news.hotmc.com, 3 febbraio 2012Michele Wad Caporosso: Italia Suxxx
Un paio di settimane fa, quando l’inserto libri di “Repubblica” ha chiesto a Fabri Fibra di consigliare un libro ai lettori, lui non ha avuto dubbi: Michele Wad Caporosso – Italia Suxxx. Ha spiegato: “Questo libro, in qualche modo, ha qualcosa che mi riguarda molto. (…) Gioventù moderna in un sistema bloccato”. C’è chi sarà d’accordo e chi invece griderà allo scandalo, chi considera l’autore un genio e chi lo considera un cazzone, chi si farebbe volentieri consigliare un tomo da Fabri Fibra e chi neanche un aforisma, ma ad ogni modo è interessante parlare di questa prima fatica letteraria di Wad, uno dei giornalisti hip hop (e non solo) più chiacchierati della nostra ridente penisola.
Uscito qualche mese fa per Agenzia X, Italia Suxxx ha raccolto finora un discreto successo e buoni riscontri. È un romanzo dichiaratamente autobiografico, ma è facile riconoscervisi per qualunque venti/trentenne con velleità creative che fa mille lavori per riuscire a mantenersi in una grande città che, nonostante le apparenze, creativa non è per niente. Alan, il protagonista, è giornalista/conduttore radiofonico/tuttofare/inventore di se stesso e molte altre cose. Barcamenandosi tra le stelle e le stalle, riesce a convincere il direttore di Radio Popolare a fargli condurre con alcuni amici una trasmissione sperimentale, chiamata appunto Italia Suxxx. Il concetto dietro alla trasmissione è semplice: passare solo la propria musica preferita, raccontare cose scomode sulla realtà dei giovani e, soprattutto, convincere quanti più ascoltatori possibile a scrivere in giro e diffondere lo slogan “Italia Suxxx”, a testimonianza del fatto che è ora di cominciare una rivoluzione che porti le nuove generazioni a prendere in mano le redini di questo Paese e della loro vita. Pian piano qualcuno comincia timidamente a raccogliere l’invito, poi sempre meno timidamente. Riusciranno i nostri eroi…? Ai posteri l’ardua sentenza.
Tra script radiofonici, brani di interviste (spesso veri) che l’autore ha fatto a vari personaggi dell’hip hop italiano e internazionale, flussi di coscienza vari ed eventuali, è un libro che si fa leggere piuttosto piacevolmente. Soprattutto per la scrittura di Wad, che ha da sempre un dono per le metafore, gli slogan e le frasi ad effetto. Ma, allo stesso tempo, spesso si ingarbuglia in ragionamenti e discorsi che bisognerebbe essere nella sua testa, per capire del tutto. Leggenda vuole che il libro all’inizio fosse un saggio sull’hip hop italiano, e che l’editore l’abbia convinto a scrivere piuttosto un romanzo perché il nostro sparava a zero su tutto e tutti e ne sarebbe venuto fuori un gran casino. Altra leggenda vuole che si tratti in realtà della sua autobiografia (d’altra parte, come il protagonista, Wad ha un programma su Radio Popolare, è anche giornalista ed è arrivato a Milano dalla Puglia sperando di vivere dei suoi talenti) e il protagonista e la storia sarebbero solo un filtro per mascherare i suoi giudizi reali su cose, fatti e persone. Non sappiamo quanto ci sia di vero in queste voci (l’interessato negherà), ma se vi soffermate volentieri o malvolentieri a leggere le sue recensioni, non vi pentirete di aver letto anche il suo Italia Suxxx.
di BlumiUscito qualche mese fa per Agenzia X, Italia Suxxx ha raccolto finora un discreto successo e buoni riscontri. È un romanzo dichiaratamente autobiografico, ma è facile riconoscervisi per qualunque venti/trentenne con velleità creative che fa mille lavori per riuscire a mantenersi in una grande città che, nonostante le apparenze, creativa non è per niente. Alan, il protagonista, è giornalista/conduttore radiofonico/tuttofare/inventore di se stesso e molte altre cose. Barcamenandosi tra le stelle e le stalle, riesce a convincere il direttore di Radio Popolare a fargli condurre con alcuni amici una trasmissione sperimentale, chiamata appunto Italia Suxxx. Il concetto dietro alla trasmissione è semplice: passare solo la propria musica preferita, raccontare cose scomode sulla realtà dei giovani e, soprattutto, convincere quanti più ascoltatori possibile a scrivere in giro e diffondere lo slogan “Italia Suxxx”, a testimonianza del fatto che è ora di cominciare una rivoluzione che porti le nuove generazioni a prendere in mano le redini di questo Paese e della loro vita. Pian piano qualcuno comincia timidamente a raccogliere l’invito, poi sempre meno timidamente. Riusciranno i nostri eroi…? Ai posteri l’ardua sentenza.
Tra script radiofonici, brani di interviste (spesso veri) che l’autore ha fatto a vari personaggi dell’hip hop italiano e internazionale, flussi di coscienza vari ed eventuali, è un libro che si fa leggere piuttosto piacevolmente. Soprattutto per la scrittura di Wad, che ha da sempre un dono per le metafore, gli slogan e le frasi ad effetto. Ma, allo stesso tempo, spesso si ingarbuglia in ragionamenti e discorsi che bisognerebbe essere nella sua testa, per capire del tutto. Leggenda vuole che il libro all’inizio fosse un saggio sull’hip hop italiano, e che l’editore l’abbia convinto a scrivere piuttosto un romanzo perché il nostro sparava a zero su tutto e tutti e ne sarebbe venuto fuori un gran casino. Altra leggenda vuole che si tratti in realtà della sua autobiografia (d’altra parte, come il protagonista, Wad ha un programma su Radio Popolare, è anche giornalista ed è arrivato a Milano dalla Puglia sperando di vivere dei suoi talenti) e il protagonista e la storia sarebbero solo un filtro per mascherare i suoi giudizi reali su cose, fatti e persone. Non sappiamo quanto ci sia di vero in queste voci (l’interessato negherà), ma se vi soffermate volentieri o malvolentieri a leggere le sue recensioni, non vi pentirete di aver letto anche il suo Italia Suxxx.
Tutto libri, La Stampa, 10 dicembre 2011Ecco il paese per i giovani
Mi è molto piaciuto Italia suxxx. Tempi duri, cani sciolti e musi sporchi di Michele Wad Caporosso forse perché ho conosciuto l’autore (è un giornalista musicale, mi ha intervistato un anno fa), forse perché mi sembrava di essere con lui per tutta la lettura: questo libro, in qualche modo, ha qualcosa che mi riguarda molto. La scrittura talvolta è scorrevole e moderna, in alcune parti invece inverte la marcia: nel momento in cui il racconto si svolge in questo paese per vecchi dove si confonde facilmente il passato con il presente il linguaggio è macchinoso e pesante, ma invece veloce e dinamico quando ci sono i giovani.
Si alternano le parole, le immagini, i concetti, le realtà, le prospettive. Gioventù moderna in un sistema bloccato. Gran parte della storia si sviluppa a Milano, la grande città vissuta e descritta da un ragazzo pugliese che prova a farsi sentire. Un lavoro in radio, un programma preso molto seriamente dai protagonisti, tante idee e soprattutto tanta musica. Non chiedetemi come sia possibile, ma leggendo questo libro si ha la sensazione di ascoltare la trasmissione in radio i ragazzi, una trasmissione che presto finirà per diventare più grande grande di loro.
Dopo averlo letto mi sono accorto che la storia sarebbe perfetta da sviluppare in un film, qualche regista dovrebbe provare a portare Italia suxxx in pellicola, magari con attori sconosciuti. Nel libro ci sono anche molti ospiti, in radio intendo. Ci sono anche io tra questi. Buona lettura a tutti. Italia suxxx!!!
di Fabri FibraSi alternano le parole, le immagini, i concetti, le realtà, le prospettive. Gioventù moderna in un sistema bloccato. Gran parte della storia si sviluppa a Milano, la grande città vissuta e descritta da un ragazzo pugliese che prova a farsi sentire. Un lavoro in radio, un programma preso molto seriamente dai protagonisti, tante idee e soprattutto tanta musica. Non chiedetemi come sia possibile, ma leggendo questo libro si ha la sensazione di ascoltare la trasmissione in radio i ragazzi, una trasmissione che presto finirà per diventare più grande grande di loro.
