Dnews, 7 gennaio 2009Stili della catastrofe - STEAMPUNK VITTORIANI RIVOLTOSI DEL FUTURO
LA CRISI HA I SUOI RISVOLTI ESTETICI
I "PUNK A VAPORE" MIGRANO DALLA RETE ALLE STRADEAvete presente Vinicio Capossela, che sul palco indossa abiti da direttore da circo dell'Ottocento? Probabilmente non lo sa e non gli interessa ma è l'esempio più immediato di stile steampunk. Tendenza estetica che è anche un'etica. Se non altro quella del Do it yourself, "fattelo da solo".
Punk a vapore, cioè un'iconografia, un'attitudine, un modo di vestirsi, di pensare, di fare il presente rielaborando stilisticamente l'Euroamerica della fine dell'Ottocento, in particolare la Londra vittoriana. Quando si consolidava un sistema economico e sociale, un ciclo di produzione e consumo, anche immateriale - il fonografo nasce nel 1877, poi grammofono, radio, cinema e fumetto - ben sintetizzato dalla densità e volatilità del vapore.
Oggi che un altro sistema industriale si sta affermando, ecco il recupero di un'epoca in cui i manufatti erano prodigi di tecnologia "aperta" e manipolabile. Nessun rifiuto delle macchine, ma computer retrò che sembrano usciti direttamente dalle pagine di Jules Verne. Ma dove sono questi steampunk? Ovunque nell'immaginario della catastrofe e dell'apocalisse. Fumetti come Hell Boy, film come Brazil, anime come Nausicaa nella valle del vento, e poi c'è tutto un genere letterario, da H.G. Wells fino a K.W. Jeter e William Gibson. E poi gli abiti: cilindri, occhialoni da aviatore, redingote, panciotti, orologi a cipolla, rivetti, stivali. E internet, dove la parola "steampunk" su Google fornisce più di 2 milioni di occorrenze, da Second Life ai font steam, dalle feste a periodici come "Steampunk magazine".
Per orientarsi in mezzo a tutto ciò conviene procurarsi il libro pubblicato da Agenzia X Guida Steampunk all'Apocalisse, di Margaret Killjoy (pseudonimo). Un ironico trattato sul futuro dell'umanità nella post catastrofe prossima ventura - la causa? c'è l'imbarazzo della scelta nell'appendice del volume, epitome delle paranoie sulla fine del mondo - ma anche una raccolta degli articoli più interessanti sul tema e le opere (film, fumetti, libri, disegni animati) considerate i canoni del genere.
Perché un libro su questo fenomeno? "Perché spunta ovunque - racconta reginazabo, anche lei sotto pseudonimo, curatrice e traduttrice del volume - è al limite tra l'inizio e la fine del capitalismo per come lo conosciamo". Passatismo? Tutt'altro. "Dell'epoca vittoriana - sottolinea reginazabo - si rievocano sia l'estetica sia gli aneliti della rivolta".
di Angelo DiMambroI "PUNK A VAPORE" MIGRANO DALLA RETE ALLE STRADEAvete presente Vinicio Capossela, che sul palco indossa abiti da direttore da circo dell'Ottocento? Probabilmente non lo sa e non gli interessa ma è l'esempio più immediato di stile steampunk. Tendenza estetica che è anche un'etica. Se non altro quella del Do it yourself, "fattelo da solo".
Punk a vapore, cioè un'iconografia, un'attitudine, un modo di vestirsi, di pensare, di fare il presente rielaborando stilisticamente l'Euroamerica della fine dell'Ottocento, in particolare la Londra vittoriana. Quando si consolidava un sistema economico e sociale, un ciclo di produzione e consumo, anche immateriale - il fonografo nasce nel 1877, poi grammofono, radio, cinema e fumetto - ben sintetizzato dalla densità e volatilità del vapore.
Oggi che un altro sistema industriale si sta affermando, ecco il recupero di un'epoca in cui i manufatti erano prodigi di tecnologia "aperta" e manipolabile. Nessun rifiuto delle macchine, ma computer retrò che sembrano usciti direttamente dalle pagine di Jules Verne. Ma dove sono questi steampunk? Ovunque nell'immaginario della catastrofe e dell'apocalisse. Fumetti come Hell Boy, film come Brazil, anime come Nausicaa nella valle del vento, e poi c'è tutto un genere letterario, da H.G. Wells fino a K.W. Jeter e William Gibson. E poi gli abiti: cilindri, occhialoni da aviatore, redingote, panciotti, orologi a cipolla, rivetti, stivali. E internet, dove la parola "steampunk" su Google fornisce più di 2 milioni di occorrenze, da Second Life ai font steam, dalle feste a periodici come "Steampunk magazine".
Per orientarsi in mezzo a tutto ciò conviene procurarsi il libro pubblicato da Agenzia X Guida Steampunk all'Apocalisse, di Margaret Killjoy (pseudonimo). Un ironico trattato sul futuro dell'umanità nella post catastrofe prossima ventura - la causa? c'è l'imbarazzo della scelta nell'appendice del volume, epitome delle paranoie sulla fine del mondo - ma anche una raccolta degli articoli più interessanti sul tema e le opere (film, fumetti, libri, disegni animati) considerate i canoni del genere.
