Rapologia.it, 30 novembre 2018 Poetry slam: la rivincita della poesia
Circa un mese fa sono stato alla presentazione del saggio intitolato Guida liquida al poetry slam a cura di Dome Bulfaro, fondatore e presidente della LIPS, insegnante, direttore artistico, performer, poeta, nonché autore della suddetta opera. Totalmente ignaro di cosa si trattasse mi sono diretto presso la Mediateca Gateway di Bologna, luogo designato per l’evento. In una coinvolgente atmosfera, tra bicchieri di vino rosso e un invitante buffet, ho (ri)scoperto quella sera il fascino della poesia.
Sono assolutamente conscio della reazione che potrebbe scaturire nel lettore una volta letta – o riletta – la frase contenuta nell’ultimo capoverso del precedente paragrafo. Sarebbe legittimo, in questo senso, definirmi come una persona superficiale ed impulsiva, la quale cerca semplicemente di attirare l’attenzione dei più mediante una classica “frase ad effetto”. Mero artificio letterario, subdolo stratagemma da mercante. Orbene, rimango fedele all’affermazione iniziale, ribadendo nuovamente quanto scritto.
Durante il mio iter scolastico ho nutrito un profondo astio verso i programmi di italiano e, talvolta, anche nei confronti degli stessi professori di lettere. Non che la materia non mi interessasse: ho sempre preferito gli insegnamenti umanistici a quelli di taglio scientifico. Semplicemente trovavo antiquati gli argomenti affrontati, ed assai noiosi i relativi metodi didattici. Alle elementari ricordo che dovevo imparare a memoria – o a forza? – pagine e pagine di poesie. Si trattava invero di un’operazione che odiavo. Interi pomeriggi passati in casa cercando di ricordare minuziosamente tutti i singoli versi del brano assegnatomi sul quale, il giorno successivo, sarei stato valutato. Perdonate la domanda retorica: come si fa a dare un voto alla capacità di interpretazione di una poesia? La trovo una pratica stupida e sadica. La poesia dovrebbe riflettere uno stato d’animo, così come la sua recitazione. Si può quindi assegnare un voto ad una esperienza tanto soggettiva?
Alle medie e superiori il calvario è continuato, costretto a sorbirmi ogni anno la lezioncina del professore di turno, il quale “dall’alto del suo trono” enunciava tutta una serie di concetti – molti dei quali, secondo me, spesso poco importanti – relativi ai testi più noti dei soliti poeti o letterati vissuti secoli prima di me. Nozionismo su nozionismo. Sono così arrivato in quinta superiore senza aver mai potuto studiare Pasolini e Calvino, o le poesie di Tommaso Landolfi e di Carlo Emilio Gadda. È mia intenzione condannare in questa sede l’eccessivo anacronismo dei programmi scolastici che possono – di conseguenza – rendere monotono l’operato dei docenti. È un circolo vizioso, ma a rimetterci è sempre e comunque la poesia che viene così svalutata.
Mi scuso per il corposo excursus, ma credo costituisca una buona premessa per cercare di fornire una definizione del mare magnum racchiuso all’interno del termine “poetry slam”.
Dome Bulfaro ha redatto un’opera chiarificatrice e sistematica sulla disciplina in questione (una vera e propria “guida liquida” come riportato nel titolo). Il lettore adesso potrebbe chiedersi in cosa consista, nella prassi, il poetry slam. Non è facile circoscrivere il fenomeno; tuttavia potremmo dire che si tratta di poesia performativa, ove con “gara” si intende un dispositivo teatrale. Lo slam papi per antonomasia è Marc Kelly Smith: operaio americano auto definitosi socialista. La provenienza sociale di Kelly Smith non è un dettaglio da trascurare, ma aspetto fondamentale per comprendere a pieno la faccenda.
Il poetry slam è invero fortemente condizionato da un’attitudine “sociale”. L’obiettivo posto alla base di questa forma di poesia “alternativa” è quello di creare – dal greco poiéin – uno spazio comune. È un prodotto artigianale, slegato da ogni tipo di mediazione. È atto fortemente politico volto ad una rivalutazione delle parole. Utilizzo in questo frangente un passo tratto dall’opera:
“Lo slam è un atto radicalmente politico: non solo perché riporta il poeta nella polis, ma perché rivendica il nostro diritto di essere ancora proprietari della lingua con la quale parliamo, con la quale amiamo ed odiamo, gioiamo e soffriamo, con la quale accettiamo quell’altro che ci sta di fronte e occupa uno spazio che, se non ci fosse lui, potrebbe essere nostro, ma che, se lui non c’è, non avrebbe alcun senso di essere.”