Dopo averlo letto mi sono accorto che la storia sarebbe perfetta da sviluppare in un film, qualche regista dovrebbe provare a portare Italia suxxx in pellicola, magari con attori sconosciuti. Nel libro ci sono anche molti ospiti, in radio intendo. Ci sono anche io tra questi. Buona lettura a tutti. Italia suxxx!!!
www.vorrei.org, 3 maggio 2011Italia Suxxx. Michele Wad Caporosso e l’urgenza di sentirsi parte del proprio tempo
Non è un libro autobiografico ma sicuramente c’è molto di Michele Wad Caporosso, della sua “fortuna” di nascere in provincia e di sperimentarsi tra radio (conduce una trasmissione su Radio Popolare Network, una rubrica su Radio2 Rai e un programma su Sky), siti web e carta stampata (collabora con “Rolling Stone”, “Rumore”, “Vogue” e “L’Espresso”) in una grande città come Milano da oltre cinque anni, in Italia suxxx. Tempi duri, cani sciolti e musi sporchi, un saggio che – per forza di scrittura – è dovuto diventare un romanzo. Laurea in scienze politiche di Bari, braccio altamurano con l’associazione Back2Back e vocazione rigorosamente glocal, Michele Wad nel suo romanzo Italia Suxxx (che ad aprile in Puglia verrà presentato il 10 presso il Laboratorio Urbano di Altamura, il 13 alla libreria Pasador di Santeramo e il 14 alla Feltrinelli di Bari, il 22 all’Einaudi di Barletta, il 30 al Bug di Bari) gioca tra musica e parole: con il pretesto di una trasmissione radiofonica impossibile che diventa rivoluzione, parla di sottocultura, di una generazione impotente e di una via d’uscita “obbligata” che passa per la trasformazione del “tempo libero”, della passione in lavoro.
Una scrittura sporca che accompagna il lettore in una rivoluzione fatta di parole e pensiero senza pretese di insegnare nulla, ma con l’urgenza di sentirsi parte del proprio tempo.
Perché hai deciso di scrivere questo libro?
L’idea iniziale, la proposta della casa editrice era fare un saggio sulle controculture giovanili in Italia di cui, nei miei articoli, fotografavo spesso il malcontento. In Italia si percepisce tanto malcontento nel settore della cultura, ma quando lo percepisci anche nei microcosmi della sottocultura – dove dovrebbe esserci solo passione – vuol dire che non si sta bene da nessuna parte. Vista la mia scrittura sporca, abbastanza impubblicabile a livello di saggio, è nata l’idea di costruire un romanzo. Poi il romanzo in fase di editing ha preso delle vie piuttosto anomale: da focalizzarsi sul dispiacere culturale in Italia è arrivato a mischiarsi con scene di guerrilla, con rifacimenti culturali agli anni ’70, alle rivolte americane che hanno avuto riflessi anche in Italia, e molta musica. Il punto di partenza principale è la frase che apre l’ultimo libro di Douglas Coupland GENERAZIONE A, un libro che non ho letto né comprato ma che aprendolo in libreria mi ha colpito con questa frase di Malcolm Mclaren (il creatore dei Sex pistols): se vuoi farti capire dalla tua generazione offendili e distruggili.
C’è un giudizio molto critico sulla generazione italiana.
Gente persa. Ovviamente generazione non intesa in senso anagrafico. Chi ha meno di 40anni ha una benda sugli occhi, è impotente.
La soluzione è la rivoluzione, come auspicava Mario Monicelli, il cui invito alla ribellione è citato nel romanzo?
Ho avuto il piacere di essere ospite nelle stessa puntata con Monicelli in una trasmissione radiofonica in Rai la scorsa estate, nello stesso periodo in cui disse quella frase ad Annozero che io cito a fine libro. Mi colpì molto: era una trasmissione fatta di giovani, ma un 90enne scosse la radio, la Rai. La rivoluzione va intesa ovviamente non in senso violento anche se – per assurdo – io direi che se proprio qualcosa deve succedere: vale tutto.
Purché succeda qualcosa?
Purché ci facciamo sentire, purché ci appropriamo degli spazi, purchè – come è spiegato nel libro – avvenga questo cannibalismo transgenerazionale. Adesso il tempo è nostro. Sentirsi parte del proprio tempo è fondamentale. Alla presentazione del libro che faccio alla Fnac di Roma tra i vari ospiti ci sono anche gli organizzatori della manifestazione Il nostro tempo è adesso (ilnostrotempoeadesso.it) che spiegheranno l’iniziativa. Nel romanzo non si parla di chissà quale mossa politica, è una storia, fiction e realtà al 50%, però è onnipresente un sentimento di urgenza fortissimo, che c’è in me, in chi rappresenta il romanzo e in chi si sente rappresentato nel romanzo.
Anche ad Alan, il protagonista, viene rivolta la fatidica domanda che cosa vuoi fare da grande? Tu cosa risponderesti?
È una delle domande più inflazionate nella crescita di una persona. Ne siamo sottomessi sin da bambini. Tanto che nessuno sa rispondere. È inibitorio chiederlo. Io quello che voglio fare da grande lo sto già facendo e cioè: faccio quello che voglio, purchè sia sostenibile in questa parte del mondo.
Non è solo una questione lavorativa: il nostro tempo libero è ormai il nostro lavoro (come da quarta di copertina). Lo status di precarietà non è più lavorativo ma esistenziale. Poi c’è sempre chi decide di far vita da mantenuto o da impiegato alla vecchia maniera. Forse saremmo stati tutti più tranquilli e regolari se il sistema fosse rimasto fermo a vent’anni fa. La cosa positiva di questa insicurezza sociale e esistenziale, imposta dall’alto, è che adesso emergono le passioni. Ci si riduce a vivere dei propri sogni non come una speranza ma come ultima spiaggia. Per riadattare il discorso ad Altamura direi che è come se fossimo tutti sull’orlo del Pulo: la scelta è buttarsi o vivere dei propri sogni.
Uno dei protagonisti del tuo libro è la provincia, la gente che scappa dalla provincia e quella che trova rifugio dalle megalopoli.
La provincia è un vivaio di sentimenti, poesia e coraggio. Tutti i più grandi artisti provengono dalla provincia, che è una dimensione bellissima dove si sviluppa l’odio per la città circostante. Chi vive in provincia, odia la provincia. Chiunque ad Altamura odia, o lo ha fatto anche solo per un secondo, Altamura. Però chi nasce nella provincia è fortunato, la provincia è un ponte di credibilità e spessore verso il mondo. Soprattutto verso l’Italia, che è una grande provincia. Penso che il provincialismo sia un talento ma va coltivato: quando una persona di provincia arriva in città la spacca, “se la mangia”, ha la fame di chi vuole mangiarsi tutto. Un concetto importante del libro è la glocalizzazione cioè applicare alle dimensioni globali delle dinamiche locali e viceversa, creare degli incontri tra microcosmo e macrocosmo. Far scattare il cortocircuito.
C’è un passo in cui sembra di leggere Altamura: le feste patronali, le sagre, le processioni, la banda di paese, fare la maglia, il pranzo ad un’ora fissa, la donna che cucina e lava i piatti, l’uomo che lavora e poi guarda la tv […] le megaparentele, quello è il figlio del cugino di mio nipote, l’assessore è mio zio alla lontana, l’omofrafobia cioè la paura che tuo fratello o qualcuno in famiglia sia gay, le liste civiche degli pseudo-giovani alle elezioni, quell’erezione popolare da sindrome elettorale, il free press locale che imita “l’Espresso”, il tipo alla radio che ancora fa denuncia come fosse Peppino Impastato, la giustizia privata, la malavita locale, il boss ucciso con 33 colpi di arma da fuoco, l’aperta campagna e la chiusa mentalità…
Il romanzo non è autobiografico, e quella città non è necessariamente Altamura, sarebbe riduttivo individuarne una sola. Però per esempio il giornalista cui faccio riferimento, è assolutamente Alessio Dipalo. Secondo me è una persona che dovremmo abbracciare. Io non seguo molto come viene visto a livello locale, ma bisogna amarlo e basta, indipendentemente da quello che dice. Nessuno dice la verità, ma pochi provano a farlo.
Quella sua rabbia, che inevitabilmente ricorda Peppino Impastato, un eroe della radio di denuncia e dell’antimafia. Sicuramente dirà una serie di cose sbagliate, ma è una persona onesta, che ha entusiasmo. Quando pensi a Peppino Impastato si pensa ad un mito, oltre che a un martire, non capisco perché quando si pensa ad Alessio Dipalo lo si mette al muro. Solo perchè non è stato mai ucciso, o perchè ad Altamura non c’è nessun Badalamenti. Non lo seguo molto stando fuori Altamura, però quando posso lo faccio: trovo che sia divertente, crea ragionamento, dibattito, e soprattutto non si sottomette.
Tanti sono i personaggi famosi coinvolti nella trasmissione radiofonica dai protagonisti: da Lee Scratch Perry a Diplo, da Neffa a Wyclef. Quali sono i tuoi miti di riferimento? I tuoi simboli?
