppo. Non una concessione all’entertainment o all’affabulazione. Come scrive Valerio Evangelisti nella prefazione, arrivano gli echi del mitico Fortebraccio, il polemista-moralista che dalle antiche pagine de “L’Unità” sferzava i politicanti democristiani; c’è lo stile del “Male”, del “Journal bête et méchant Hara Kiri”, ma anche dell’ultimo Giorgio Bocca, che nella rubrica “l’Antitaliano” su “l’Espresso” faceva a brandelli il malcostume italiano. Ma c’era più disperazione, in un certo senso. Era un pessimismo disperato. Invece le Schegge non si avvitano sul negativo e la rassegnazione. Sono intrise di vendetta, di indignazione, ma anche di dolore. Sì, negli spazi bianchi c’è il dolore di chi è costretto ad assistere – e a subire – alla deriva italiana verso il servilismo senza ritorno ai potenti, al malaffare, al populismo, all’agire omertoso e mafioso, mentre tutto crolla tra le orge di una cricca politica di mantenuti, di famigli e di cazzari.
www.carmillaonline.com, 9 maggio 2014 Il libro più atteso: SCHEGGE TAGLIENTI di Alessandra Daniele
In tanti lo richiedevano, anzi, lo reclamavano, e finalmente eccolo: l’Agenzia X ha mandato in libreria un’antologia dei corsivi che ogni lunedì, da anni, Alessandra Daniele pubblica su “Carmilla” (Schegge taglienti, pp. 192, € 15,00). Il volume può essere acquistato, a prezzo scontato, anche on line presso i maggiori siti specializzati e in quello della casa editrice. Propongo qui la mia introduzione, e condivido l’orgoglio di tutti i redattori per l’uscita del primo libro scaturito direttamente dalle pagine di “Carmilla”. Brava Alessandra!
A COME ALESSANDRA
Con l’arrivo di Alessandra Daniele in redazione, in “Carmilla” cambiarono molte cose. La nostra testata si era sempre sforzata di conciliare temi letterari e altri di taglio politico, ma ci era riuscita solo in parte. Gli articoli sulla letteratura e quelli dedicati alla politica restavano il più delle volte distinti, e solo raramente riuscivamo a operare una sintesi. Ed ecco che appare questa “infernale” giovane palermitana con una raffica di raccontini brevissimi, in cui la genialità della trama si sposa a un palese spirito polemico. “Carmilla” diviene finalmente quale i fondatori l’avevano concepita, e il numero dei lettori si espande velocemente.
I primi contributi di Alessandra (detta “Alez”) furono di due tipi. Una serie di schede sui maggiori autori della fantascienza, materia in cui è competentissima, e racconti fulminanti (per lo più anch’essi di sf), di poche righe e dal linguaggio stringato. Si poteva pensare a maestri della narrativa breve, come Robert Sheckley, Richard Matheson o Fredric Brown. C’era però una differenza. Alessandra Daniele era più breve ancora e molto più cattiva.
Definire quelle storie “nere” era dire poco. I protagonisti cadevano regolarmente vittime di uno scherzo crudele, anche quando erano stati essi stessi ad architettarlo. Tiranni, aguzzini, potenti, capi religiosi finivano in un tritacarne che si concludeva spesso in uno smembramento, in una decapitazione, o comunque in una fine sordida, loro e di un bel po’ di “vittime collaterali” (in certi casi l’intera umanità). Quanto più i personaggi principali erano arroganti, onnipotenti, sicuri di sé, tanto più era certo un esito spaventoso, che li avrebbe ridotti a brandelli. E i protagonisti “buoni”? Non c’erano, che io ricordi, protagonisti buoni. Al massimo dei complici o dei servi. Dunque non c’era salvezza per nessuno.
Rimasi totalmente sedotto da questo tipo di narrativa, feroce e spietata, antitetica al racconto magari bello e di protesta, ma pulitino e perbenino. In passato ero stato giudice unico di testi brevi, alcuni dei quali, si presume i migliori, destinati al catalogo di una nota casa editrice specializzata in fantascienza. Non mi ero mai imbattuto in nulla di simile. Centinaia e centinaia di pezzi senza capo né coda, oppure che crollavano nel finale, ammesso che l’esordio reggesse. Quasi un quarto obbedivano allo schema del famoso racconto di Brown La sentinella. Si crede di avere a che fare con terrestri che combattono gli alieni, e invece è il contrario. Nella variante più originale che lessi i presunti umani erano in realtà orsi polari. Stomacato, una volta rifiutai di attribuire il premio, poi rinunciai all’incarico (del resto gratuito).