Altro non è se non una celebrazione della sacralità della poesia in quanto fatto sociale. Nemico da contrastare è la poesia “plasticata” propinata dai salotti letterari borghesi e dalle accademie. Il poetry slam lotta contro l’auto referenzialità della poesia istituzionale o istituzionalizzata. La poesia così intesa è medium per aprire un dialogo volto a risvegliare la coscienza critica. Non c’è un unico vincitore, ad uscirne vittorioso è infatti il pubblico: poetry slam non è sinonimo di solipsismo, ma al contrario si inserisce in un contesto di puro collettivismo.
“Chi vince o perde davvero in uno slam non sono i poeti, ma il pubblico: vince se riesce davvero ad emozionarsi e riflettere sulla poesia, a partecipare ed a prendersi per una volta la responsabilità di scegliere a proposito di forme. Perde se si limita a far caciara, a “tifare” per gli amici e gli amici degli amici.”
Altra consistente connotazione della disciplina in questione è il suo carattere fortemente inclusivo, al punto tale che Miguel Algarìn – fondatore dello storico Nuyorican Poets Cafe – ha coniato l’espressione “democratizzazione del verso”.
La poesia non è quindi res elitaria; deve esserci una rivalutazione sociale della stessa. Aprendo una piccola parentesi potremmo anche interrogarci riguardo a quale sia il ruolo della poesia di questi tempi, fortemente caratterizzati da una “frammentazione del quotidiano” a causa delle derive consumistiche ormai imperanti cui sembriamo essere assuefatti. In questo senso il Poetry Slam si rivela pratica utile per aprire un varco spazio-temporale – slegato dalla contemporaneità – in cui dare apertamente spazio al proprio ego lasciando impersonificare il flatus di ciascuno di noi.
Ecco allora che gli slam si assurgono a “simposi in chiave moderna”, con una rivisitazione del ruolo del poeta inteso come “servitore del popolo” a prescindere dal ceto sociale di appartenenza del pubblico a lui sottostante. A sostegno di ciò sono di preminente importanza i luoghi riservati alle competizioni di Poetry Slam: quali spazi migliori, riservati a simili competizione popolari, se non locali, piazze o bar? Come non organizzare serate del genere in punti di ritrovo abituali?
Mi accingo ora verso la conclusione di questo approfondimento sul poetry slam esprimendo un parere personale.
L’elemento più interessante del poetry slam è il continuo encomio riservato alla poesia, benché molti critici o professori di accademie, con le loro parole altisonanti, abbiano spesso e volentieri definito il poetry slam un “cabaret passeggero”. È proprio questo lo snodo focale di tutto il discorso. Il poetry slam, così come il rap e tante altre discipline o culture underground, sono armi in mano al popolo, ai più deboli. Sono strumenti in mano alla comunità, nei quali i più si identificano ed attraverso cui il volgo è in grado di esprimere la propria opinione. In periodi di crisi economica e politica come quelli attuali, con una diffusa diffidenza verso “il diverso”, l’arte rimane l’unica bussola da seguire. È l’elemento che ci accomuna, rendendoci tutti uguali.
Vorrei lanciare un appello generale: non lasciamoci sopraffare da chi ci guarda con aria di superiorità e sfida. Continuiamo invece a coltivare le nostre passioni come il poetry slam e ringraziamo Lello Voce, slam papi italiano e figura di notevole importanza insieme ad altri “grandi” tra cui lo stesso Bulfaro o Sergio Garau, per credere e sperimentare continuamente in una simile scienza. Crediamo nel poetry slam ed espandiamo il suo raggio d’azione. Potrebbe rivelarsi un efficace deterrente alla noiosa monotonia riservata agli insegnamenti umanistici – sopra descritta – che ho potuto vivere in prima persona dietro i banchi di scuola. Lo stesso Davide Fant, in Pedagogia Hip-Hop, sosteneva la valenza didattica di tale disciplina.
Comprate questo saggio ed approfonditene l’argomento: il lettore potrà incredibilmente riscoprire il fascino della poesia.
di Marco CarlottiSono assolutamente conscio della reazione che potrebbe scaturire nel lettore una volta letta – o riletta – la frase contenuta nell’ultimo capoverso del precedente paragrafo. Sarebbe legittimo, in questo senso, definirmi come una persona superficiale ed impulsiva, la quale cerca semplicemente di attirare l’attenzione dei più mediante una classica “frase ad effetto”. Mero artificio letterario, subdolo stratagemma da mercante. Orbene, rimango fedele all’affermazione iniziale, ribadendo nuovamente quanto scritto.
