Salta al contenuto principale
Server Donne

la Repubblica, 23 ottobre 2025 Così si è spento il primo server femminista 

Se oggi la rete è progettata e governata da uomini, se gli algoritmi non impediscono al maschilismo di prevalere, se si possono verificare fenomeni come quello del gruppo Fecebook “Mia Moglie”, è anche perché non esiste un server femminista. O meglio, non esiste più. Perché a Bologna nel 1996, mentre nasceva Iperbole, si accendeva anche Server Donne, che ha avuto le sue macchine all’interno del Cineca e ha contribuito a realizzare un approccio di genere all’informatica. Sotto le Due Torri c’era anche la prima sala da Tè Internet per sole donne, che rimase aperta fino al 2014, con cui le femministe si “appropriavano di spazi di divulgazione”. A questa incredibile storia e a come è finita, poco meno di 10 anni fa, tra polemiche che ancora vanno avanti con i vertici dell’associazione Orlando, è dedicato il libro di Marzia Vaccari, che insegna a Scienze Politiche dove tiene un corso sui Media digitali e di genere. Presentato in Salaborsa, il libro Server Donne, corredato dell’ironico sottotitolo Leccami la password, è ancora in grado di far discutere e riflettere. «Oggi che le macchine virtuali sono state spente, che la memoria digitale ci ha illuso di essere permanente e invece è fragilissima – ha spiegato Vaccari – ho capito che solo la carta rimane e a un libro ho affidato la storia di quella macchina che è stata la mia vita ». La congiuntura era particolare: l’arrivo di molti fondi europei, l’utopia di riuscire a pensare una rete che non fosse dominata da logiche di profitto ma servisse per “socializzare i saperi senza creare poteri”, come ha ricordato Marco Philopat della casa editrice “Agenzia X” e la grande vivacità del femminismo bolognese. Così, come ha raccontato Federica Fabbiani, principale animatrice di Server Donne, ci si mise all’opera. «Il nostro progetto politico era sapere dove stavano le macchine e chi e come le governava per incidere davvero – ha spiegato – A un certo punto abbiamo fatto anche un motore di ricerca femminista, la “Cercatrice di rete”, per dimostrare che istruendo la macchina con parole diverse si ottiene un’altra realtà. Purtroppo il progetto nato per combattere l’oblio è caduto nella sua stessa trappola». Per le attiviste gestire un server era «l’unico modo per non vivere in affitto nei server digitali, per avere non un femminismo in rete ma della rete e rispondere domanda: qual è l’immaginario che oggi sta nutrendo le macchine cognitive? » All’accusa di Vaccari a Orlando («L’ironia amara è che siamo una voce silenziata – si legge nel libro – Orlando presenta la Biblioteca e l’Archivio come rappresentativi di tutte le donne, quando invece esprimono solo un femminismo diventato egemonico o forse non più realmente femminista») ha risposto Fernanda Minuz, che è stata presidente dell’associazione. «Non abbiamo più la disponibilità economica per quell’esperienza – dice Minuz – però ci sono ancora server indipendenti e un laboratorio cyberfemminista». Ma per Giancarla Codrignani, scrittrice e intellettuale, la ferita che portò allo spegnimento di Server Donne, anche per ragioni economiche, brucia ancora: «Sono stata molto offesa che un grande progetto sia stato non solo non compreso, ma distrutto, si potevano chiedere i danni, adesso tocca alle nipoti uscire dall’ingorgo». Un ingorgo in cui ci troviamo tutti, tanto che Maria Chiara Risoldi chiosa: «Questo è un libro da far leggere nelle scuole, dimostra anche che il personale è politico».

di Eleonora Capelli

Radio popolare, 20 maggio 2025Server Donne

Al minuto 41.00 del podcast della trasmissione “Sui Generis” del 20 maggio 2025 possiamo ascoltare l’intervista a Marzia Vaccari sul suo libro Server donne. Leccami la password
Ascolta

a cura di Elena Mordiglia

almagulp.it, 3 aprile 2025 Il libro del Server Donne

Dalla casa editrice Agenzia X, un libro che rompe il silenzio sulla scomparsa del Server Donne. Il libro ricostruisce la storia del Server Donne attraverso un meticoloso lavoro di archeologia digitale. Un invito a immaginare mondi in cui stare in amicizia con le macchine per poter abitare insieme la complessità del mondo. 
Il libro ripercorre la storia di un’infrastruttura unica, alternativa al capitalismo delle piattaforme, che ha osato “genderizzare le tecnologie della comunicazione e dell’informazione”. Prima che esistessero i “recinti dei social” che ci chiudono nelle piattaforme e l’avvento della “ragione algoritmica” delle AI che ambisce a dire “il vero”, un gruppo di tecnologhe femministe aveva costruito macchine femministe quando nessuno credeva fosse possibile. Il motore di ricerca Cercatrice di rete sfidava Google non per competere, ma per liberare e il Server Donne creava uno spazio digitale “privo di censure e gerarchie” dove la password non era una barriera, ma un invito alla condivisione e alla sovversione delle logiche proprietarie. 
Il sottotitolo Leccami la password diventa emblema della loro opposizione all’idea che la tecnologia è neutrale, ma soltanto una nuova maschera del patriarcato. Il Server Donne non è semplicemente scomparso: è stato cancellato in nome di logiche di potere incapaci di apprezzarne il valore. Il sottotitolo Leccami la password racchiude l’essenza di una battaglia di resistenza: ciò che doveva essere uno strumento di accesso condiviso è diventato simbolo di un’esclusione forzata. 
Quando hanno chiesto le password al gruppo di tecnologhe che aveva mantenuto in vita per oltre vent’anni il Server Donne, non chiedevano semplici credenziali, ma la sottomissione a un sistema che non comprendeva la passione politica e il valore del lavoro svolto. La password, da strumento tecnico, si è trasformata in metafora politica di “resa” incondizionata. Un tentativo di recuperare la memoria di un’infrastruttura digitale che forniva un concreto supporto per l’auto-organizzazione femminista e queer italiana. 
Questo libro è un atto di riparazione, un tentativo di recuperare non solo la memoria di un’infrastruttura digitale che forniva un concreto supporto per l’auto-organizzazione femminista e queer italiana, ma di una visione del mondo dove si può stare in “amicizia politica e affettiva con le macchine informatiche”. Il libro è anche una narrazione di come si può ricostruire la memoria di comunità politiche non più attive, attraverso raffinate tecnologie di recupero delle fonti perdute. È un “atto di resistenza” contro la smemorizzazione compiuta dallo strapotere dei giganti tecnologici. Fare archeologia digitale significa recuperare non solo dati, ma un modello alternativo di abitare la rete nell’era della sorveglianza capitalista che appare più necessario che mai. Il libro non è un’operazione nostalgica, ma un tentativo di riattivare possibilità interrotte, un manuale di istruzioni per chi ancora crede che un’altra tecnologia, deliberatamente femminista, queer e decoloniale, sia possibile. 
Il libro è ordinabile presso la casa editrice Agenzia X un laboratorio editoriale che pubblica libri al confine tra narrativa e saggistica. È acquistabile anche in formato epub e presso qualsiasi libreria.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza. Cliccando su qualsiasi link in questa pagina, dai il tuo consenso al loro utilizzo.

Non usiamo analitici... Clicca per più informazioni