Invece in Alessandra Daniele nulla era scontato. La storia era sempre originale, la chiusa inattesa, spiazzante, brusca e cattiva. I riferimenti all’attualità si sprecavano. Non so se fu lei a proporre a me di passare dal raccontino alla satira, o viceversa. Ne nacque la sua rubrica su “Carmilla” del lunedì, Schegge taglienti. Divenuta quasi una droga per decine di migliaia di lettori, e veicolo di picchi di contatti. Moltiplicata dal rimbalzare sul web e sui social network.
Il pensiero di chi ha la mia età corre al prototipo della satira oltraggiosa, il mensile parigino “Hara-Kiri” della fine degli anni Sessanta fino ai primi anni Ottanta. Si autodefiniva Journal bête et méchant, ebbe la sua influenza sul maggio ’68. In Italia ci fu chi provò a riproporlo pari pari sotto i titoli “King Kong” e “L’Arcibraccio”. Non ebbe successo. Il lato stupido, bête, aveva lo stesso peso di quello méchant, cattivo. La cacca, primo oggetto di risate infantili, la faceva da padrona, così come il sesso in forme non di rado maschiliste. I testi erano totalmente subalterni al peso preponderante dei fumetti (di autentici maestri, quali Wolinski, Reiser, Siné e tanti altri) e, soprattutto, delle foto ritoccate e corredate di dialoghi assurdi.
Da noi una satira “alla Alessandra Daniele”, trascurando il bravissimo Fortebraccio de “L’Unità”, può essere in parte rintracciata in testate come “Il male” e “Cuore”, entrate giustamente nel mito. Neanche lì, però, tra sprechi di genialità mai più raggiunti, è facile imbattersi in qualcosa di equiparabile alle rasoiate di Alez. La loro perfidia concentrata è senza paragoni. Normalmente l’autrice riduce a pupazzo il suo bersaglio, sia uomo politico, di spettacolo o altro. Poi lo affetta a colpi di calembour, arte in cui eccelle, e di frasette secche e incalzanti. La vittima, del resto, ha fin dal titolo e dalle prime righe perso ogni dignità. Nell’epilogo è un mucchietto di spazzatura da gettare.
La popolarità di Alessandra Daniele è in continua crescita, e anche fuori dal web si comincia a citarla. Era dunque venuto il momento di un’antologia della sua produzione, come in tanti chiedevano. Non è stato facile trovare l’editore giusto. Una casa editrice di medie dimensioni, per esempio, chiedeva che dagli articoli da pubblicare fosse espunto ogni riferimento alla politica. Ridicolo. In Alez tutto è politica, a partire dalla sua intransigenza – cioè dalla severità di un approccio che non è moralista, ma profondamente morale. È perfida perché indignata contro perfidi mistificatori. Li schiaccia come insetti perché tali sono, e ce ne offre il carapace svuotato, dopo avere mostrato che conteneva stoppa. Così interpreta un sentimento generale, che siamo in genere incapaci di esprimere con tanta lucida rabbia.
Secondo me, si tratta di arte, e di letteratura. Certi epigrammi di Marziale contenevano lo stesso potenziale sovversivo, anarchico ante litteram. Alcuni celebrati umoristi di oggi spacciano invece per satira brode insipide e allungate, in cui nove volte su dieci si sorride invece di ghignare. Alez è di tutt’altra indole, e alla base delle stilettate che infligge c’è un accumulo evidente di bravura, di intelligenza e, perché no, di cultura.
Sono convinto che molti condivideranno il mio giudizio, dopo avere letto questa antologia. I periodi di lotta, il ’68, il ’77, sono stati anche grandi momenti di satira. Alez ne precorre un altro, più aspro, più duro. Attendevamo V per Vendetta. È arrivata A come Alessandra. O come Anarchia, che è in fondo la stessa cosa.
di Valerio EvangelistiA COME ALESSANDRA
Con l’arrivo di Alessandra Daniele in redazione, in “Carmilla” cambiarono molte cose. La nostra testata si era sempre sforzata di conciliare temi letterari e altri di taglio politico, ma ci era riuscita solo in parte. Gli articoli sulla letteratura e quelli dedicati alla politica restavano il più delle volte distinti, e solo raramente riuscivamo a operare una sintesi. Ed ecco che appare questa “infernale” giovane palermitana con una raffica di raccontini brevissimi, in cui la genialità della trama si sposa a un palese spirito polemico. “Carmilla” diviene finalmente quale i fondatori l’avevano concepita, e il numero dei lettori si espande velocemente.