Durante il mio iter scolastico ho nutrito un profondo astio verso i programmi di italiano e, talvolta, anche nei confronti degli stessi professori di lettere. Non che la materia non mi interessasse: ho sempre preferito gli insegnamenti umanistici a quelli di taglio scientifico. Semplicemente trovavo antiquati gli argomenti affrontati, ed assai noiosi i relativi metodi didattici. Alle elementari ricordo che dovevo imparare a memoria – o a forza? – pagine e pagine di poesie. Si trattava invero di un’operazione che odiavo. Interi pomeriggi passati in casa cercando di ricordare minuziosamente tutti i singoli versi del brano assegnatomi sul quale, il giorno successivo, sarei stato valutato. Perdonate la domanda retorica: come si fa a dare un voto alla capacità di interpretazione di una poesia? La trovo una pratica stupida e sadica. La poesia dovrebbe riflettere uno stato d’animo, così come la sua recitazione. Si può quindi assegnare un voto ad una esperienza tanto soggettiva?
Alle medie e superiori il calvario è continuato, costretto a sorbirmi ogni anno la lezioncina del professore di turno, il quale “dall’alto del suo trono” enunciava tutta una serie di concetti – molti dei quali, secondo me, spesso poco importanti – relativi ai testi più noti dei soliti poeti o letterati vissuti secoli prima di me. Nozionismo su nozionismo. Sono così arrivato in quinta superiore senza aver mai potuto studiare Pasolini e Calvino, o le poesie di Tommaso Landolfi e di Carlo Emilio Gadda. È mia intenzione condannare in questa sede l’eccessivo anacronismo dei programmi scolastici che possono – di conseguenza – rendere monotono l’operato dei docenti. È un circolo vizioso, ma a rimetterci è sempre e comunque la poesia che viene così svalutata.
Mi scuso per il corposo excursus, ma credo costituisca una buona premessa per cercare di fornire una definizione del mare magnum racchiuso all’interno del termine “poetry slam”.
Dome Bulfaro ha redatto un’opera chiarificatrice e sistematica sulla disciplina in questione (una vera e propria “guida liquida” come riportato nel titolo). Il lettore adesso potrebbe chiedersi in cosa consista, nella prassi, il poetry slam. Non è facile circoscrivere il fenomeno; tuttavia potremmo dire che si tratta di poesia performativa, ove con “gara” si intende un dispositivo teatrale. Lo slam papi per antonomasia è Marc Kelly Smith: operaio americano auto definitosi socialista. La provenienza sociale di Kelly Smith non è un dettaglio da trascurare, ma aspetto fondamentale per comprendere a pieno la faccenda.
Il poetry slam è invero fortemente condizionato da un’attitudine “sociale”. L’obiettivo posto alla base di questa forma di poesia “alternativa” è quello di creare – dal greco poiéin – uno spazio comune. È un prodotto artigianale, slegato da ogni tipo di mediazione. È atto fortemente politico volto ad una rivalutazione delle parole. Utilizzo in questo frangente un passo tratto dall’opera:
“Lo slam è un atto radicalmente politico: non solo perché riporta il poeta nella polis, ma perché rivendica il nostro diritto di essere ancora proprietari della lingua con la quale parliamo, con la quale amiamo ed odiamo, gioiamo e soffriamo, con la quale accettiamo quell’altro che ci sta di fronte e occupa uno spazio che, se non ci fosse lui, potrebbe essere nostro, ma che, se lui non c’è, non avrebbe alcun senso di essere.”
Altro non è se non una celebrazione della sacralità della poesia in quanto fatto sociale. Nemico da contrastare è la poesia “plasticata” propinata dai salotti letterari borghesi e dalle accademie. Il poetry slam lotta contro l’auto referenzialità della poesia istituzionale o istituzionalizzata. La poesia così intesa è medium per aprire un dialogo volto a risvegliare la coscienza critica. Non c’è un unico vincitore, ad uscirne vittorioso è infatti il pubblico: poetry slam non è sinonimo di solipsismo, ma al contrario si inserisce in un contesto di puro collettivismo.
“Chi vince o perde davvero in uno slam non sono i poeti, ma il pubblico: vince se riesce davvero ad emozionarsi e riflettere sulla poesia, a partecipare ed a prendersi per una volta la responsabilità di scegliere a proposito di forme. Perde se si limita a far caciara, a “tifare” per gli amici e gli amici degli amici.”
Altra consistente connotazione della disciplina in questione è il suo carattere fortemente inclusivo, al punto tale che Miguel Algarìn – fondatore dello storico Nuyorican Poets Cafe – ha coniato l’espressione “democratizzazione del verso”.
La poesia non è quindi res elitaria; deve esserci una rivalutazione sociale della stessa. Aprendo una piccola parentesi potremmo anche interrogarci riguardo a quale sia il ruolo della poesia di questi tempi, fortemente caratterizzati da una “frammentazione del quotidiano” a causa delle derive consumistiche ormai imperanti cui sembriamo essere assuefatti. In questo senso il Poetry Slam si rivela pratica utile per aprire un varco spazio-temporale – slegato dalla contemporaneità – in cui dare apertamente spazio al proprio ego lasciando impersonificare il flatus di ciascuno di noi.