È difficilissimo rispondere. La mia attitudine è sempre stata “fan di nessuno”. Odio tutti i fanatismi, anche perché quando conosci le persone ritenute dei “geni”, ti accorgi che sono persone talmente normali, quasi sempre deludenti. Anche artisti famosi a livello mondiale alla fine spesso sono frustrati e insicuri. Se proprio volessimo individuare qualcuno all’interno della cultura italiana indicherei solo gente che è gente sul serio.
Dal romanzo emerge un giudizio negativo anche sulla politica. Durante le elezioni, ad esempio, si organizza un grande viaggio per andar via dall’Italia.
Ma si, ormai la gente non vota più, c’è uno scetticismo generale, non c’è più legame tra istituzione e persone. L’idea stessa che una persona sola possa far qualcosa ottenendo una carica istituzionale, quest’idea è fallita. A livello locale si diventa politici solo per non dover chiedere favori agli altri. È banale, ma è vero.
A livello nazionale è tutto amplificato estremamente, ma il meccanismo è lo stesso. Magari siamo capitati in un’epoca storica sbagliata, ma va detto che chi c’era prima di noi ha fallito. Solo se ne prendiamo atto, possiamo convivere con il male momentaneo, con questa lotteria genetica che ci ha voluto giovani in quest’epoca di disastri e disegnarci noi il paese, il piccolo paese piuttosto che la nazione. Questo non è vittimismo generazionale, chiunque ha un attimo di sensibilità capisce che siamo anestetizzati. A livello politico non si può far niente, ci si può solo far convincere dal più simpatico o seducente di turno. Io ho sempre votato ma non non credo sia quella la via.
La via dei partiti va resettata. Per esempio sarebbe bello pensare un triennio – anche ad Altamura per esempio – in cui la politica locale e tutta la gente che la decide si fermi per lasciar fare a chi ha entusiasmo e gioia di creare qualcosa. Sarebbe esemplare, ma è solo una fantasia da scrittore, un’utopia.
Michele Wad Caporosso voterà per i referendum di giugno?
Certo. Poveri o ricchi, ci restano due cose: l’aria e l’acqua. È inverosimile che si possa mercificare l’acqua. È fantascienza che qualcuno voglia appropriarsene, con tutti i business collaterali. Su questo io sarei quasi per un ritorno evangelico a riempire l’acqua dalla fontana. Certe cose del passato hanno il loro fascino.
di Loretta MoramarcoUna scrittura sporca che accompagna il lettore in una rivoluzione fatta di parole e pensiero senza pretese di insegnare nulla, ma con l’urgenza di sentirsi parte del proprio tempo.
Perché hai deciso di scrivere questo libro?
L’idea iniziale, la proposta della casa editrice era fare un saggio sulle controculture giovanili in Italia di cui, nei miei articoli, fotografavo spesso il malcontento. In Italia si percepisce tanto malcontento nel settore della cultura, ma quando lo percepisci anche nei microcosmi della sottocultura – dove dovrebbe esserci solo passione – vuol dire che non si sta bene da nessuna parte. Vista la mia scrittura sporca, abbastanza impubblicabile a livello di saggio, è nata l’idea di costruire un romanzo. Poi il romanzo in fase di editing ha preso delle vie piuttosto anomale: da focalizzarsi sul dispiacere culturale in Italia è arrivato a mischiarsi con scene di guerrilla, con rifacimenti culturali agli anni ’70, alle rivolte americane che hanno avuto riflessi anche in Italia, e molta musica. Il punto di partenza principale è la frase che apre l’ultimo libro di Douglas Coupland GENERAZIONE A, un libro che non ho letto né comprato ma che aprendolo in libreria mi ha colpito con questa frase di Malcolm Mclaren (il creatore dei Sex pistols): se vuoi farti capire dalla tua generazione offendili e distruggili.
C’è un giudizio molto critico sulla generazione italiana.
Gente persa. Ovviamente generazione non intesa in senso anagrafico. Chi ha meno di 40anni ha una benda sugli occhi, è impotente.
La soluzione è la rivoluzione, come auspicava Mario Monicelli, il cui invito alla ribellione è citato nel romanzo?
Ho avuto il piacere di essere ospite nelle stessa puntata con Monicelli in una trasmissione radiofonica in Rai la scorsa estate, nello stesso periodo in cui disse quella frase ad Annozero che io cito a fine libro. Mi colpì molto: era una trasmissione fatta di giovani, ma un 90enne scosse la radio, la Rai. La rivoluzione va intesa ovviamente non in senso violento anche se – per assurdo – io direi che se proprio qualcosa deve succedere: vale tutto.
Purché succeda qualcosa?
Purché ci facciamo sentire, purché ci appropriamo degli spazi, purchè – come è spiegato nel libro – avvenga questo cannibalismo transgenerazionale. Adesso il tempo è nostro. Sentirsi parte del proprio tempo è fondamentale. Alla presentazione del libro che faccio alla Fnac di Roma tra i vari ospiti ci sono anche gli organizzatori della manifestazione Il nostro tempo è adesso (ilnostrotempoeadesso.it) che spiegheranno l’iniziativa. Nel romanzo non si parla di chissà quale mossa politica, è una storia, fiction e realtà al 50%, però è onnipresente un sentimento di urgenza fortissimo, che c’è in me, in chi rappresenta il romanzo e in chi si sente rappresentato nel romanzo.
Anche ad Alan, il protagonista, viene rivolta la fatidica domanda che cosa vuoi fare da grande? Tu cosa risponderesti?
È una delle domande più inflazionate nella crescita di una persona. Ne siamo sottomessi sin da bambini. Tanto che nessuno sa rispondere. È inibitorio chiederlo. Io quello che voglio fare da grande lo sto già facendo e cioè: faccio quello che voglio, purchè sia sostenibile in questa parte del mondo.
Non è solo una questione lavorativa: il nostro tempo libero è ormai il nostro lavoro (come da quarta di copertina). Lo status di precarietà non è più lavorativo ma esistenziale. Poi c’è sempre chi decide di far vita da mantenuto o da impiegato alla vecchia maniera. Forse saremmo stati tutti più tranquilli e regolari se il sistema fosse rimasto fermo a vent’anni fa. La cosa positiva di questa insicurezza sociale e esistenziale, imposta dall’alto, è che adesso emergono le passioni. Ci si riduce a vivere dei propri sogni non come una speranza ma come ultima spiaggia. Per riadattare il discorso ad Altamura direi che è come se fossimo tutti sull’orlo del Pulo: la scelta è buttarsi o vivere dei propri sogni.
Uno dei protagonisti del tuo libro è la provincia, la gente che scappa dalla provincia e quella che trova rifugio dalle megalopoli.
La provincia è un vivaio di sentimenti, poesia e coraggio. Tutti i più grandi artisti provengono dalla provincia, che è una dimensione bellissima dove si sviluppa l’odio per la città circostante. Chi vive in provincia, odia la provincia. Chiunque ad Altamura odia, o lo ha fatto anche solo per un secondo, Altamura. Però chi nasce nella provincia è fortunato, la provincia è un ponte di credibilità e spessore verso il mondo. Soprattutto verso l’Italia, che è una grande provincia. Penso che il provincialismo sia un talento ma va coltivato: quando una persona di provincia arriva in città la spacca, “se la mangia”, ha la fame di chi vuole mangiarsi tutto. Un concetto importante del libro è la glocalizzazione cioè applicare alle dimensioni globali delle dinamiche locali e viceversa, creare degli incontri tra microcosmo e macrocosmo. Far scattare il cortocircuito.
C’è un passo in cui sembra di leggere Altamura: le feste patronali, le sagre, le processioni, la banda di paese, fare la maglia, il pranzo ad un’ora fissa, la donna che cucina e lava i piatti, l’uomo che lavora e poi guarda la tv […] le megaparentele, quello è il figlio del cugino di mio nipote, l’assessore è mio zio alla lontana, l’omofrafobia cioè la paura che tuo fratello o qualcuno in famiglia sia gay, le liste civiche degli pseudo-giovani alle elezioni, quell’erezione popolare da sindrome elettorale, il free press locale che imita “l’Espresso”, il tipo alla radio che ancora fa denuncia come fosse Peppino Impastato, la giustizia privata, la malavita locale, il boss ucciso con 33 colpi di arma da fuoco, l’aperta campagna e la chiusa mentalità…
Il romanzo non è autobiografico, e quella città non è necessariamente Altamura, sarebbe riduttivo individuarne una sola. Però per esempio il giornalista cui faccio riferimento, è assolutamente Alessio Dipalo. Secondo me è una persona che dovremmo abbracciare. Io non seguo molto come viene visto a livello locale, ma bisogna amarlo e basta, indipendentemente da quello che dice. Nessuno dice la verità, ma pochi provano a farlo.