I primi contributi di Alessandra (detta “Alez”) furono di due tipi. Una serie di schede sui maggiori autori della fantascienza, materia in cui è competentissima, e racconti fulminanti (per lo più anch’essi di sf), di poche righe e dal linguaggio stringato. Si poteva pensare a maestri della narrativa breve, come Robert Sheckley, Richard Matheson o Fredric Brown. C’era però una differenza. Alessandra Daniele era più breve ancora e molto più cattiva.
Definire quelle storie “nere” era dire poco. I protagonisti cadevano regolarmente vittime di uno scherzo crudele, anche quando erano stati essi stessi ad architettarlo. Tiranni, aguzzini, potenti, capi religiosi finivano in un tritacarne che si concludeva spesso in uno smembramento, in una decapitazione, o comunque in una fine sordida, loro e di un bel po’ di “vittime collaterali” (in certi casi l’intera umanità). Quanto più i personaggi principali erano arroganti, onnipotenti, sicuri di sé, tanto più era certo un esito spaventoso, che li avrebbe ridotti a brandelli. E i protagonisti “buoni”? Non c’erano, che io ricordi, protagonisti buoni. Al massimo dei complici o dei servi. Dunque non c’era salvezza per nessuno.
Rimasi totalmente sedotto da questo tipo di narrativa, feroce e spietata, antitetica al racconto magari bello e di protesta, ma pulitino e perbenino. In passato ero stato giudice unico di testi brevi, alcuni dei quali, si presume i migliori, destinati al catalogo di una nota casa editrice specializzata in fantascienza. Non mi ero mai imbattuto in nulla di simile. Centinaia e centinaia di pezzi senza capo né coda, oppure che crollavano nel finale, ammesso che l’esordio reggesse. Quasi un quarto obbedivano allo schema del famoso racconto di Brown La sentinella. Si crede di avere a che fare con terrestri che combattono gli alieni, e invece è il contrario. Nella variante più originale che lessi i presunti umani erano in realtà orsi polari. Stomacato, una volta rifiutai di attribuire il premio, poi rinunciai all’incarico (del resto gratuito).
Invece in Alessandra Daniele nulla era scontato. La storia era sempre originale, la chiusa inattesa, spiazzante, brusca e cattiva. I riferimenti all’attualità si sprecavano. Non so se fu lei a proporre a me di passare dal raccontino alla satira, o viceversa. Ne nacque la sua rubrica su “Carmilla” del lunedì, Schegge taglienti. Divenuta quasi una droga per decine di migliaia di lettori, e veicolo di picchi di contatti. Moltiplicata dal rimbalzare sul web e sui social network.
Il pensiero di chi ha la mia età corre al prototipo della satira oltraggiosa, il mensile parigino “Hara-Kiri” della fine degli anni Sessanta fino ai primi anni Ottanta. Si autodefiniva Journal bête et méchant, ebbe la sua influenza sul maggio ’68. In Italia ci fu chi provò a riproporlo pari pari sotto i titoli “King Kong” e “L’Arcibraccio”. Non ebbe successo. Il lato stupido, bête, aveva lo stesso peso di quello méchant, cattivo. La cacca, primo oggetto di risate infantili, la faceva da padrona, così come il sesso in forme non di rado maschiliste. I testi erano totalmente subalterni al peso preponderante dei fumetti (di autentici maestri, quali Wolinski, Reiser, Siné e tanti altri) e, soprattutto, delle foto ritoccate e corredate di dialoghi assurdi.
Da noi una satira “alla Alessandra Daniele”, trascurando il bravissimo Fortebraccio de “L’Unità”, può essere in parte rintracciata in testate come “Il male” e “Cuore”, entrate giustamente nel mito. Neanche lì, però, tra sprechi di genialità mai più raggiunti, è facile imbattersi in qualcosa di equiparabile alle rasoiate di Alez. La loro perfidia concentrata è senza paragoni. Normalmente l’autrice riduce a pupazzo il suo bersaglio, sia uomo politico, di spettacolo o altro. Poi lo affetta a colpi di calembour, arte in cui eccelle, e di frasette secche e incalzanti. La vittima, del resto, ha fin dal titolo e dalle prime righe perso ogni dignità. Nell’epilogo è un mucchietto di spazzatura da gettare.