Ecco allora che gli slam si assurgono a “simposi in chiave moderna”, con una rivisitazione del ruolo del poeta inteso come “servitore del popolo” a prescindere dal ceto sociale di appartenenza del pubblico a lui sottostante. A sostegno di ciò sono di preminente importanza i luoghi riservati alle competizioni di Poetry Slam: quali spazi migliori, riservati a simili competizione popolari, se non locali, piazze o bar? Come non organizzare serate del genere in punti di ritrovo abituali?
Mi accingo ora verso la conclusione di questo approfondimento sul poetry slam esprimendo un parere personale.
L’elemento più interessante del poetry slam è il continuo encomio riservato alla poesia, benché molti critici o professori di accademie, con le loro parole altisonanti, abbiano spesso e volentieri definito il poetry slam un “cabaret passeggero”. È proprio questo lo snodo focale di tutto il discorso. Il poetry slam, così come il rap e tante altre discipline o culture underground, sono armi in mano al popolo, ai più deboli. Sono strumenti in mano alla comunità, nei quali i più si identificano ed attraverso cui il volgo è in grado di esprimere la propria opinione. In periodi di crisi economica e politica come quelli attuali, con una diffusa diffidenza verso “il diverso”, l’arte rimane l’unica bussola da seguire. È l’elemento che ci accomuna, rendendoci tutti uguali.
Vorrei lanciare un appello generale: non lasciamoci sopraffare da chi ci guarda con aria di superiorità e sfida. Continuiamo invece a coltivare le nostre passioni come il poetry slam e ringraziamo Lello Voce, slam papi italiano e figura di notevole importanza insieme ad altri “grandi” tra cui lo stesso Bulfaro o Sergio Garau, per credere e sperimentare continuamente in una simile scienza. Crediamo nel poetry slam ed espandiamo il suo raggio d’azione. Potrebbe rivelarsi un efficace deterrente alla noiosa monotonia riservata agli insegnamenti umanistici – sopra descritta – che ho potuto vivere in prima persona dietro i banchi di scuola. Lo stesso Davide Fant, in Pedagogia Hip-Hop, sosteneva la valenza didattica di tale disciplina.
Comprate questo saggio ed approfonditene l’argomento: il lettore potrà incredibilmente riscoprire il fascino della poesia.
Il Giorno, 7 luglio 2016 La rivincita della poesia. Quindici anni di poetry slam
“Nel 2001 in Italia i poetry slam si contavano sulle dita di una mano, oggi se ne organizzano a centinaia.” Dome Bulfaro, poeta, performer, insegnante, direttore artistico di Poesia Presente, fondatore e presidente fino a qualche mese fa della Lega italiana poetry slam (cui è subentrato Davide “Scarty Doc” Passoni), dopo 15 anni mette un punto.
Il risultato è la Guida liquida al poetry slam. La rivincita della poesia, 300 pagine che fissano sulla carta una storia che è anche il raggiungimento di un traguardo. “Dopo 15 anni – spiega l’autore – era giusto tirare le fila e colmare un vuoto critico e storico. Serviva ricostruire la storia dello slam in Italia e far sì che il movimento avesse una guida, anche per toglierci qualche sassolino dalle scarpe. Il poetry slam è stato letto dagli accademici come movimento di secondo piano, mentre stava cambiando la pelle e la sostanza della poesia orale.”
Ne è nata una guida storica, antologica (con più di 35 autori selezionati con le loro principali poesie) e pratica con notizie sui siti da consultare, il regolamento, l’organizzazione, i filmati, le scene più importanti. Un libro molto narrativo, con più di 50 interviste tra cui 12 a rappresentanti dei 5 continenti. “Sono un centinaio le persone che hanno composto con me questo libro – continua Bulfaro. Perché il movimento slam è un movimento orizzontale fatto di mille voci, comprese quelle critiche.”
E a Monza e in Brianza ha trovato la sua casa. “Il primo slam in Brianza è avvenuto nel 2005 alla biblioteca di Vimercate. Il cammino ha avuto un primo impulso forte tramite il Tambourine di Seregno e poi con Poesia Presente, che ha dato subito un taglio glocal, quello dello slam locale con ospiti internazionali.” Monza è stata sede della prima finale del campionato della Lega italiana e artefice del campionato under 20. È brianzolo il due volte campione italiano Simone Savognin, così come è italiano il secondo classificato (Paolo Agrati), mentre la campionessa under 20 è una studentessa di Monza, Rebecca Maslowsky, tra i primi dieci anche della finale adulti.