Quella sua rabbia, che inevitabilmente ricorda Peppino Impastato, un eroe della radio di denuncia e dell’antimafia. Sicuramente dirà una serie di cose sbagliate, ma è una persona onesta, che ha entusiasmo. Quando pensi a Peppino Impastato si pensa ad un mito, oltre che a un martire, non capisco perché quando si pensa ad Alessio Dipalo lo si mette al muro. Solo perchè non è stato mai ucciso, o perchè ad Altamura non c’è nessun Badalamenti. Non lo seguo molto stando fuori Altamura, però quando posso lo faccio: trovo che sia divertente, crea ragionamento, dibattito, e soprattutto non si sottomette.
Tanti sono i personaggi famosi coinvolti nella trasmissione radiofonica dai protagonisti: da Lee Scratch Perry a Diplo, da Neffa a Wyclef. Quali sono i tuoi miti di riferimento? I tuoi simboli?
È difficilissimo rispondere. La mia attitudine è sempre stata “fan di nessuno”. Odio tutti i fanatismi, anche perché quando conosci le persone ritenute dei “geni”, ti accorgi che sono persone talmente normali, quasi sempre deludenti. Anche artisti famosi a livello mondiale alla fine spesso sono frustrati e insicuri. Se proprio volessimo individuare qualcuno all’interno della cultura italiana indicherei solo gente che è gente sul serio.
Dal romanzo emerge un giudizio negativo anche sulla politica. Durante le elezioni, ad esempio, si organizza un grande viaggio per andar via dall’Italia.
Ma si, ormai la gente non vota più, c’è uno scetticismo generale, non c’è più legame tra istituzione e persone. L’idea stessa che una persona sola possa far qualcosa ottenendo una carica istituzionale, quest’idea è fallita. A livello locale si diventa politici solo per non dover chiedere favori agli altri. È banale, ma è vero.
A livello nazionale è tutto amplificato estremamente, ma il meccanismo è lo stesso. Magari siamo capitati in un’epoca storica sbagliata, ma va detto che chi c’era prima di noi ha fallito. Solo se ne prendiamo atto, possiamo convivere con il male momentaneo, con questa lotteria genetica che ci ha voluto giovani in quest’epoca di disastri e disegnarci noi il paese, il piccolo paese piuttosto che la nazione. Questo non è vittimismo generazionale, chiunque ha un attimo di sensibilità capisce che siamo anestetizzati. A livello politico non si può far niente, ci si può solo far convincere dal più simpatico o seducente di turno. Io ho sempre votato ma non non credo sia quella la via.
La via dei partiti va resettata. Per esempio sarebbe bello pensare un triennio – anche ad Altamura per esempio – in cui la politica locale e tutta la gente che la decide si fermi per lasciar fare a chi ha entusiasmo e gioia di creare qualcosa. Sarebbe esemplare, ma è solo una fantasia da scrittore, un’utopia.
Michele Wad Caporosso voterà per i referendum di giugno?
Certo. Poveri o ricchi, ci restano due cose: l’aria e l’acqua. È inverosimile che si possa mercificare l’acqua. È fantascienza che qualcuno voglia appropriarsene, con tutti i business collaterali. Su questo io sarei quasi per un ritorno evangelico a riempire l’acqua dalla fontana. Certe cose del passato hanno il loro fascino.
www.idraonline.org, maggio 2011Venite a prenderci
Alan Danno è un giovane dj incazzato nero con il sistema. Non ha niente di fisso «tranne quest’incrocio davanti casa. All’angolo, proprio sotto la scritta via Borsieri», dove la notte, al ritorno dalle sue scorribande, fuma solitario, e pensa a un futuro che non c’è. Ventiquattrenne, barese trapiantato a Milano, lavora in un emittente radiofonica, Radio Tabula Rasa. Come molti suoi coetanei è «schiavo dell’idea di provare a trasformare una qualsiasi passione in professione» (p. 24). La Milano che lo ospita è una selva di feste, concerti, locali notturni. Tra la strada e la movida. Ma l’aria, quella vera, inizia a scarseggiare. I suoi fedeli compagni di vita sono la musica, i drink e le sigarette. Più qualche additivo non proprio legale. Ma per un periodo la sua esistenza si intreccerà fatalmente a quella di Tim, un giovane inglese con una strana infatuazione per il Belpaese, e Angelo, siciliano «fucktotum», uno coi «lineamenti corrotti dalle dosi di Mdma» (p. 14). A cui si aggiungerà la dolce Flow Pow.
La loro generazione ha il sogno come unica via praticabile. E il loro si rivelerà letale per le frequenze radiofoniche italiane.
Sono stanchi di guardare. Vogliono cambiare le cose. Hanno in mente un programma rivoluzionario (sì, si può ancora usare questo termine, e uno dei meriti del libro è di riportarlo in superficie, senza timore), «che porti nuova musica (…) per provare ad amare l’Italia, o perlomeno a smettere di odiarla» (p. 50). C’è passione ed entusiasmo, e tutta la rabbia dei vent’anni. Da vendere, da esibire. E sputare in faccia. Infatti, il programma ha un nome eloquente: “Italia suxxx”.
Come tre pifferai magici, i ragazzi faranno inaspettati proseliti, scaleranno le vette degli ascolti grazie ai loro discorsi scatenati, virali, in caduta libera, arricchiti da interviste, provocazioni sulfuree e musica elettrizzante. In un grande falò d’incoscienza ed energia vitale, andranno fino in fondo al loro sogno di cambiamento. Fino all’imprevisto.
Caporosso, già giornalista e conduttore radiofonico, scrive un libro salutare e inevitabile, in Italia. Con una prosa adrenalinica, collerica, selvaggia. Non di rado con impennate gergali un po’ troppo forzate, nella sua ansia di riprodurre il suono del parlato urbano: ad esempio i diffusi inglesismi innestati con un po’ troppa insistenza, da rasentare il tamarro più ridicolo («Mentre skippava le varie room si è trovato di fronte un user che aveva lasciato davanti alla sua cam…», p. 101). E i tre protagonisti, nella loro ansia idealistica, nei loro furori esistenziali (nei qualunquismi, nella retorica e nelle facilonerie radiofoniche) sono impossibili da non amare. Forse, non ha neanche senso.
Avverte giustamente l’autore, in una singolare postfazione: “Se nei dieci giorni successivi alla lettura di questo libro sentite degli effetti strani: secchezza della bocca, brividi alla schiena, giramenti di testa, schizofrenia, rabbia, depersonalizzazione, esagerazioni di bestemmie, riduzioni del glucosio televisivo, emorragie anti-sistema, lividi radiofonici, disturbi di stomaco, diarrea, ipertensione ed eccessiva voglia di mandare tutto affanculo. Non preoccupatevi.” (p. 223)
Io ho finito di leggerlo in biblioteca, in un silenzio da convento. E mi sono scoperto a fischiettare.
di Luca OttolenghiLa loro generazione ha il sogno come unica via praticabile. E il loro si rivelerà letale per le frequenze radiofoniche italiane.
Sono stanchi di guardare. Vogliono cambiare le cose. Hanno in mente un programma rivoluzionario (sì, si può ancora usare questo termine, e uno dei meriti del libro è di riportarlo in superficie, senza timore), «che porti nuova musica (…) per provare ad amare l’Italia, o perlomeno a smettere di odiarla» (p. 50). C’è passione ed entusiasmo, e tutta la rabbia dei vent’anni. Da vendere, da esibire. E sputare in faccia. Infatti, il programma ha un nome eloquente: “Italia suxxx”.
Come tre pifferai magici, i ragazzi faranno inaspettati proseliti, scaleranno le vette degli ascolti grazie ai loro discorsi scatenati, virali, in caduta libera, arricchiti da interviste, provocazioni sulfuree e musica elettrizzante. In un grande falò d’incoscienza ed energia vitale, andranno fino in fondo al loro sogno di cambiamento. Fino all’imprevisto.
Caporosso, già giornalista e conduttore radiofonico, scrive un libro salutare e inevitabile, in Italia. Con una prosa adrenalinica, collerica, selvaggia. Non di rado con impennate gergali un po’ troppo forzate, nella sua ansia di riprodurre il suono del parlato urbano: ad esempio i diffusi inglesismi innestati con un po’ troppa insistenza, da rasentare il tamarro più ridicolo («Mentre skippava le varie room si è trovato di fronte un user che aveva lasciato davanti alla sua cam…», p. 101). E i tre protagonisti, nella loro ansia idealistica, nei loro furori esistenziali (nei qualunquismi, nella retorica e nelle facilonerie radiofoniche) sono impossibili da non amare. Forse, non ha neanche senso.