Perché un libro su questo fenomeno? "Perché spunta ovunque - racconta reginazabo, anche lei sotto pseudonimo, curatrice e traduttrice del volume - è al limite tra l'inizio e la fine del capitalismo per come lo conosciamo". Passatismo? Tutt'altro. "Dell'epoca vittoriana - sottolinea reginazabo - si rievocano sia l'estetica sia gli aneliti della rivolta".
La rinascita della sinistra, 25 dicembre 2008Apocalisse per natale
Guida steampunk all'apocalisse di Margaret Killjoy (Agenzia X)
A Natale, periodo gioioso per definizione, si può regalare un libro che parla di Apocalisse? Se è divertente e originale, sì. E' il caso di questa bizzarra guida, dove ci sono proposte istruzioni concrete per sopravvivere a possibili catastrofi ecologiche, a guerre civili, alla distruzione del mondo occidentale odierno costringendoci a ritornare al passato. Perché lo steampunk è una tendenza culturale (parente del cyberunk fantascientifico) che immagina un'epoca dove le conquiste tecnologiche di oggi convivono con la società vittoriana dell'Inghilterra ottocentesca.
Una tendenza che ha già partorito romanzi e film (come La macchina della realtà di Gibson e Sterling o Brazil di Terry Gilliam), trovando ora su internet un lugo di raccordo tra gli appassionati. Paradossale e spiazzante, questa guida ci sotringe però a riflettere sui rischi reali che corre il nsotro pianeta, e su come sopravvivere al possibile disastro.
di Fabio GiovanniniA Natale, periodo gioioso per definizione, si può regalare un libro che parla di Apocalisse? Se è divertente e originale, sì. E' il caso di questa bizzarra guida, dove ci sono proposte istruzioni concrete per sopravvivere a possibili catastrofi ecologiche, a guerre civili, alla distruzione del mondo occidentale odierno costringendoci a ritornare al passato. Perché lo steampunk è una tendenza culturale (parente del cyberunk fantascientifico) che immagina un'epoca dove le conquiste tecnologiche di oggi convivono con la società vittoriana dell'Inghilterra ottocentesca.
Una tendenza che ha già partorito romanzi e film (come La macchina della realtà di Gibson e Sterling o Brazil di Terry Gilliam), trovando ora su internet un lugo di raccordo tra gli appassionati. Paradossale e spiazzante, questa guida ci sotringe però a riflettere sui rischi reali che corre il nsotro pianeta, e su come sopravvivere al possibile disastro.
Fondo Magazine 8 dicembre 2008Punk con la tuba
DA FONDO MAGAZINEIn epoca vittoriana i punk esistevano e portavano la tuba. Si potrebbe introdurre così il volumetto appena pubblicato da XBook, Guida Steampunk all’Apocalisse di M. Killjoy (126 p., 11,50 euro). Da qualche anno nel mondo cosiddetto underground e delle sotto culture, l’estetica e la cultura Steampunk stanno gradualmente prendendo piede, talvolta guadagnando consensi nell’ambito più noto del Cyberpunk.
Una rapida definizione del fenomeno ce la fornisce un articoletto inserito nell’Appendice: «Steampunk è rimmaginare il passato con le percezioni ipertecnologiche del presente». A differenza della letteratura e del cinema Cyberpunk (Blade Runner, Johnny Mnemonic, Matrix), in cui la rappresentazione di mondi distopici, cupi e alienanti, serve da monito contro la tecnologia, lo Steampunk non rifiuta le tecnologie, ma immagina piuttosto che lo sviluppo tecnologico della rivoluzione industriale e dell’era vittoriana abbiano raggiunto traguardi in realtà mai visti, e che il vapore sia la principale fonte d’energia di enormi mostri meccanici. L’approccio steampunk alla tecnica non è di tipo luddista, guarda al passato per vedere un’epoca in cui era ancora possibile credere nei benefici diffusi delle tecnologie. Ecco quindi che la tendenza culturale che fa del vapore (steam) una peculiarità, diventa soprattutto uno stile ed un’estetica che unisce abiti e accessori retrò a qualcosa di meccanico: monocolo e orologio da taschino affianco di computer portatili coperti in legno pregiato e integrati da meccanismi a rotelle. Si tratta insomma di un’estetica postmoderna molto particolare, che a un gusto un po’ mitteleuropeo e reazionario per il vestiario unisce la carica ribelle e sguaiata del punk urbano; dirigibili e Ramones. Macchine a vapore dalle forme straordinarie e dalle capacità impensabili, Zeppelin, navi imponenti ed altre diavolerie meccaniche.