E poi c’è la casa editrice Mille Gru, con libri e una collana per bambini di taglio terapeutico, perché il poetry slam funziona anche su questo livello, come sperimentato nei laboratori: un percorso pionieristico affrontato recentemente a Monza sul tema della morte, che ha coinvolto, bimbi, adolescenti e adulti. Perché lo slam è soprattutto gioia e libertà. “Se credete che la poesia sia noiosa è perché non avete mai partecipato a un poetry slam – racconta la guida. Attraverso la gara, condotta da una comunità libera e temporanea, formata da pubblico, autori e organizzatori senza alcuna barriera gerarchica, il poetry slam accompagna la poesia sul territorio del conflitto, sulla strada, nei bar affollati, nei locali dell’underground: gli unici luoghi dove può nascere un linguaggio condiviso che ancora non esiste.”
di Monica GuzziIl risultato è la Guida liquida al poetry slam. La rivincita della poesia, 300 pagine che fissano sulla carta una storia che è anche il raggiungimento di un traguardo. “Dopo 15 anni – spiega l’autore – era giusto tirare le fila e colmare un vuoto critico e storico. Serviva ricostruire la storia dello slam in Italia e far sì che il movimento avesse una guida, anche per toglierci qualche sassolino dalle scarpe. Il poetry slam è stato letto dagli accademici come movimento di secondo piano, mentre stava cambiando la pelle e la sostanza della poesia orale.”
Ne è nata una guida storica, antologica (con più di 35 autori selezionati con le loro principali poesie) e pratica con notizie sui siti da consultare, il regolamento, l’organizzazione, i filmati, le scene più importanti. Un libro molto narrativo, con più di 50 interviste tra cui 12 a rappresentanti dei 5 continenti. “Sono un centinaio le persone che hanno composto con me questo libro – continua Bulfaro. Perché il movimento slam è un movimento orizzontale fatto di mille voci, comprese quelle critiche.”
E a Monza e in Brianza ha trovato la sua casa. “Il primo slam in Brianza è avvenuto nel 2005 alla biblioteca di Vimercate. Il cammino ha avuto un primo impulso forte tramite il Tambourine di Seregno e poi con Poesia Presente, che ha dato subito un taglio glocal, quello dello slam locale con ospiti internazionali.” Monza è stata sede della prima finale del campionato della Lega italiana e artefice del campionato under 20. È brianzolo il due volte campione italiano Simone Savognin, così come è italiano il secondo classificato (Paolo Agrati), mentre la campionessa under 20 è una studentessa di Monza, Rebecca Maslowsky, tra i primi dieci anche della finale adulti.
E poi c’è la casa editrice Mille Gru, con libri e una collana per bambini di taglio terapeutico, perché il poetry slam funziona anche su questo livello, come sperimentato nei laboratori: un percorso pionieristico affrontato recentemente a Monza sul tema della morte, che ha coinvolto, bimbi, adolescenti e adulti. Perché lo slam è soprattutto gioia e libertà. “Se credete che la poesia sia noiosa è perché non avete mai partecipato a un poetry slam – racconta la guida. Attraverso la gara, condotta da una comunità libera e temporanea, formata da pubblico, autori e organizzatori senza alcuna barriera gerarchica, il poetry slam accompagna la poesia sul territorio del conflitto, sulla strada, nei bar affollati, nei locali dell’underground: gli unici luoghi dove può nascere un linguaggio condiviso che ancora non esiste.”
slamcontempoetry.wordpress.com, 17 maggio 2016 La guida liquida di D. Bulfaro: testimonianze di Dimitri Ruggeri
Da pochi giorni è disponibile la Guida liquida al poetry slam (Milano, 2016) a cura di Dome Bulfaro e edita da Agenzia X. L’autore, oltre che a metterci del suo, ha avuto la capacità di raccogliere contributi e testimonianze di figure e personaggi rilevanti della scena nazionale e internazionale dello spoken word.
Tra queste sono stati inclusi stralci di un’intervista che il curatore della pubblicazione ha proposto a Dimitri Ruggeri, ideatore di SlamContemPoetry (uno dei primi e più importanti spazi web in Italia a occuparsi in modo organico e a tutto tondo della spoken word) e primo organizzatore/Mce a introdurre nel 2010 in Abruzzo un poetry slam. Ringraziamo tra l’altro Dome Bulfaro per aver menzionato questo progetto nel capitolo Media & slam. Di seguito proponiamo le parti delle risposte fino a ora inedite.
Cos’è il poetry slam per te?