La popolarità di Alessandra Daniele è in continua crescita, e anche fuori dal web si comincia a citarla. Era dunque venuto il momento di un’antologia della sua produzione, come in tanti chiedevano. Non è stato facile trovare l’editore giusto. Una casa editrice di medie dimensioni, per esempio, chiedeva che dagli articoli da pubblicare fosse espunto ogni riferimento alla politica. Ridicolo. In Alez tutto è politica, a partire dalla sua intransigenza – cioè dalla severità di un approccio che non è moralista, ma profondamente morale. È perfida perché indignata contro perfidi mistificatori. Li schiaccia come insetti perché tali sono, e ce ne offre il carapace svuotato, dopo avere mostrato che conteneva stoppa. Così interpreta un sentimento generale, che siamo in genere incapaci di esprimere con tanta lucida rabbia.
Secondo me, si tratta di arte, e di letteratura. Certi epigrammi di Marziale contenevano lo stesso potenziale sovversivo, anarchico ante litteram. Alcuni celebrati umoristi di oggi spacciano invece per satira brode insipide e allungate, in cui nove volte su dieci si sorride invece di ghignare. Alez è di tutt’altra indole, e alla base delle stilettate che infligge c’è un accumulo evidente di bravura, di intelligenza e, perché no, di cultura.
Sono convinto che molti condivideranno il mio giudizio, dopo avere letto questa antologia. I periodi di lotta, il ’68, il ’77, sono stati anche grandi momenti di satira. Alez ne precorre un altro, più aspro, più duro. Attendevamo V per Vendetta. È arrivata A come Alessandra. O come Anarchia, che è in fondo la stessa cosa.
http://bugiardino.com.unita.it, 5 maggio 2014Schegge taglienti
Il libro: La società italiana è un film di genere, uno spaghetti zombie, un timeloop mannaro, un thriller criminale. Le Schegge taglienti corrodono gli ingranaggi tecnocratici della nostra epoca con corsivi satirici e caustica narrativa veloce popolata da personaggi reali ma, allo stesso tempo, grotteschi come quelli partoriti dalla fantasia più beffarda. Lo stile è asciutto ed esplicito, l’analisi puntuale, spietata e non risparmia nessuno.
Testi brevi d’ironia visionaria e di sarcasmo concentrato per raccontare una realtà frammentata, tagliente e sempre più difficile da attraversare senza ferirsi. Punte di freccia, lame sottili, armi bianche per volgere contro l’avversario la sua stessa forza disgregante. Tessere di un mosaico vivente in continua evoluzione, dissoluzione e ricomposizione.
Alessandra Daniele è un’attivista letteraria della rete, i suoi scritti al vetriolo sono pubblicati ogni domenica notte sul sito Carmilla on line, provocando sempre impennate negli accessi. I commenti e le numerose condivisioni hanno reso virale la diffusione del suo immaginario apocalittico con venature splatter. Questo volume raccoglie i suoi migliori interventi da leggere uno alla volta come pillole di antiveleno prima del Tg, o tutti d’un fiato come la pozione fortificante di Asterix.
«Tutti vogliono fottere tutti, e qualsiasi altra cosa è solo un pretesto».
ISTRUZIONI PER L’USO
Categoria farmacologica: Pastiglie per chi soffre di Stivalgia (sofferenza acuta per il male che affligge l’Italia)
Composizione ed eccipienti: Un’interessante prefazione di Valerio Evangelisti. Tanti brevi racconti riuniti nella rubrica carmillina “Schegge taglienti”, brani che hanno delle componenti ben precise. E se la solidità dell’architettura rimanda ad alcuni capisaldi imprescindibili, l’originalità viene ogni volta garantita: «Definire quelle storie “nere” era dire poco. I protagonisti cadevano regolarmente vittime di uno scherzo crudele, anche quando erano stati essi stessi ad architettarlo. Tiranni, aguzzini, potenti, capi religiosi finivano in un tritacarne che si concludeva spesso in uno smembramento, in una decapitazione, o comunque in una fine sordida, loro e di un bel po’ di “vittime collaterali” (in certi casi l’intera umanità). Quanto più i personaggi principali erano arroganti, onnipotenti, sicuri di sé, tanto più era certo un esito spaventoso, che li avrebbe ridotti a brandelli».
Ci troverete situazioni surreali, grottesche, fantapolitiche, sempre riconducibili alla realtà. E poi embrioni umani coltivati in vitro, replicanti, il dottor Viktor Von Frankenstein III, piduisti, generali golpisti, neofascisti. Perfino uno scarafaggio nella minestra.