Il vapore e la tecnologia meccanica hanno un senso specifico: rispetto a circuiti elettrici e silicio, le rotelle e le componenti maneggiabili hanno un qualcosa di vivo, con esse si può stringere quasi un contatto e nel loro sbuffare paiono respirare. Si tratta di un approccio «che, rimandando a un’epoca in cui le macchine si potevano ancora costruire nel capanno degli attrezzi e chiunque poteva nel suo piccolo diventare un grande inventore, si spinge oltre il software libero per rivendicare un hardware open-source». I materiali con cui si compone un nuovo marchingegno acquistano una grande importanza, e già circolano in rete foto di chitarre elettriche, macchine a vapore funzionati e altro, modificate e manipolate secondo l’estetica Steampunk.
Il “punk a vapore” assume così le fattezze dello scienziato pazzo, chiuso nel suo laboratorio tra viti, pistoni e martelli, a dare libero sfogo alla sua immaginazione. Quasi la realtà trascolorasse accompagnata della fata verde dell’assenzio, la bevanda dei dandy e degli esteti ribelli dei quartieri malfamati, geniacci col monocolo e la mano meccanica. La fantasia festosamente straripante e sognante ha d’altra parte preso forma in un film che è un must per ogni buon Steampunk che si rispetti, Il castello errante di Howl (2005) del grande Miyazaki, l’immaginifico regista amatissimo dai giovani non conformi e un anno prima nel costosissimo lungometraggio di animazione del portentoso Katsuhiro Otomo, Steamboy (2004). La prima è la storia di un castello “vivente” che si muove su gambe meccaniche grazie a un fuoco che continuamente ne alimenta la vita. La sua porta si apre su tempi e luoghi diversi, proiettando lo spettatore in un mondo di sfrenata fantasia, a cui peraltro il “Disney nipponico” ha abituato da tempo i suoi numerosi estimatori.
Otomo, autore della saga del “ragazzo a vapore” e di un rifacimento a cartoni di Metropolis, ha anticipato in qualche modo i tempi, dando il là nel 2004 a un nuovo “cult” dopo il successo planetario ottenuto in precedenza con Akira, straordinaria e intricata opera d’animazione tipicamente cyberpunk. Steamboy è ambientato nella Londra di metà XIX secolo, narra le avvenutre di Ray, figlio e nipote di apprezzati scienziati, a cui viene recapitata una misteriosa sfera contenente vapore compresso ad alta densità che in molti vogliono. Tra fughe a perdifiato e voli vorticosi a cavallo della capsula a vapore, il film risulta davvero spettacolare.
La particolarità del film di Otomo è che le macchine disegnate e messe sullo schermo sono tutte state progettate da ingegneri e potenzialmente funzionanti. Esiste un librone del lungometraggio per collezionisti che raccoglie tutti i progetti delle macchine apparse nel film minuziosamente riportati, nel caso qualche punk con tuba e ghette volesse costruirsi da sé la sua moto a vapore! Oltre ai romanzi a fumetti e alle edizioni speciali rigorosamente a tiratura limitata di routine. Sino ad allora lo Steampunk è vissuto nei libri, iniziando nel 1979 con il romanzo Morlock Night, di K. W. Jeter, ambientato nella Londra vittoriana di metà ‘800 dominata da una avanzatissima tecnologia a vapore, elemento fondamentale per la rivoluzione industriale dell’epoca. Da ricordare poi Steampunk di Paul Di Filippo (Nord 1996, Tascabili Nord 1998) e Le macchine infernali (1987, Urania 1998) di Jeter.
Nel passato recente l’interesse nei confronti del fenomeno Steampunk è andato crescendo. Se Otomo pone da anni, nei suoi film d’animazione come nei suoi fumetti, il problema della tecnica auspicandone non un rifiuto, ma un diverso approccio, Miyazaki appare invece collocarsi su posizioni marcatamente ecologiste e in taluni casi luddiste. Comunque sia, ancora più recentemente lo Steampunk è andato in scena nella serie animata Last Exile, e aspetti non trascurabili di questa estetica sono rinvenibili nel film La bussola d’oro, in cui macchine volanti e meccanismi di vario genere, oltre a un vestiario “retrò”, ricordano vivamente le suggestioni riassunte nel volumetto della Killjoy. Nel frattempo fioriscono riviste on line e spazi in Second Life.
L’ispiratore dello stile in questione è chiaramente Jules Verne che con le sue tecnologie tardo ottocentesche e la passione per viaggi fantastici fornisce al gentleman punk la figura del Nautilus, nave misteriosa che ha tutte le caratteristiche di una città-pirata mobile estranea a ogni legge se non a quella del suo capitano. Del punk troviamo dunque l’attitudine al fai-da-te, si tratti di un computer portatile che diventa legnatile fino alla costruzione di una casa sull’albero, la Steampunk treehouse, di cui esiste un sito che merita d’essere visitato (www.steamtreehouse.com). In questo caso la fantasia e la progettualità hanno preso forma in una casa meccanica nel deserto americano. Tutto nell’ottica della modificabilità del prodotto, e soprattutto assemblato in osservanza dell’estetica vittoriana fatta di ferro e meccanica. Uno squat postmoderno e postatomico.