[La parte iniziale della risposta è pubblicata in D. Bulfaro (a cura di), Guida liquida al poetry slam (Milano, 2016, pag. 38)]. […] È proprio quando prevale uno dei tre (Parola, Poesia, Pubblico: di seguito PPP) che lo Slam perde la sua funzione di cenacolo. È evidente pertanto che il caos generato dalla sequenza PPP porta al cosmo, fine ultimo e utopistico e dell’uomo e della poesia. È altrettanto chiaro che il modus operandi del Poetry Slam deve essere (e lo è stato, fin dalle origini della poesia e nel corso dei secoli) quello della comunità totalizzante cui ho accennato, una comunità che opera nel mondo: con lo Slam il dialogo diventa democrazia. Da queste considerazioni tengo volutamente fuori l’Mce che deve essere, a mio avviso, come lo Spirito Santo.
Perché partecipi ai poetry slam o li organizzi?
In entrambi i ruoli riesco a vivere in comunione con quella parte del mondo che amo di più e cioè con la poesia. Lo slam è sia l’apostolo più diretto, più immediato e più convincente per il pubblico sia il ponte capace di stabilire una relazione che poi diventa fiducia e amore. Il catalizzatore di tutto questo è lo spirito competitivo più puro e ancestrale; in una parola olimpionico. Con lo slam l’impresa si compie come in una Maratona, non come in una disfida mortale al Colosseo.
Slam pro e contro. Cosa ami di più o non ami del Poetry Slam?
Risposta pubblicata in D. Bulfaro (a cura di), Guida liquida al poetry slam (Milano, 2016, pp 138-139).
Si può guardare all’effetto dello slam oltre il poetry slam stesso? Quanto il poetry slam ha cambiato in Italia la scrittura e il modo di dire ad alta voce in questo primo quindicennio del Duemila?
Non credo che lo Slam abbia questo ruolo né lo debba avere. Si dovrebbe sostenere con onestà che la poesia scritta e quella orale non debbano necessariamente incontrarsi e sostituirsi l’una all’altra; semmai dovrebbero dichiarare apertamente una resa incondizionata da ambo le parti ma paritaria. Entrambi sono strumenti completamente diversi che possono veicolare gli stessi messaggi; cambia forma, contenuto e contenitore ma – ripeto – si deve avere l’onestà nel sostenere che l’oralità della poesia non è la sorella minore della poesia scritta o muta bensì un padre biblico da rispettare.
L’MCe, oltre al pubblico e ai poeti, ha nel poetry slam un ruolo fondamentale. Quali sono le doti imprescindibili per essere un grande MCe?
Negli Slam cui ho partecipato e che ho visto ho apprezzato gli Mce che non lasciano traccia del proprio sé ma che sono giusti e imparziali e applicano il regolamento. Non dimentichiamoci che lo Slam è una gara e che la comunità resta coesa se ci sono regole anche nel caos; è vero che a vincere è la poesia ma è altrettanto vero che vince è il poeta, una sagoma umana in carne e ossa.
Ci racconti un aneddoto significativo vissuto in un poetry slam?
Nel 2010 ho organizzato il primo poetry slam ufficiale in Abruzzo (il Biennale Marsica Poetry Slam – BieM) e credo in Italia uno dei primi del centro-sud inserito in un evento rilevante multidisciplinare (La Biennale Marsica, Poesia arte e cinema). Ricordo ancora le decine di telefonate ricevute da parte degli aspiranti concorrenti, i quali, piuttosto che chiedere delucidazioni su cosa fosse un poetry slam, si preoccupavano di raccomandare sé stessi e le loro dannate poesie per vincere quello che appariva loro un concorso tradizionale di poesia. Altro aneddoto sbalorditivo: in una conversazione, un’amica, poetessa tradizionale, sosteneva che l’autore che pubblica deve stare attendo a esporsi nello slam perché così rischia di vanificare gli sforzi della casa editrice che tanto ha investito su di lui. Pazzesco.
Tra queste sono stati inclusi stralci di un’intervista che il curatore della pubblicazione ha proposto a Dimitri Ruggeri, ideatore di SlamContemPoetry (uno dei primi e più importanti spazi web in Italia a occuparsi in modo organico e a tutto tondo della spoken word) e primo organizzatore/Mce a introdurre nel 2010 in Abruzzo un poetry slam. Ringraziamo tra l’altro Dome Bulfaro per aver menzionato questo progetto nel capitolo Media & slam. Di seguito proponiamo le parti delle risposte fino a ora inedite.
Cos’è il poetry slam per te?