Indicazioni terapeutiche:
Non si guarisce, però le pastiglie aiutano a sopravvivere al sistema.
Consigliato a tutti, benefico per: Chi si sente schiacciato • Chi si sente alla berlina • Chi ha smesso di mettersi le mani nei capelli solo perché aveva male alle braccia • Chi è incazzato nero per i diritti calpestati, le prese per il naso e le balle stratosferiche • Chi è nauseato dai media: «Per i media (e chi li controlla) le parole sono armi. Devono colpire il bersaglio e fare più danni possibile. L’idioma d’origine non ha nessuna importanza, la questione non è linguistica, è balistica. I termini si scelgono in base all’efficacia del suono, come i comandi usati per l’addestramento dei cani: sitz, plat, spread».
Controindicazioni: Incompatibile con mentalità nazi, cattoberlusconiane o conservatrici.
Posologia, da leggersi preferibilmente: Evitando le Cupole, stando alla larga da: Arroganza. Doppiezza. Opportunismo.
Effetti indesiderati: Prolungherete il sarcasmo per qualche ora
Avvertenze: Mi raccomando, per tutte le schegge future e per altri articoli di opposizione… ricordatevi di leggere Carmilla
Pillole:
«Erich Priebke è stato condannato agli arresti domiciliari nella sua villa, ed è arrivato a cent’anni.
Questo vuol dire che ci toccherà sopportare Berlusconi per un altro ventennio.
Fra dieci anni, quando l’Italia avrà perduto ogni traccia anche apparente di sovranità e sarà un villaggio turistico di proprietà Bce, Berlusconi, con ormai il 70% degli organi artificiali, farà l’animatore.
Ogni tanto sbaglierà la pompetta da azionare e si procurerà un infarto invece di un’erezione, ma il riavvio automatico d’emergenza lo salverà anche da questo, per la gioia dei suoi fan, che saranno ancora milioni».
- – - – - – - – - – - – - – - – -
«Servizi segreti
La fine della Guerra fredda non ha ridotto la quantità di intrighi spionistici, l’ha moltiplicata in modo esponenziale. Il numero di gruppi terroristici infiltrati è stato da tempo abbondantemente superato dal numero dei gruppi terroristici composti da soli infiltrati. Trovare orme di servizi segreti è facilissimo ovunque. Non trovarne è impossibile.
Politici collusi
La grande svendita di fine legislatura è iniziata: affrettatevi, o vi resteranno solo taglie piccole, colorazioni politiche ridicole, e deputati sformati dai troppi cambi di prova.
Capri espiatori
Basta inventarli. Va bene qualsiasi denominazione idiota che suoni vagamente anarcoide, tipo Insurrezionanisti dell’Insubria, o Anargraffitari di Griffondoro. Poi si procederà a sgomberi, retate, pestaggi, carcerazioni e condanne dei soliti sospetti che non c’entrano un cazzo. Mescolate tutti gli ingredienti».
L’autrice: Alessandra Daniele vive a Palermo, dal 2006 è redattrice di Carmilla. Ha collaborato a Sorci verdi (Alegre, 2011) e Scorrete lacrime, disse lo sceriffo (Laboratorio Crash!, 2008) e all’antologia urban horror Sinistre presenze (Bietti, 2012).
di Marilù OlivaTesti brevi d’ironia visionaria e di sarcasmo concentrato per raccontare una realtà frammentata, tagliente e sempre più difficile da attraversare senza ferirsi. Punte di freccia, lame sottili, armi bianche per volgere contro l’avversario la sua stessa forza disgregante. Tessere di un mosaico vivente in continua evoluzione, dissoluzione e ricomposizione.
Alessandra Daniele è un’attivista letteraria della rete, i suoi scritti al vetriolo sono pubblicati ogni domenica notte sul sito Carmilla on line, provocando sempre impennate negli accessi. I commenti e le numerose condivisioni hanno reso virale la diffusione del suo immaginario apocalittico con venature splatter. Questo volume raccoglie i suoi migliori interventi da leggere uno alla volta come pillole di antiveleno prima del Tg, o tutti d’un fiato come la pozione fortificante di Asterix.
«Tutti vogliono fottere tutti, e qualsiasi altra cosa è solo un pretesto».