Avverte giustamente l’autore, in una singolare postfazione: “Se nei dieci giorni successivi alla lettura di questo libro sentite degli effetti strani: secchezza della bocca, brividi alla schiena, giramenti di testa, schizofrenia, rabbia, depersonalizzazione, esagerazioni di bestemmie, riduzioni del glucosio televisivo, emorragie anti-sistema, lividi radiofonici, disturbi di stomaco, diarrea, ipertensione ed eccessiva voglia di mandare tutto affanculo. Non preoccupatevi.” (p. 223)
Io ho finito di leggerlo in biblioteca, in un silenzio da convento. E mi sono scoperto a fischiettare.
Radio Capodistria, 26 aprile 2011Italia suxxx a In orbita news
IN ORBITA NEWS
Un programma di Ricky ed Elisa Russo
Presentazione del romanzo di Michele Wad Caporosso ITALIA SUXXX (Agenzia X Edizioni).
Ascolta la trasmissione
di Ricky ed Elisa RussoUn programma di Ricky ed Elisa Russo
Presentazione del romanzo di Michele Wad Caporosso ITALIA SUXXX (Agenzia X Edizioni).
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Rumore, aprile 2011Italia Suxxx: tempi duri, cani sciolti e musi sporchi
Un programma radiofonico, Italia Suxxx, si candida a sobillare gli ascoltatori di fronte allo sconfortante stato delle cose di un Paese tanto statico quanto alla deriva, l’Italia. Da qui nasce il conflitto su cui poggia il romanzo d’esordio di Caporosso: gli agitatori al microfono si specchiano in una serie di parole e pensieri a effetto a scapito dell’azione – sabotaggio di un ripetitore a parte. Condividere l’ascolto di un contenitore di musica e parole intrise di stimoli, teso a creare un sentimento di appartenenza, può innescare se non una rivolta un risveglio a catena? Il protagonista, Alan, è un pugliese di stanza a Milano, un immigrato dal sud 2.0 in preda a mille lavoretti più o meno creativi e non al lavoro opprimente di chi si è spostato al nord decenni fa. Se la semina del berlusconismo è stata lunga e implicita la sua è urgente ed esplicita. A lui e ai suoi compagni di viaggio non mancano le nozioni sovversive, anzi, ma alla fine tutti restano dei sognatori tanto entusiasti quanto astratti. Nonostante la loro volontà, nonostante riescano a coinvolgere altri rappresentanti di una generazione preparata ma in anticipo sui tempi italiani – dunque impossibilitata a mettere a frutto il proprio talento – Italia Suxxx resta un po’ uno slogan un po’ una valvola di sfogo. Guerrilla marketing, controcultura e rivoluzione si trovano chiusi in un’impasse epocale che in Italia pare raggiungere il climax. Ecco la sostanza di un racconto in cui manca il futuro, una fotografia di una stasi caotica sul cui sfondo vive una Milano più che altro notturna ma non proprio dormiente: quando Alan dice “se pensate che l’Italia sia stata milanesizzata, be’ sappiate che Milano sta chiudendo”, il suo idealismo è messo a nudo perché Milano è il personaggio (silente e) più concreto di Italia Suxxx.
di Luca Gricinellala Repubblica - Bari, 14 aprile 2011Michele Wad Caporosso debutta con un romanzo
Italia suxxx non va per il sottile già nel titolo. Il libro di Michele Wad Caporosso, ex writer di origini altamurane e ora dj e conduttore per Radio popolare network, Radio 2 e Sky, racconta una storia di rabbia nei confronti di un Paese che proprio non vuole lasciare spazio ai giovani. I protagonisti del romanzo edito da Agenzia X si ribellano a quella certezza per cui «vivere del proprio sogno non è più una speranza, ma l\' ultima spiaggia» e dai microfoni di una radio danno sfogo alla loro lotta contro il provincialismo, che da pura follia di un piccolo gruppo isolato si trasforma nel fiume in piena di una generazione intera. Presentazione alle 18,30 da Feltrinelli di Bari, con Michele Casella. Ingresso libero.
Nuovo Corriere Barisera, 13 aprile 2011Italia Suxxx, tempi duri e musi sporchi
Rabbia urbana, territori underground da esplorare, desiderio di oltrepassare i limiti per dimenticare una realtà sempre immobile, in cui il futuro appare sempre più nero e “vivere del proprio sogno non è più una speranza ma l’ultima spiaggia”. Ma, per cercare di ribellarsi a tutto questo c’è la musica, quella che non si riesce a distinguere dalla propria pelle, incisa a fuoco nel proprio dna. Una musica che riesce a contrastare il grigio urbano e che schiude le porte e notti spinte sempre più in là alla ricerca di forti emozioni. In questo clima, notturno e burrascoso si muovono quattro personaggi: Alan pugliese che ama la street culture e la radio, Angelo è un maniaco del web ossessionato dai complotti. Tim, inglese, entusiasta e strafottente; Flò P, timida e idealista che scelgono di comunicare la loro voglia di andare avanti e di non considerarsi solo dei sopravvissuti con la trasmissione radiofonica Italia Suxxx. Ed è proprio questo il titolo del romanzo (edito da Agenzia X; pag. 224, 15 euro) dell’autore di origini altamurane Michele Wad Caporosso ex writer e deejay, che sarà presentato in una serie di eventi in Puglia (oggi pomeriggio nella Libreria Pasador di Santeramo, domani giovedì 14 alla Feltrinelli di Bari alle 18,30; venerdì 22 nella sede Einaudi di Barletta alle 16).
Il tuo libro si apre già con una critica all’Italia. Stiamo messi così male?
Malissimo, è un dato di fatto, non è un discorso politico o esageratamente disfattista. Chiunque nella vita, nell’ultimo mese, o nell’ultima ora ha pensato che, in un modo e nell’altro: l’Italia fa schifo. Quello che racconto nel mio libro attraverso i protagonisti del romanzo è quanta rabbia può nascere tra gli under 25 a vivere in un paese che crea malcontento, a livello culturale soprattutto. È proprio un fatto di anestesia, di impotenza. Allo stesso tempo quello stesso disagio e quel veleno carica i protagonisti di entusiasmo e positività che li porterà a sentirsi a loro modo figli di questi tempi.
La scelta di un linguaggio urbano e di uno slang giovanile.
È un linguaggio soprattutto diretto e spontaneo. Senza filtri. Italia suxxx è un romanzo che nasce solo ed esclusivamente da un sentimento di urgenza. L’unico linguaggio che potevo usare, che poi è anche l’unico che conosco, è quello colorato e strafottente di chi non muore a 25 anni aspettando di averne 70 per farsi seppellire.
L’universo che descrivi è soprattutto notturno e fatto di eccessi…
È sicuramente notturno ed è sicuramente ribelle. Una ribellione evocativa degli anni della controcultura per esempio, di gente come Abbie Hoffman o Ed Sanders ma anche una ribellione concreta, che parte da una trasmissione radiofonica che sarebbe impossibile pensare come vera in questo epoca storica.
In un mondo che appare senza speranza cosa potrebbe essere salvifico?
La speranza si fa sempre più violenta. In un certo senso non escludo che la disperazione a livello giovanile possa diventare tale da giustificare un certo terrorismo del vale tutto.
Fondamentale la musica, una delle protagoniste indiscusse del libro. Che ruolo ha per te nella realtà? Da ascoltatore, quali gruppi preferisci?
La musica ti sceglie, ne decide il tuo sviluppo, lo segna. È la musica che ascolti che decide da che parte guarderai il mondo mentre cresci. Nel mio romanzo c’è tanta musica, in ogni sua pagina, a partire dal sottotitolo fino a tutte le canzoni citate e ai protagonisti che intervengono metafisicamente nel romanzo (da Lee Perry a Grand Master Flash, Run DMC, Alborosie, Fabri Fibra, Club Dogo, Crookers, Bloody Beetroots, e molti altri). È fondamentale anche per definire un certo approccio “soul” e “rebel” alla vita di oggi in Italia. I gruppi che preferisco sono tantissimi, in generale prediligo quelli che sono in grado di essere trasversali al punto da mescolare la dimensione “global” del mondo con le dinamiche “local”. Fosse un unico genere si chiamerebbe “glocal music”.
Stai già pensando ad un nuovo libro?
Sì e no, Italia suxxx è ambientato a Milano, parla da un punto di vista “macro”, quello della metropoli, dei grandi meccanismi. Mi piacerebbe scrivere qualcosa che parta dal “micro”, per esempio dalla provincia, che adoro come adoro il fatto stesso di essere nato in Puglia, che secondo me è una fortuna per tutti. Poi però in generale quando scrivevo questo romanzo più che a scrivere un libro pensavo di costruire una mia personale molotov. Lo intendevo più come un arma che come un libro. Pensare già ad una nuova arma sarebbe forse troppo guerrigliera come impresa. Spero di non dover cedere mai a scrivere qualche futile libro di facili sentimenti e inutili missioni. Cioè spero di avere altro da fare, sempre.
di Gilda CameroIl tuo libro si apre già con una critica all’Italia. Stiamo messi così male?