È stato chiamato fantascienza vittoriana, romanticismo scientifico, fantasy industriale, ma lo Steampunk è un genere e uno stile che immagina il passato per modificare il futuro: «siamo una comunità di maghi meccanici incantati dal mondo reale e avvinti dal mistero della possibilità. Stiamo ricostruendo il passato per assicurarci il futuro». Un futuro che la Guida Steampunk all’Apocalisse si prepara in tutta evidenza a considerare anche tra i peggiori. Con una buona dose di ironia l’autrice ci spiega le tattiche di sopravvivenza nel dopo-apocalisse, come costruirsi un riparo e come coltivare frutta e verdura, come purificare acqua contaminata e come difendersi dagli avversari affamati. Sembra più una situazione alla Mad Max che alla Steamboy, ma d’altra parte il movimento Steampunk è anarcoide nel modo tipicamente americano di esserlo, aperto a ogni influenza e talvolta fin troppo sognante. Utopie o meno, si tratta di un’estetica che ha un innegabile fascino e che ha se non altro il merito di porre il problema della tecnica senza rifiutarla a priori, ma vivacizzandola con fantasia e vitalismo.
di Francesco BocoUna rapida definizione del fenomeno ce la fornisce un articoletto inserito nell’Appendice: «Steampunk è rimmaginare il passato con le percezioni ipertecnologiche del presente». A differenza della letteratura e del cinema Cyberpunk (Blade Runner, Johnny Mnemonic, Matrix), in cui la rappresentazione di mondi distopici, cupi e alienanti, serve da monito contro la tecnologia, lo Steampunk non rifiuta le tecnologie, ma immagina piuttosto che lo sviluppo tecnologico della rivoluzione industriale e dell’era vittoriana abbiano raggiunto traguardi in realtà mai visti, e che il vapore sia la principale fonte d’energia di enormi mostri meccanici. L’approccio steampunk alla tecnica non è di tipo luddista, guarda al passato per vedere un’epoca in cui era ancora possibile credere nei benefici diffusi delle tecnologie. Ecco quindi che la tendenza culturale che fa del vapore (steam) una peculiarità, diventa soprattutto uno stile ed un’estetica che unisce abiti e accessori retrò a qualcosa di meccanico: monocolo e orologio da taschino affianco di computer portatili coperti in legno pregiato e integrati da meccanismi a rotelle. Si tratta insomma di un’estetica postmoderna molto particolare, che a un gusto un po’ mitteleuropeo e reazionario per il vestiario unisce la carica ribelle e sguaiata del punk urbano; dirigibili e Ramones. Macchine a vapore dalle forme straordinarie e dalle capacità impensabili, Zeppelin, navi imponenti ed altre diavolerie meccaniche.
Il vapore e la tecnologia meccanica hanno un senso specifico: rispetto a circuiti elettrici e silicio, le rotelle e le componenti maneggiabili hanno un qualcosa di vivo, con esse si può stringere quasi un contatto e nel loro sbuffare paiono respirare. Si tratta di un approccio «che, rimandando a un’epoca in cui le macchine si potevano ancora costruire nel capanno degli attrezzi e chiunque poteva nel suo piccolo diventare un grande inventore, si spinge oltre il software libero per rivendicare un hardware open-source». I materiali con cui si compone un nuovo marchingegno acquistano una grande importanza, e già circolano in rete foto di chitarre elettriche, macchine a vapore funzionati e altro, modificate e manipolate secondo l’estetica Steampunk.
Il “punk a vapore” assume così le fattezze dello scienziato pazzo, chiuso nel suo laboratorio tra viti, pistoni e martelli, a dare libero sfogo alla sua immaginazione. Quasi la realtà trascolorasse accompagnata della fata verde dell’assenzio, la bevanda dei dandy e degli esteti ribelli dei quartieri malfamati, geniacci col monocolo e la mano meccanica. La fantasia festosamente straripante e sognante ha d’altra parte preso forma in un film che è un must per ogni buon Steampunk che si rispetti, Il castello errante di Howl (2005) del grande Miyazaki, l’immaginifico regista amatissimo dai giovani non conformi e un anno prima nel costosissimo lungometraggio di animazione del portentoso Katsuhiro Otomo, Steamboy (2004). La prima è la storia di un castello “vivente” che si muove su gambe meccaniche grazie a un fuoco che continuamente ne alimenta la vita. La sua porta si apre su tempi e luoghi diversi, proiettando lo spettatore in un mondo di sfrenata fantasia, a cui peraltro il “Disney nipponico” ha abituato da tempo i suoi numerosi estimatori.
Otomo, autore della saga del “ragazzo a vapore” e di un rifacimento a cartoni di Metropolis, ha anticipato in qualche modo i tempi, dando il là nel 2004 a un nuovo “cult” dopo il successo planetario ottenuto in precedenza con Akira, straordinaria e intricata opera d’animazione tipicamente cyberpunk. Steamboy è ambientato nella Londra di metà XIX secolo, narra le avvenutre di Ray, figlio e nipote di apprezzati scienziati, a cui viene recapitata una misteriosa sfera contenente vapore compresso ad alta densità che in molti vogliono. Tra fughe a perdifiato e voli vorticosi a cavallo della capsula a vapore, il film risulta davvero spettacolare.