[La parte iniziale della risposta è pubblicata in D. Bulfaro (a cura di), Guida liquida al poetry slam (Milano, 2016, pag. 38)]. […] È proprio quando prevale uno dei tre (Parola, Poesia, Pubblico: di seguito PPP) che lo Slam perde la sua funzione di cenacolo. È evidente pertanto che il caos generato dalla sequenza PPP porta al cosmo, fine ultimo e utopistico e dell’uomo e della poesia. È altrettanto chiaro che il modus operandi del Poetry Slam deve essere (e lo è stato, fin dalle origini della poesia e nel corso dei secoli) quello della comunità totalizzante cui ho accennato, una comunità che opera nel mondo: con lo Slam il dialogo diventa democrazia. Da queste considerazioni tengo volutamente fuori l’Mce che deve essere, a mio avviso, come lo Spirito Santo.
Perché partecipi ai poetry slam o li organizzi?
In entrambi i ruoli riesco a vivere in comunione con quella parte del mondo che amo di più e cioè con la poesia. Lo slam è sia l’apostolo più diretto, più immediato e più convincente per il pubblico sia il ponte capace di stabilire una relazione che poi diventa fiducia e amore. Il catalizzatore di tutto questo è lo spirito competitivo più puro e ancestrale; in una parola olimpionico. Con lo slam l’impresa si compie come in una Maratona, non come in una disfida mortale al Colosseo.
Slam pro e contro. Cosa ami di più o non ami del Poetry Slam?
Risposta pubblicata in D. Bulfaro (a cura di), Guida liquida al poetry slam (Milano, 2016, pp 138-139).
Si può guardare all’effetto dello slam oltre il poetry slam stesso? Quanto il poetry slam ha cambiato in Italia la scrittura e il modo di dire ad alta voce in questo primo quindicennio del Duemila?
Non credo che lo Slam abbia questo ruolo né lo debba avere. Si dovrebbe sostenere con onestà che la poesia scritta e quella orale non debbano necessariamente incontrarsi e sostituirsi l’una all’altra; semmai dovrebbero dichiarare apertamente una resa incondizionata da ambo le parti ma paritaria. Entrambi sono strumenti completamente diversi che possono veicolare gli stessi messaggi; cambia forma, contenuto e contenitore ma – ripeto – si deve avere l’onestà nel sostenere che l’oralità della poesia non è la sorella minore della poesia scritta o muta bensì un padre biblico da rispettare.
L’MCe, oltre al pubblico e ai poeti, ha nel poetry slam un ruolo fondamentale. Quali sono le doti imprescindibili per essere un grande MCe?
Negli Slam cui ho partecipato e che ho visto ho apprezzato gli Mce che non lasciano traccia del proprio sé ma che sono giusti e imparziali e applicano il regolamento. Non dimentichiamoci che lo Slam è una gara e che la comunità resta coesa se ci sono regole anche nel caos; è vero che a vincere è la poesia ma è altrettanto vero che vince è il poeta, una sagoma umana in carne e ossa.
Ci racconti un aneddoto significativo vissuto in un poetry slam?
Nel 2010 ho organizzato il primo poetry slam ufficiale in Abruzzo (il Biennale Marsica Poetry Slam – BieM) e credo in Italia uno dei primi del centro-sud inserito in un evento rilevante multidisciplinare (La Biennale Marsica, Poesia arte e cinema). Ricordo ancora le decine di telefonate ricevute da parte degli aspiranti concorrenti, i quali, piuttosto che chiedere delucidazioni su cosa fosse un poetry slam, si preoccupavano di raccomandare sé stessi e le loro dannate poesie per vincere quello che appariva loro un concorso tradizionale di poesia. Altro aneddoto sbalorditivo: in una conversazione, un’amica, poetessa tradizionale, sosteneva che l’autore che pubblica deve stare attendo a esporsi nello slam perché così rischia di vanificare gli sforzi della casa editrice che tanto ha investito su di lui. Pazzesco.
www.ilcittadinomb.it, 24 aprile 2016 Dome Bulfaro firma la prima Guida liquida al poetry slam
Il poeta monzese Dome Bulfaro traccia per la prima volta un affresco completo del poetry slam in Italia e non solo: è la Guida liquida pubblicata da Agenzia X in libreria dal 5 maggio.
Il bello e il brutto di una cultura o di un fenomeno culturale “liquido” è che è difficile trattenerlo tutto in una volta: perché per ogni certezza c’è un dubbio e per ogni tentativo di categoria c’è un’eccezione che sembra metterla in dubbio. L’acqua, in fondo, non ha nulla se non la forma del suo contenitore: ha la forma che scegliamo di darle. Dome Bulfaro al poetry slam, che liquido è e rimane, ha deciso di dare la forma di un libro, firmando la prima guida italiana alla poesia ad alta voce - per dirla con la meno imprecisa delle traduzioni. Si intitola proprio Guida liquida al poetry slam e la pubblica Agenzia X, sarà in libreria dal 5 maggio ma si può già ordinare online.