Malissimo, è un dato di fatto, non è un discorso politico o esageratamente disfattista. Chiunque nella vita, nell’ultimo mese, o nell’ultima ora ha pensato che, in un modo e nell’altro: l’Italia fa schifo. Quello che racconto nel mio libro attraverso i protagonisti del romanzo è quanta rabbia può nascere tra gli under 25 a vivere in un paese che crea malcontento, a livello culturale soprattutto. È proprio un fatto di anestesia, di impotenza. Allo stesso tempo quello stesso disagio e quel veleno carica i protagonisti di entusiasmo e positività che li porterà a sentirsi a loro modo figli di questi tempi.
La scelta di un linguaggio urbano e di uno slang giovanile.
È un linguaggio soprattutto diretto e spontaneo. Senza filtri. Italia suxxx è un romanzo che nasce solo ed esclusivamente da un sentimento di urgenza. L’unico linguaggio che potevo usare, che poi è anche l’unico che conosco, è quello colorato e strafottente di chi non muore a 25 anni aspettando di averne 70 per farsi seppellire.
L’universo che descrivi è soprattutto notturno e fatto di eccessi…
È sicuramente notturno ed è sicuramente ribelle. Una ribellione evocativa degli anni della controcultura per esempio, di gente come Abbie Hoffman o Ed Sanders ma anche una ribellione concreta, che parte da una trasmissione radiofonica che sarebbe impossibile pensare come vera in questo epoca storica.
In un mondo che appare senza speranza cosa potrebbe essere salvifico?
La speranza si fa sempre più violenta. In un certo senso non escludo che la disperazione a livello giovanile possa diventare tale da giustificare un certo terrorismo del vale tutto.
Fondamentale la musica, una delle protagoniste indiscusse del libro. Che ruolo ha per te nella realtà? Da ascoltatore, quali gruppi preferisci?
La musica ti sceglie, ne decide il tuo sviluppo, lo segna. È la musica che ascolti che decide da che parte guarderai il mondo mentre cresci. Nel mio romanzo c’è tanta musica, in ogni sua pagina, a partire dal sottotitolo fino a tutte le canzoni citate e ai protagonisti che intervengono metafisicamente nel romanzo (da Lee Perry a Grand Master Flash, Run DMC, Alborosie, Fabri Fibra, Club Dogo, Crookers, Bloody Beetroots, e molti altri). È fondamentale anche per definire un certo approccio “soul” e “rebel” alla vita di oggi in Italia. I gruppi che preferisco sono tantissimi, in generale prediligo quelli che sono in grado di essere trasversali al punto da mescolare la dimensione “global” del mondo con le dinamiche “local”. Fosse un unico genere si chiamerebbe “glocal music”.
Stai già pensando ad un nuovo libro?
Sì e no, Italia suxxx è ambientato a Milano, parla da un punto di vista “macro”, quello della metropoli, dei grandi meccanismi. Mi piacerebbe scrivere qualcosa che parta dal “micro”, per esempio dalla provincia, che adoro come adoro il fatto stesso di essere nato in Puglia, che secondo me è una fortuna per tutti. Poi però in generale quando scrivevo questo romanzo più che a scrivere un libro pensavo di costruire una mia personale molotov. Lo intendevo più come un arma che come un libro. Pensare già ad una nuova arma sarebbe forse troppo guerrigliera come impresa. Spero di non dover cedere mai a scrivere qualche futile libro di facili sentimenti e inutili missioni. Cioè spero di avere altro da fare, sempre.
DJ mag, aprile 2011Italia suxxx
Oltre 200 pagine di disperazione giovanile, di entusiasmo generazionale e approcci di anarchica convivenza in questo paese – a detta dell’autore – “anestetizzato”. Italia Suxxx parte soprattutto del presupposto che l’Italia, in un modo o nell’altro, fa schifo a tutti. Ma oltre il semplice lamentarsi, Michele Wad Caporosso trasporta differenti tecniche di guerrilla tipiche degli anni della controcultura 70’s ai giorni nostri e questo, per i protagonisti della storia, diventa il loro personale colpo di stato. Nella trasmissione radiofonica, Italia Suxxx appunto, intervengono anche personaggi reali, ospiti come Lee Scratch Perry, Grand Master Flash, Crookers, Diplo, Bloody Beetroots, Alborosie, Sugarhill Gang, Fabri Fibra e moltissimi altri. Questo libro è una via di fuga, un concentrato di rabbia destinato a chi odia il provincialismo soffocante di un paese anonimo. Quattro giovani scontenti e mille stratagemmi di sopravvivenza, tra radio, dischi e dancefloor, con la consapevolezza che oggi, vivere del proprio sogno, non è più una speranza ma l’ultima spiaggia.
Radio popolare, 22 marzo 2011Italia suxxx a Jalla jalla
Si chiama Italia suxxx è ed il romanzo d’esordio di un amico di questa trasmissione, il collaboratore di Popolare Network Michele Wad Caporosso. Il libro racconta storie cani sciolti, tempi duri e musi sporchi. Italia suxxx è il nome di uno show radiofonico condotto da quattro ragazzi in una radio molto simile alla nostra. Ma la vera protagonista è la generazione under 40. Ascolta l’intervista a Michele
www.sentireascoltare.com, 15 marzo 2011Italia Suxxx
Quattro amici senza lavoro fisso iniziano un programma su Radio Tabula Rasa: Italia Suxxx. L’idea è quella di dare voce a chi pensa che l’Italia non sia più un Paese degno di viverci, quelli che credono che il sogno sia “l’unica via praticabile”, la generazione che fa di tutto per sbarcare il lunario, tra call center, collaborazioni in nero, lavoretti di poche ore e svicolamenti oculati dal mainstream anestetizzante.
I four hoursemen sono Alan ‘Badly Drawn Boy’, un pugliese appassionato di street culture, radio e lavori precari, Tim ‘One Dimensional Man’, un hipster inglese che a Milano trova la sua Mecca, Angelo ‘Cold War Kid’ il nerd maniaco del web e di complotti e Flò P ‘Chk Chk Chk’, la ragazza innamorata di Angelo che porta il suo sentire femminile con approfondimenti su donne che hanno cambiato la storia. Il programma, che al massimo durerà un mese per una mancanza di fondi dell\'emittente, riesce a sfondare e attraverso il giusto sound (tra gli altri Diplo, Crookers, M.I.A., Grand Master Flash, The Bloody Beetroots, James Brown, Digitalism e Daft Punk), le prese di posizioni incazzate e senza peli sulla lingua, viral marketing, cut-up burroughsiani e tattiche di guerriglia controculturale riuscirà in trenta velocissimi giorni a mobilitare migliaia di persone in una rivoluzione non violenta con un finale a sopresa...
Michele Wad Caporosso conduce una trasmissione su Radio Popolare Network, occasionalmente fa il DJ e collabora con Rockit, Rolling Stone, Vogue, Rumore e L’Espresso: mescolando l’esperienza sul campo, un citazionismo infarcito di testi e interviste a personaggi più o meno noti del panorama musicale contemporaneo (almeno per i non addetti ai lavori), costruisce una storia che descrive e riflette lo stato di calma apparente che i giovani disoccupati vivono in questi ‘cazzo di anni zero’. Seppur infarcito di sogni, situazionismo spiccio e boutades gratuite, il libro scatta una polaroid precisa e in molti punti tagliente di quello che è l’Italia dei trentenni di oggi.
Un paese costituito da stranieri in terra straniera, che hanno solo ‘futuri impossibili davanti’ e che se potessero passare al comando non saprebbero però dove mettere le mani. Anarchismo light che riflette sulla sua capacità di non modificazione del reale, ma che nell’utopia e nel web 3.0, ovvero nel futuro tutto da costruire now, virtualmente trova la sua ragion d’essere.
In chiusura, una bella citazione di Monicelli: “Spero che finisca con quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una bella rivoluzione. [...] È doloroso, esige dei sacrifici. Se no (il popolo), vada alla malora - che è dove sta andando, ormai da tre generazioni”. Per inguaribili sognatori il motto da scrivere sui muri resta, per qualche lunghissimo istante, Italia Suxxx. E poi? Sta a voi decidere ‘che fare’.
di Marco BraggionI four hoursemen sono Alan ‘Badly Drawn Boy’, un pugliese appassionato di street culture, radio e lavori precari, Tim ‘One Dimensional Man’, un hipster inglese che a Milano trova la sua Mecca, Angelo ‘Cold War Kid’ il nerd maniaco del web e di complotti e Flò P ‘Chk Chk Chk’, la ragazza innamorata di Angelo che porta il suo sentire femminile con approfondimenti su donne che hanno cambiato la storia. Il programma, che al massimo durerà un mese per una mancanza di fondi dell\'emittente, riesce a sfondare e attraverso il giusto sound (tra gli altri Diplo, Crookers, M.I.A., Grand Master Flash, The Bloody Beetroots, James Brown, Digitalism e Daft Punk), le prese di posizioni incazzate e senza peli sulla lingua, viral marketing, cut-up burroughsiani e tattiche di guerriglia controculturale riuscirà in trenta velocissimi giorni a mobilitare migliaia di persone in una rivoluzione non violenta con un finale a sopresa...