La particolarità del film di Otomo è che le macchine disegnate e messe sullo schermo sono tutte state progettate da ingegneri e potenzialmente funzionanti. Esiste un librone del lungometraggio per collezionisti che raccoglie tutti i progetti delle macchine apparse nel film minuziosamente riportati, nel caso qualche punk con tuba e ghette volesse costruirsi da sé la sua moto a vapore! Oltre ai romanzi a fumetti e alle edizioni speciali rigorosamente a tiratura limitata di routine. Sino ad allora lo Steampunk è vissuto nei libri, iniziando nel 1979 con il romanzo Morlock Night, di K. W. Jeter, ambientato nella Londra vittoriana di metà ‘800 dominata da una avanzatissima tecnologia a vapore, elemento fondamentale per la rivoluzione industriale dell’epoca. Da ricordare poi Steampunk di Paul Di Filippo (Nord 1996, Tascabili Nord 1998) e Le macchine infernali (1987, Urania 1998) di Jeter.
Nel passato recente l’interesse nei confronti del fenomeno Steampunk è andato crescendo. Se Otomo pone da anni, nei suoi film d’animazione come nei suoi fumetti, il problema della tecnica auspicandone non un rifiuto, ma un diverso approccio, Miyazaki appare invece collocarsi su posizioni marcatamente ecologiste e in taluni casi luddiste. Comunque sia, ancora più recentemente lo Steampunk è andato in scena nella serie animata Last Exile, e aspetti non trascurabili di questa estetica sono rinvenibili nel film La bussola d’oro, in cui macchine volanti e meccanismi di vario genere, oltre a un vestiario “retrò”, ricordano vivamente le suggestioni riassunte nel volumetto della Killjoy. Nel frattempo fioriscono riviste on line e spazi in Second Life.
L’ispiratore dello stile in questione è chiaramente Jules Verne che con le sue tecnologie tardo ottocentesche e la passione per viaggi fantastici fornisce al gentleman punk la figura del Nautilus, nave misteriosa che ha tutte le caratteristiche di una città-pirata mobile estranea a ogni legge se non a quella del suo capitano. Del punk troviamo dunque l’attitudine al fai-da-te, si tratti di un computer portatile che diventa legnatile fino alla costruzione di una casa sull’albero, la Steampunk treehouse, di cui esiste un sito che merita d’essere visitato (www.steamtreehouse.com). In questo caso la fantasia e la progettualità hanno preso forma in una casa meccanica nel deserto americano. Tutto nell’ottica della modificabilità del prodotto, e soprattutto assemblato in osservanza dell’estetica vittoriana fatta di ferro e meccanica. Uno squat postmoderno e postatomico.
È stato chiamato fantascienza vittoriana, romanticismo scientifico, fantasy industriale, ma lo Steampunk è un genere e uno stile che immagina il passato per modificare il futuro: «siamo una comunità di maghi meccanici incantati dal mondo reale e avvinti dal mistero della possibilità. Stiamo ricostruendo il passato per assicurarci il futuro». Un futuro che la Guida Steampunk all’Apocalisse si prepara in tutta evidenza a considerare anche tra i peggiori. Con una buona dose di ironia l’autrice ci spiega le tattiche di sopravvivenza nel dopo-apocalisse, come costruirsi un riparo e come coltivare frutta e verdura, come purificare acqua contaminata e come difendersi dagli avversari affamati. Sembra più una situazione alla Mad Max che alla Steamboy, ma d’altra parte il movimento Steampunk è anarcoide nel modo tipicamente americano di esserlo, aperto a ogni influenza e talvolta fin troppo sognante. Utopie o meno, si tratta di un’estetica che ha un innegabile fascino e che ha se non altro il merito di porre il problema della tecnica senza rifiutarla a priori, ma vivacizzandola con fantasia e vitalismo.
steampunkmagazine.com, 30 novembre 2008The Italian Version of the Apocalypse Guide
Lo Steampunk Magazine commenta la traduzione in inglese dell'introduzione alla Guida steampunk all'apocalisse di reginazabo.
Our Italian friend Reginazabo has furnished us with an English translation of their introduction to the translated steampunk’s guide to the apocalypse. I just read it over and it’s wonderful: it really nails most of what steampunk is about for us, and explores some new theoretical territory I hadn’t previously considered. Teaser paragraph below:
We live in a world at the edge of the ecological catastrophe, in a world where the race for hoarding profits and resources is recreating all over the planet slums typical of 19th-century London, and the individual’s rights, obtained through fierce collective struggles in the last two-hundred years, are starting to wear away again one after another. That is why many people are beginning to consider the idea of de-growth, of slowing down production rhythms—or even of going back to early industrial conditions—as the only real solution to the death of the world as we know it and to the definitive establishment of a society ruled by control and fear, by a fundamental reduction of labourers to slavery and by a suicidal and ecocidal hyperproduction.