ISTRUZIONI PER L’USO
Categoria farmacologica: Pastiglie per chi soffre di Stivalgia (sofferenza acuta per il male che affligge l’Italia)
Composizione ed eccipienti: Un’interessante prefazione di Valerio Evangelisti. Tanti brevi racconti riuniti nella rubrica carmillina “Schegge taglienti”, brani che hanno delle componenti ben precise. E se la solidità dell’architettura rimanda ad alcuni capisaldi imprescindibili, l’originalità viene ogni volta garantita: «Definire quelle storie “nere” era dire poco. I protagonisti cadevano regolarmente vittime di uno scherzo crudele, anche quando erano stati essi stessi ad architettarlo. Tiranni, aguzzini, potenti, capi religiosi finivano in un tritacarne che si concludeva spesso in uno smembramento, in una decapitazione, o comunque in una fine sordida, loro e di un bel po’ di “vittime collaterali” (in certi casi l’intera umanità). Quanto più i personaggi principali erano arroganti, onnipotenti, sicuri di sé, tanto più era certo un esito spaventoso, che li avrebbe ridotti a brandelli».
Ci troverete situazioni surreali, grottesche, fantapolitiche, sempre riconducibili alla realtà. E poi embrioni umani coltivati in vitro, replicanti, il dottor Viktor Von Frankenstein III, piduisti, generali golpisti, neofascisti. Perfino uno scarafaggio nella minestra.
Indicazioni terapeutiche:
Non si guarisce, però le pastiglie aiutano a sopravvivere al sistema.
Consigliato a tutti, benefico per: Chi si sente schiacciato • Chi si sente alla berlina • Chi ha smesso di mettersi le mani nei capelli solo perché aveva male alle braccia • Chi è incazzato nero per i diritti calpestati, le prese per il naso e le balle stratosferiche • Chi è nauseato dai media: «Per i media (e chi li controlla) le parole sono armi. Devono colpire il bersaglio e fare più danni possibile. L’idioma d’origine non ha nessuna importanza, la questione non è linguistica, è balistica. I termini si scelgono in base all’efficacia del suono, come i comandi usati per l’addestramento dei cani: sitz, plat, spread».
Controindicazioni: Incompatibile con mentalità nazi, cattoberlusconiane o conservatrici.
Posologia, da leggersi preferibilmente: Evitando le Cupole, stando alla larga da: Arroganza. Doppiezza. Opportunismo.
Effetti indesiderati: Prolungherete il sarcasmo per qualche ora
Avvertenze: Mi raccomando, per tutte le schegge future e per altri articoli di opposizione… ricordatevi di leggere Carmilla
Pillole:
«Erich Priebke è stato condannato agli arresti domiciliari nella sua villa, ed è arrivato a cent’anni.
Questo vuol dire che ci toccherà sopportare Berlusconi per un altro ventennio.
Fra dieci anni, quando l’Italia avrà perduto ogni traccia anche apparente di sovranità e sarà un villaggio turistico di proprietà Bce, Berlusconi, con ormai il 70% degli organi artificiali, farà l’animatore.
Ogni tanto sbaglierà la pompetta da azionare e si procurerà un infarto invece di un’erezione, ma il riavvio automatico d’emergenza lo salverà anche da questo, per la gioia dei suoi fan, che saranno ancora milioni».
- – - – - – - – - – - – - – - – -
«Servizi segreti
La fine della Guerra fredda non ha ridotto la quantità di intrighi spionistici, l’ha moltiplicata in modo esponenziale. Il numero di gruppi terroristici infiltrati è stato da tempo abbondantemente superato dal numero dei gruppi terroristici composti da soli infiltrati. Trovare orme di servizi segreti è facilissimo ovunque. Non trovarne è impossibile.
Politici collusi
La grande svendita di fine legislatura è iniziata: affrettatevi, o vi resteranno solo taglie piccole, colorazioni politiche ridicole, e deputati sformati dai troppi cambi di prova.
Capri espiatori
Basta inventarli. Va bene qualsiasi denominazione idiota che suoni vagamente anarcoide, tipo Insurrezionanisti dell’Insubria, o Anargraffitari di Griffondoro. Poi si procederà a sgomberi, retate, pestaggi, carcerazioni e condanne dei soliti sospetti che non c’entrano un cazzo. Mescolate tutti gli ingredienti».
L’autrice: Alessandra Daniele vive a Palermo, dal 2006 è redattrice di Carmilla. Ha collaborato a Sorci verdi (Alegre, 2011) e Scorrete lacrime, disse lo sceriffo (Laboratorio Crash!, 2008) e all’antologia urban horror Sinistre presenze (Bietti, 2012).