Michele Wad Caporosso conduce una trasmissione su Radio Popolare Network, occasionalmente fa il DJ e collabora con Rockit, Rolling Stone, Vogue, Rumore e L’Espresso: mescolando l’esperienza sul campo, un citazionismo infarcito di testi e interviste a personaggi più o meno noti del panorama musicale contemporaneo (almeno per i non addetti ai lavori), costruisce una storia che descrive e riflette lo stato di calma apparente che i giovani disoccupati vivono in questi ‘cazzo di anni zero’. Seppur infarcito di sogni, situazionismo spiccio e boutades gratuite, il libro scatta una polaroid precisa e in molti punti tagliente di quello che è l’Italia dei trentenni di oggi.
Un paese costituito da stranieri in terra straniera, che hanno solo ‘futuri impossibili davanti’ e che se potessero passare al comando non saprebbero però dove mettere le mani. Anarchismo light che riflette sulla sua capacità di non modificazione del reale, ma che nell’utopia e nel web 3.0, ovvero nel futuro tutto da costruire now, virtualmente trova la sua ragion d’essere.
In chiusura, una bella citazione di Monicelli: “Spero che finisca con quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una bella rivoluzione. [...] È doloroso, esige dei sacrifici. Se no (il popolo), vada alla malora - che è dove sta andando, ormai da tre generazioni”. Per inguaribili sognatori il motto da scrivere sui muri resta, per qualche lunghissimo istante, Italia Suxxx. E poi? Sta a voi decidere ‘che fare’.
www.altamuralife.it, 10 marzo 2011Italia Suxxx, il nostro tempo libero è diventato un lavoro
A partire da oggi è in distribuzione, nelle librerie italiane, Italia suxxx. Tempi duri, cani sciolti e musi sporchi, il primo romanzo dell’altamurano Michele Wad Caporosso, ex writer, breaker e deejay. Prima a Milano, poi a Roma, Brussels e L’Aquila, il libro sarà presentato ad Altamura il prossimo 10 aprile presso il Laboratorio Urbano Giovanile “Portalba”. Michele Wad Caporosso conduce una trasmissione su Radio Popolare Network, una rubrica su Radio 2 Rai ed un programma su Sky. Collabora con “Rolling Stone”, “Rumore”, “Vogue” e “L’Espresso”. Fa parte di Rockit. Italia suxxx è la storia di quattro giovani scontenti e di mille stratagemmi di sopravvivenza. Italia suxxx è «una trasmissione radiofonica impossibile, una via di fuga, un concentrato di rabbia destinato a chi odia il provincialismo soffocante di questo bel paese». Lo abbiamo intervistato.
Chi è Michele Wad Caporosso? Una curiosità… è un nome d’arte?
Per metà è vero, per metà è d’arte.
Di che cosa ti occupi nella vita?
Dico, scrivo, organizzo, promuovo, faccio...
Il 10 marzo la pubblicazione del tuo primo romanzo, Italia suxxx. Perché questo titolo?
È un titolo che all’estero fa molto più scalpore, perché è forte, è diretto ed esplicito. In Italia è interpretabile in vario modo e questo va pure bene. È un titolo carico di tensione e di rabbia, quella che c’è in giro e che spesso non si vede perché si è più sereni se ci si maschera. Ce lo dice la storia.
Che cosa intendi per “tempi duri, cani sciolti e musi sporchi”?
È una citazione di un pezzo dei Sangue Misto il cui titolo è La parola chiave. Il significato è un po’ la trama del libro, che poi è anche un po’ una foto di questi tempi durissimi e sporchi in cui intere generazioni vagano tra lotte di sopravvivenza e sottomissioni esistenziali. Cani sciolti tipo Sangue Misto “quando tutto è fermo c’è qualcuno che si muove, sono il cane sciolto, lo straniero nella mia nazione e fuori dal recinto resta la mia posizione...” ma anche tipo Giorgio Gaber “Da soli non si può far niente, non è che io non dia valore all’individuo, ma credo che un momento collettivo sia un bisogno dell’uomo per sentirsi vivo; per crescere e imparare bisogna essere in molti e non si può contare sui cani sciolti”.
Di che cosa parla il romanzo?
Di sogni e di piccole rivoluzioni. È la storia di quattro ragazzi che non accettano di subire gli effetti dell’anestesia socioculturale di questa Italia e, armati di buona musica e tanto entusiasmo, organizzano quello che per loro è una specie di colpo di stato.
Tu, nel tuo romanzo, scrivi “il nostro tempo libero è diventato un lavoro”. Tradotto: “il nostro lavoro è tempo libero. Oggi vivere del proprio sogno non è più una speranza ma l’ultima spiaggia”. Che cosa vuol dire?
Vuol dire che se un tempo sognare di vivere con la propria passione era una speranza, magari anche una grandissima fortuna, oggi è diventata, invece, l’ultima spiaggia. Cioè esiste tutta una classe di persone a cui ormai non resta che vivere provando a lavorare con la propria passione, anziché guadagnare la stessa miseria facendo stage sottopagati o professioni temporanee senza alcuna prospettiva.
Il tuo tempo libero che tempo è? Il tuo tempo lavorativo, invece?
Il tempo libero è un concetto ormai vecchio, soltanto chi vive da “impiegato” può pensare di avere il tempo libero per la partitella a calcetto o la serata “diversa”, il resto del mondo vive esattamente dentro il proprio tempo libero. Lì lavora e lì si diverte.
Qual è il messaggio che vuoi trasmette ai lettori?
Italia suxxx è, nel bene e nel male, un concentrato di messaggi, una centrifuga di pensieri e punti di vista. Il focus di partenza, che poi è anche il significato del titolo, è che viviamo in un’epoca in cui, chi più o chi meno, ha pensato almeno una volta (nella vita/nell’ultimo mese/nella giornata) che questa Italia fa schifo.
Quattro giovani scontenti… tu, da giovane, cosa pensi dei giovani di oggi? Una generazione di scontenti?
Secondo me anche il concetto di “generazione” è stato annientato, non esiste più la generazione giovane e quella meno giovane. Esiste un blocco di gente che ha meno di 40 anni e che è evidentemente scontento, lo dicono le statistiche ma anche la gente stessa in giro. L’anestesia che questo paese ha subito e subisce quotidianamente rende tutti scontenti e impotenti, questo è il punto di partenza. È un dato di fatto. Poi, ovvio, con il male, come fosse una malattia, si convive pur di vivere. Ed ecco perché molti fingono che tutto sia ok. La tristezza maggiore è vedere gente che muore a 25 anni ma aspetta di averne 70 per farsi seppellire.
Perché la decisione di pubblicare un libro? In quanto tempo è stato scritto e a chi o a che cosa ti sei ispirato?
È stato scritto in 3-4 mesi, poi qualche altro mese di editing e il 10 marzo esce nelle librerie. Più che ispirazione, dietro c’è un sentimento diffuso di impotenza e, spesso, anche di invidia demografica. Come se fossimo nati in questo periodo storico per colpa di una lotteria genetica che ha sbagliato tutto. La decisione di pubblicare un libro, soprattutto quando non sei uno scrittore professionista, non può che essere un puro sentimento di urgenza.
Ci sono altri lavori in corso? Qualche anticipazione?
Allargarmi la vita, anziché allungarmela.
A proposito del contenuto del romanzo… tu conduci trasmissioni radiofoniche. Quali sono gli argomenti che tratti?
Tutto ciò che riguarda il rumore.
Tu sei nato ad Altamura. Vivi qui? Cosa pensi della tua città?
Il libro è ambientato a Milano, dove ho vissuto per oltre 4 anni. Oggi sto tra Roma e Milano, ma nei prossimi mesi starò spesso anche ad Altamura. Che è la mia città e, quindi, ovviamente, mi piace. È un paese dove la gente è gente sul serio. Come in tutte le province italiane. Anche nel libro si parla di questo. Quello che penso di Altamura è lo stesso pensiero che ho per la periferia geopolitica italiana, sono cumuli di storia, di fascino e tradizioni che in questi ultimi anni subiscono e basta (a livello mediatico, politico e culturale). Una città come Altamura vive tutte le paure nazionali e, al suo interno, si divide e si sgretola per la gioia delle bandiere di partiti che ormai sono anacronistici. Allo stesso tempo mi piace pure pensare che ci sono posti come Altamura che, con la grinta tipica di chi vive la provincia, possono ridisegnare alcune parti importanti dell’Italia, come ogni teoria “glocal” insegna.