Our Italian friend Reginazabo has furnished us with an English translation of their introduction to the translated steampunk’s guide to the apocalypse. I just read it over and it’s wonderful: it really nails most of what steampunk is about for us, and explores some new theoretical territory I hadn’t previously considered. Teaser paragraph below:
We live in a world at the edge of the ecological catastrophe, in a world where the race for hoarding profits and resources is recreating all over the planet slums typical of 19th-century London, and the individual’s rights, obtained through fierce collective struggles in the last two-hundred years, are starting to wear away again one after another. That is why many people are beginning to consider the idea of de-growth, of slowing down production rhythms—or even of going back to early industrial conditions—as the only real solution to the death of the world as we know it and to the definitive establishment of a society ruled by control and fear, by a fundamental reduction of labourers to slavery and by a suicidal and ecocidal hyperproduction.
steampunkitalia, 31 ottobre 2008Libri a vapore: la Guida steampunk all'apocalissi
Guida Steampunk all’Apocalisse è un pamphlet ironico, un po’ anarcoide e terribilmente efficace nel descrivere il genere steampunk e soprattutto la sua filosofia. Un movimento, una linea di pensiero, di azione tutta votata allo “smontalo-studialo-fallo-da-te” che pone un accento vaporoso (steam) su quest’idea molto punk. C’è chi potrebbe ritenere eccessivi 11 euro e una manciata di centesimi per poco più di un centinaio di pagine ma, se non volete annusare la carta sentendone il contatto piacevole dei polpastrelli, potete tranquillamente scaricare l’intero libricino in formato pdf. Chi recensisce ha preferito averlo nella sua libreria “di carta”. Non si sa mai: un domani, internet collassando su sé stesso potrebbe privarci di una grandissima parte della conoscenza digitalizzata. Nel giorno del giudizio in cui l’ Apocalisse ci trascinerà in uno di quegli scenari devastati, che tanto abbiamo apprezzato (o giudicato da serie B) nella letteratura, nel cinema e nell’arte cosidetta popolare.
Perché è questo il concetto di base che viene esposto, sotto forma di esperimenti ed espedienti più o meno attuabili. Con una mentalità Steampunk potremmo meglio affrontare la crisi del sistema post-moderno, post-industriale, post-ideologico, post-ipod? Certo, riconvertendoci al vapore in un utopico arrovellamento di ingranaggi delle nostre menti intorpidite dall’epoca appena spentasi dei suoi falsi bagliori. Solo il grasso sulle mani e il vapore a scaldare il volto da Smanettoni può salvarci dall’eclissi della civiltà e farci sentire vivi. Senza le nostre comodità quotidiane, sapremmo anche solo nutrirci? Durante il percorso immaginario evocato dall’autore, o meglio dal gruppo di autori dello ‘Steampunk Magazine’, base del pamphlet tradotto in italiano dall’ottima reginazabo, il lettore, o meglio i lettori e lo stesso autore diventano un unica comunità di sopravvissuti alle prese con la sopravvivenza post-apocalittica.
Eccoci quindi ad affrontare problemi che pensavamo superati. Le provvigioni, la difesa, i problemi di igiene e sanità e persino di recupero della saggezza perduta affrontata con il tipico modo ingegnoso di pensare a vapore. In condivisione, un p2p a ingranaggi. Emerge, da ogni pagina ed ogni esperimento, l’aria, il sentire, il vivere steampunk, senza disdegnare uno spruzzo di riflessione sociale e politica. Chiude l’indispensabile biblio-sito-grafia per approfondire temi non affrontabili nell’immediata brevità della Guida.
Sperando che i consigli in essa contenuti servano più che altro come dritte per scrivere un racconto di genere, che ad affrontare la vera fine del mondo, lo consiglio a tutti coloro i quali vogliono avvicinarsi più alla mentalità attuale dello steampunk, rielaborata secondo i tempi bui che corrono. Una prima pietra, in Italia, per fondare la nostra Cittadella di Vera Cultura Alternativa.
di BenmotPerché è questo il concetto di base che viene esposto, sotto forma di esperimenti ed espedienti più o meno attuabili. Con una mentalità Steampunk potremmo meglio affrontare la crisi del sistema post-moderno, post-industriale, post-ideologico, post-ipod? Certo, riconvertendoci al vapore in un utopico arrovellamento di ingranaggi delle nostre menti intorpidite dall’epoca appena spentasi dei suoi falsi bagliori. Solo il grasso sulle mani e il vapore a scaldare il volto da Smanettoni può salvarci dall’eclissi della civiltà e farci sentire vivi. Senza le nostre comodità quotidiane, sapremmo anche solo nutrirci? Durante il percorso immaginario evocato dall’autore, o meglio dal gruppo di autori dello ‘Steampunk Magazine’, base del pamphlet tradotto in italiano dall’ottima reginazabo, il lettore, o meglio i lettori e lo stesso autore diventano un unica comunità di sopravvissuti alle prese con la sopravvivenza post-apocalittica.