Dome Bulfaro, sì: poeta, performer, artista, insegnante, tra i fondatori di Mille Gru e una delle anime di Poesia Presente a Monza, uno dei festival capostipiti delle sfide di poesia su un palco, dove contano la parola pronunciata (spoken word), l’interpretazione, il corpo senza mai trasformarli in teatro o rappresentazione scenica. Oggi è presidente della Lips, la Lega italiana poetry slam che ha organizzato il secondo Campionato italiano di poetry slam.
Il volume (334 pagine, 16 euro) si presenta così: «Se credete che la poesia sia noiosa è perché non avete mai partecipato a un poetry slam, la nuova frontiera dell’espressione artistica che ha rivoluzionato il mondo dei live. Chiedetelo a tedeschi, francesi, inglesi e a tutti gli appassionati che abitano in nazioni meno arretrate dell’Italia, paesi dove i poetry slam sono ormai più frequentati dei concerti rock». Dipende dai concerti rock, vien da pensare, ma questo non significa che non sia vero: il poetry slam che si muove su un confine spesso impalpabile tra musica e poesia, ma in assenza di musica, è un fenomeno in rapida crescita che, ricorda la guida, ha portato da una manciata di sfide all’inizio del millennio alle centinaia delle ultime stagioni.
Resta comunque un fenomeno sottopelle, nelle cultura diffusa: e allora per muoversi serve un Virgilio che faccia da guida nell’inferno (godibilissimo) del poetry slam italiano, qualcuno - o qualcosa, la guida appunto - che disponga di «informazioni storiche, riflessioni sociopolitiche, saperi filosofici e antropologici» oltre ad antologizzare criticamente «autori, stili, poesie» e a raccoglie «la più importante serie di interviste ai protagonisti nazionali e internazionali». Nella guida di Dome Bulfaro anche «un glossario pensante, un regolamento riconosciuto in tutto il mondo, e anche una serie di indicazioni pratiche per organizzare e condurre uno slam, oltre a una mappa delle maggiori scene e dei principali campionati mondiali».
di Massimiliano RossinIl bello e il brutto di una cultura o di un fenomeno culturale “liquido” è che è difficile trattenerlo tutto in una volta: perché per ogni certezza c’è un dubbio e per ogni tentativo di categoria c’è un’eccezione che sembra metterla in dubbio. L’acqua, in fondo, non ha nulla se non la forma del suo contenitore: ha la forma che scegliamo di darle. Dome Bulfaro al poetry slam, che liquido è e rimane, ha deciso di dare la forma di un libro, firmando la prima guida italiana alla poesia ad alta voce - per dirla con la meno imprecisa delle traduzioni. Si intitola proprio Guida liquida al poetry slam e la pubblica Agenzia X, sarà in libreria dal 5 maggio ma si può già ordinare online.
Dome Bulfaro, sì: poeta, performer, artista, insegnante, tra i fondatori di Mille Gru e una delle anime di Poesia Presente a Monza, uno dei festival capostipiti delle sfide di poesia su un palco, dove contano la parola pronunciata (spoken word), l’interpretazione, il corpo senza mai trasformarli in teatro o rappresentazione scenica. Oggi è presidente della Lips, la Lega italiana poetry slam che ha organizzato il secondo Campionato italiano di poetry slam.
Il volume (334 pagine, 16 euro) si presenta così: «Se credete che la poesia sia noiosa è perché non avete mai partecipato a un poetry slam, la nuova frontiera dell’espressione artistica che ha rivoluzionato il mondo dei live. Chiedetelo a tedeschi, francesi, inglesi e a tutti gli appassionati che abitano in nazioni meno arretrate dell’Italia, paesi dove i poetry slam sono ormai più frequentati dei concerti rock». Dipende dai concerti rock, vien da pensare, ma questo non significa che non sia vero: il poetry slam che si muove su un confine spesso impalpabile tra musica e poesia, ma in assenza di musica, è un fenomeno in rapida crescita che, ricorda la guida, ha portato da una manciata di sfide all’inizio del millennio alle centinaia delle ultime stagioni.
Resta comunque un fenomeno sottopelle, nelle cultura diffusa: e allora per muoversi serve un Virgilio che faccia da guida nell’inferno (godibilissimo) del poetry slam italiano, qualcuno - o qualcosa, la guida appunto - che disponga di «informazioni storiche, riflessioni sociopolitiche, saperi filosofici e antropologici» oltre ad antologizzare criticamente «autori, stili, poesie» e a raccoglie «la più importante serie di interviste ai protagonisti nazionali e internazionali». Nella guida di Dome Bulfaro anche «un glossario pensante, un regolamento riconosciuto in tutto il mondo, e anche una serie di indicazioni pratiche per organizzare e condurre uno slam, oltre a una mappa delle maggiori scene e dei principali campionati mondiali».