Presenterai il libro ad Altamura? Altre presentazioni in programma?
Faremo un minitour di presentazioni, con il team WCHT. Partiamo venerdì 18 marzo dal Tunnel di Milano, poi il 24 alla Fnac di Roma, poi ci saranno le presentazioni a L’Aquila, Brussels e altre. Quella ad Altamura è prevista per il 10 aprile.
di Anna Maria ColonnaChi è Michele Wad Caporosso? Una curiosità… è un nome d’arte?
Per metà è vero, per metà è d’arte.
Di che cosa ti occupi nella vita?
Dico, scrivo, organizzo, promuovo, faccio...
Il 10 marzo la pubblicazione del tuo primo romanzo, Italia suxxx. Perché questo titolo?
È un titolo che all’estero fa molto più scalpore, perché è forte, è diretto ed esplicito. In Italia è interpretabile in vario modo e questo va pure bene. È un titolo carico di tensione e di rabbia, quella che c’è in giro e che spesso non si vede perché si è più sereni se ci si maschera. Ce lo dice la storia.
Che cosa intendi per “tempi duri, cani sciolti e musi sporchi”?
È una citazione di un pezzo dei Sangue Misto il cui titolo è La parola chiave. Il significato è un po’ la trama del libro, che poi è anche un po’ una foto di questi tempi durissimi e sporchi in cui intere generazioni vagano tra lotte di sopravvivenza e sottomissioni esistenziali. Cani sciolti tipo Sangue Misto “quando tutto è fermo c’è qualcuno che si muove, sono il cane sciolto, lo straniero nella mia nazione e fuori dal recinto resta la mia posizione...” ma anche tipo Giorgio Gaber “Da soli non si può far niente, non è che io non dia valore all’individuo, ma credo che un momento collettivo sia un bisogno dell’uomo per sentirsi vivo; per crescere e imparare bisogna essere in molti e non si può contare sui cani sciolti”.
Di che cosa parla il romanzo?
Di sogni e di piccole rivoluzioni. È la storia di quattro ragazzi che non accettano di subire gli effetti dell’anestesia socioculturale di questa Italia e, armati di buona musica e tanto entusiasmo, organizzano quello che per loro è una specie di colpo di stato.
Tu, nel tuo romanzo, scrivi “il nostro tempo libero è diventato un lavoro”. Tradotto: “il nostro lavoro è tempo libero. Oggi vivere del proprio sogno non è più una speranza ma l’ultima spiaggia”. Che cosa vuol dire?
Vuol dire che se un tempo sognare di vivere con la propria passione era una speranza, magari anche una grandissima fortuna, oggi è diventata, invece, l’ultima spiaggia. Cioè esiste tutta una classe di persone a cui ormai non resta che vivere provando a lavorare con la propria passione, anziché guadagnare la stessa miseria facendo stage sottopagati o professioni temporanee senza alcuna prospettiva.
Il tuo tempo libero che tempo è? Il tuo tempo lavorativo, invece?
Il tempo libero è un concetto ormai vecchio, soltanto chi vive da “impiegato” può pensare di avere il tempo libero per la partitella a calcetto o la serata “diversa”, il resto del mondo vive esattamente dentro il proprio tempo libero. Lì lavora e lì si diverte.
Qual è il messaggio che vuoi trasmette ai lettori?
Italia suxxx è, nel bene e nel male, un concentrato di messaggi, una centrifuga di pensieri e punti di vista. Il focus di partenza, che poi è anche il significato del titolo, è che viviamo in un’epoca in cui, chi più o chi meno, ha pensato almeno una volta (nella vita/nell’ultimo mese/nella giornata) che questa Italia fa schifo.
Quattro giovani scontenti… tu, da giovane, cosa pensi dei giovani di oggi? Una generazione di scontenti?
Secondo me anche il concetto di “generazione” è stato annientato, non esiste più la generazione giovane e quella meno giovane. Esiste un blocco di gente che ha meno di 40 anni e che è evidentemente scontento, lo dicono le statistiche ma anche la gente stessa in giro. L’anestesia che questo paese ha subito e subisce quotidianamente rende tutti scontenti e impotenti, questo è il punto di partenza. È un dato di fatto. Poi, ovvio, con il male, come fosse una malattia, si convive pur di vivere. Ed ecco perché molti fingono che tutto sia ok. La tristezza maggiore è vedere gente che muore a 25 anni ma aspetta di averne 70 per farsi seppellire.
Perché la decisione di pubblicare un libro? In quanto tempo è stato scritto e a chi o a che cosa ti sei ispirato?
È stato scritto in 3-4 mesi, poi qualche altro mese di editing e il 10 marzo esce nelle librerie. Più che ispirazione, dietro c’è un sentimento diffuso di impotenza e, spesso, anche di invidia demografica. Come se fossimo nati in questo periodo storico per colpa di una lotteria genetica che ha sbagliato tutto. La decisione di pubblicare un libro, soprattutto quando non sei uno scrittore professionista, non può che essere un puro sentimento di urgenza.
Ci sono altri lavori in corso? Qualche anticipazione?
Allargarmi la vita, anziché allungarmela.
A proposito del contenuto del romanzo… tu conduci trasmissioni radiofoniche. Quali sono gli argomenti che tratti?
Tutto ciò che riguarda il rumore.
Tu sei nato ad Altamura. Vivi qui? Cosa pensi della tua città?
Il libro è ambientato a Milano, dove ho vissuto per oltre 4 anni. Oggi sto tra Roma e Milano, ma nei prossimi mesi starò spesso anche ad Altamura. Che è la mia città e, quindi, ovviamente, mi piace. È un paese dove la gente è gente sul serio. Come in tutte le province italiane. Anche nel libro si parla di questo. Quello che penso di Altamura è lo stesso pensiero che ho per la periferia geopolitica italiana, sono cumuli di storia, di fascino e tradizioni che in questi ultimi anni subiscono e basta (a livello mediatico, politico e culturale). Una città come Altamura vive tutte le paure nazionali e, al suo interno, si divide e si sgretola per la gioia delle bandiere di partiti che ormai sono anacronistici. Allo stesso tempo mi piace pure pensare che ci sono posti come Altamura che, con la grinta tipica di chi vive la provincia, possono ridisegnare alcune parti importanti dell’Italia, come ogni teoria “glocal” insegna.
Presenterai il libro ad Altamura? Altre presentazioni in programma?
Faremo un minitour di presentazioni, con il team WCHT. Partiamo venerdì 18 marzo dal Tunnel di Milano, poi il 24 alla Fnac di Roma, poi ci saranno le presentazioni a L’Aquila, Brussels e altre. Quella ad Altamura è prevista per il 10 aprile.
Radio2Rai, 2 marzo 2011Italia suxxx a Radio2Rai
Michele Wad Caporossi su Radio2Rai ascolta l’intervista qui
www.vitaminic.it, 23 febbraio 2010Italia suxxx
L’Italia fa schifo, come si può non essere d’accordo? Fa schifo se vivi in capitali o quasi capitali che vanno in pezzi come se fossero masochisticamente stufe di essere le più belle del mondo. Fa ancora più schifo se vivi in città che non solo non sono le più belle del mondo e mancano pure di fascino sadomaso, ma oltretutto sono dotate di numero due librerie che non trattano case editrici come Minimum fax o Isbn, e quando dico che a vivere in un posto così l’Italia fa ancora più schifo parlo a ragion veduta, visto che oggi sono andata in libreria e non ho trovato nessuno dei libri Minimum fax e Isbn che cercavo, il che mi ha fatto considerare l’ipotesi suicida, che a giorni alterni mi balena nel cervello, di aprire una libreria. Perché come dice il saggio, che in questo caso si chiama Michele Wad Caporosso, “oggi vivere del proprio sogno non è più una speranza ma l’ultima spiaggia”. Che sembra una classica frase pessimista da gggiovane scazzato, e un po’ lo è, però anche chi se ne frega. Finché ci sono, i sogni, continuiamo a navigare verso la nostra ultima spiaggia. Io, quando raggiungerò la mia, metterò sugli scaffali tutti i libri Minimum fax e Isbn e Agenzia X, la quale ha pubblicato questo libro dal titolo oltremodo veritiero, in cui ci sono un programma radiofonico che altera la percezione, Lee Scratch Perry, Diplo, Crookers, Wyclef, Neffa, Grand Master Flash, The Bloody Beetroots, e un popolo di daydreamers che ha perso tutte le speranze tranne una: che l’ultima spiaggia sia quella buona. Sarà così anche per l’Italia? È proprio il caso di dire: speriamo.
di Letizia Bognanni