Eccoci quindi ad affrontare problemi che pensavamo superati. Le provvigioni, la difesa, i problemi di igiene e sanità e persino di recupero della saggezza perduta affrontata con il tipico modo ingegnoso di pensare a vapore. In condivisione, un p2p a ingranaggi. Emerge, da ogni pagina ed ogni esperimento, l’aria, il sentire, il vivere steampunk, senza disdegnare uno spruzzo di riflessione sociale e politica. Chiude l’indispensabile biblio-sito-grafia per approfondire temi non affrontabili nell’immediata brevità della Guida.
Sperando che i consigli in essa contenuti servano più che altro come dritte per scrivere un racconto di genere, che ad affrontare la vera fine del mondo, lo consiglio a tutti coloro i quali vogliono avvicinarsi più alla mentalità attuale dello steampunk, rielaborata secondo i tempi bui che corrono. Una prima pietra, in Italia, per fondare la nostra Cittadella di Vera Cultura Alternativa.
www.carmillaonline.com, 27 ottobre 2008Sopravvivere col punk a vapore
La Guida steampunk all’apocalisse introduce in Italia un altro tassello dello Steampunk, un movimento nato da una costola del cyberpunk che ha saputo incrociare scenari e suggestioni della fantascienza più tecnofila con le meccaniche a vapore dell’era vittoriana. Il mix tra Gibson e Sterling da una parte e Verne e Wells dall’altra ha prodotto distopie intriganti che hanno dato forma o influenzato la letteratura (Le macchine infernali di M. W. Jeter o L’era del diamante di N. Stephenson), il cinema (La città perduta di Jeunet e Caro), i fumetti (La lega degli straordinari gentlemen, di A. Moore) e i cartoon di animazione (Il castello errante di Howl di H. Miyazaki).
Tradotta da una delle più capaci traduttrici italiane (che stavolta ha utilizzato il nickname di reginazabo), arriva adesso l’edizione italiana di un testo che cerca di situare il movimento steampunk nel suo contesto più politico. L’autore della guida steampunk è Margaret Killjoy, pseudonimo femminile di un attivista anarchico che anima la parte più politica del movimento. Il testo esprime alcuni caratteri tipici della letteratura “alternative” statunitense, come la passione per le guide pratiche, i cosiddetti "handboook", oppure la tensione ad affrontare contesti di tipo apocalittico — già nota in ambito antitecnologico (vedi tanta letteratura primitivista) — stavolta ricollocata in un ambito diverso, dove punte di tecnofilia si alternano al desiderio di immaginarsi una tecnologia dell’era protoindustriale, in cui il legno e i materiali di discarica vengono a sostituire silicio e uranio, mentre il vapore fa la parte dei combustibili fossili. Quella dell’apocalisse non è una trovata dell’ultimora, ma rappresenta un filone catastrofico che la dice lunga sulle aspettative dei nordamericani in termini di futuro. Il collasso era vaticinato da tempo e anche se gli scenari steampunk non sono né probabili né gli unici ipotizzabili, non è male cominciare a pensare a come sopravvivere in un’epoca in cui gli stati, dopo aver guardato impassibili alla distruzione del pianeta da parte delle multinazionali, si trasformino in formazioni eco-autoritarie a difesa di cittadelle di inclusi seduti a spartirsi le ultime ricchezze della Terra, circondati da una massa di esclusi condannati a vivere ai margini. Seguendo il filone dei manuali di sopravvivenza tipici di tanta controcultura anglofona, la guida si propone di suggerire tutta una serie di considerazioni per vivere in un mondo futuristico dominato dall’inquinamento globale e da un contesto di violenza generalizzata prodotto dal tracollo di autorità che detengono il monopolio della violenza (viene da pensare che inquinamento e violenza esistono a causa di queste istituzioni, e non sono il risultato della loro scomparsa, ma tant’è). Rifornirsi di acqua potabile, procurarsi il cibo con tecniche di giardinaggio, autocostruirsi le proprie abitazioni, riscaldarle, difendersi da eventuali aggressori, prendersi cura della propria salute: questi sono alcuni degli elementi essenziali della guida. Le soluzioni proposte sono a volte condivisibili, a tratti rimangono oscure data la brevità della guida, molto spesso sono ironiche. Quello che conta, in tutte le risposte fornite — e questo è il messaggio principale della guida — è il principio base della sottocultura punk: do it yourself! Fallo da te, fallo da solo o assieme ai tuoi compagni. Impara a crescere il tuo cibo, o in campagna o con l’ecogardening urbano, impara ad autocostruirti la tua casa, utilizza i materiali di riciclo. Cose che si possono fare anche adesso, quando l’apocalisse non è (ancora) arrivata, per riprendere in mano la propria esistenza, provare a sfuggire ai flussi devastanti del mercato, combattere la tendenza del capitalismo a delocalizzare il cibo che ci tiene in vita. Sta qui forse il messaggio più diretto della guida e del movimento, aldilà di certi estetismi tecnofili un po’ kitch e postmoderni: autogestisci, autoproduci, autocostruisci. Ricupera e condividi i saperi necessari a sopravvivere, senza dipendere dalla megamacchina. Due parole infine sulla curatela e sulla traduzione di reginazabo: l’autrice della traduzione – che da anni lavora nel precariato intellettuale dell’editoria – ha seguito il progetto cercando di uscire dall’idea che il traduttore sia un mero “costo morto” del lavoro editoriale. Pertanto ha proposto lei stessa l’edizione italiana della Guida alla casa editrice, curando in maniera esemplare, oltre alla traduzione e agli apparati che risultano efficacissimi per esplorare le diramazioni del movimento steampunk, anche una introduzione che è uno splendido vestibolo per entrare nell’universo del punk a vapore.
di Alberto PrunettiDispenser (Rai Radio 2), 6 ottobre 2008Tutto quello che devi sapere per affrontare il nostro mondo
Alle soglie della catastrofe ecologica, la lotta per l'accaparramento delle risorse ha trasformato le periferie urbane in bassifondi simili a quelli londinesi di fine Ottocento, dove i più elementari diritti dell'individuo sono negati.
Da questa presa di coscienza nasce negli Stati Uniti lo Steampunk, un movimento culturale e uno stile di vita, che affondano le radici nella fantascienza di William Gibson, Bruce Sterling e Neal Stephenson, attingendo anche da Wells, autore del La guerra dei mondi.
In questo scenario apocalittico, lo Steampunk, letteralmente punk a vapore, stimola i propri adepti a intraprendere la strada della decrescita creativa, aggiungendo un tocco di estetica vittoriana al principio hacker del "metterci le mani dentro".
Al motto di "come sarebbe stato il passato se il futuro fosse accaduto prima?" i novelli ribelli del punk a vapore sognano un mondo nuovo progettando macchinari per difenderlo e armi per sostenerlo. Strumentazioni azionate con la forza motrice del vapore anziché dall'energia elettrica, computer completamente analogici ed enormi apparati magnetici in grado di modificare l'orbita lunare.
Lo steampunk è affascinato dal gusto rétro: sogna un mondo in cui le macchine siano fatte di ingranaggi e rotelle, molto più gestibili e manipolabili delle componenti basate sui circuiti elettronici definite quasi esoteriche.
L'idea della decrescita, di un rallentamento dei ritmi produttivi e di un ritorno alle condizioni proto-industriali è, secondo lo Steampunk, l'unica vera soluzione alla scomparsa del mondo come lo conosciamo e all'affermazione definitiva di una società dominata dal controllo e dalla paura.
A illuminarci sull'etica e sulle pratiche di vita steampunk esce in libreria, Guida steampunk all'Apocalisse scritto da Margaret Killjoy, autrice di pamphlet anarchici e personaggio di spicco del collettivo editoriale statunitense Strangers.
Se siete interessati a conoscere ingegnose fonti di energia, funambolici metodi per la depurazione dell'acqua e tecniche di orticoltura creativa Guida steampunk all'Apocalisse è un vero manuale per sopravvivere al nostro disastroso contemporaneo e al cataclisma che verrà.
di Angela BuccellaDa questa presa di coscienza nasce negli Stati Uniti lo Steampunk, un movimento culturale e uno stile di vita, che affondano le radici nella fantascienza di William Gibson, Bruce Sterling e Neal Stephenson, attingendo anche da Wells, autore del La guerra dei mondi.
In questo scenario apocalittico, lo Steampunk, letteralmente punk a vapore, stimola i propri adepti a intraprendere la strada della decrescita creativa, aggiungendo un tocco di estetica vittoriana al principio hacker del "metterci le mani dentro".
Al motto di "come sarebbe stato il passato se il futuro fosse accaduto prima?" i novelli ribelli del punk a vapore sognano un mondo nuovo progettando macchinari per difenderlo e armi per sostenerlo. Strumentazioni azionate con la forza motrice del vapore anziché dall'energia elettrica, computer completamente analogici ed enormi apparati magnetici in grado di modificare l'orbita lunare.
Lo steampunk è affascinato dal gusto rétro: sogna un mondo in cui le macchine siano fatte di ingranaggi e rotelle, molto più gestibili e manipolabili delle componenti basate sui circuiti elettronici definite quasi esoteriche.
L'idea della decrescita, di un rallentamento dei ritmi produttivi e di un ritorno alle condizioni proto-industriali è, secondo lo Steampunk, l'unica vera soluzione alla scomparsa del mondo come lo conosciamo e all'affermazione definitiva di una società dominata dal controllo e dalla paura.
A illuminarci sull'etica e sulle pratiche di vita steampunk esce in libreria, Guida steampunk all'Apocalisse scritto da Margaret Killjoy, autrice di pamphlet anarchici e personaggio di spicco del collettivo editoriale statunitense Strangers.
Se siete interessati a conoscere ingegnose fonti di energia, funambolici metodi per la depurazione dell'acqua e tecniche di orticoltura creativa Guida steampunk all'Apocalisse è un vero manuale per sopravvivere al nostro disastroso contemporaneo e al cataclisma che verrà.