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Con le parole ovunque
ReWriters , 6 ottobre 2021 Il primo libro sulla poesia di strada, street art che esportiamo in tutto il mondo
“La poesia di strada è una crepa nello spazio urbano, un’azione che rompe la prevedibilità della visione e al contempo mette in relazione chi scrive e chi legge con un luogo, un angolo, un isolato”. Così inizia Con le parole ovunque – poesia di strada e sovversione dello spazio urbano (AgenziaX, marzo 2021), il primo libro che racconta un fenomeno di creatività urbana che nasce e si sviluppa quasi esclusivamente nel nostro paese, la poesia di strada, appunto. Un volume che è il risultato di una sinergia tra due sensibilità complementari: Francesco Terzago e MisterCaos.
Terzago, sfornato dalla Scuola Holden di Torino, dopo aver trascorso due anni in Cina, a Guangzhou, grazie a delle borse di ricerca per indagare il fenomeno della Street Art, è stato voluto dal Guangdong Museum of Art. MisterCaos, artista, ha organizzato il “Toxic Of Paint 2015”, con graffitari, street artist e poeti di strada provenienti da tutto il mondo per dipingere su uno stesso muro, dando vita al più grande evento di arte urbana in Europa, e nello stesso anno ha diretto il “Festival Internazionale della Poesia di Strada”.
Mentre nel libro Terzago illustra il fenomeno della poesia di strada attraverso brevi saggi capaci di raccontare storia, genealogia, protagonisti e caratteristiche antropologiche del fenomeno, MisterCaos impreziosisce questa pubblicazione con il suo lavoro di ricerca storico-filologica inserendo oltre 40 schede autore, 100 fotografie documentali, mappature e timeline.
Una pubblicazione ricca di fotografie, infografiche, riflessioni linguistiche, socio-culturali; materiale di intervista che testimoniano il progressivo mutamento delle superfici murali delle nostre città negli ultimi vent’anni. Un viaggio nel quale i due autori sono i Virgilio di un fenomeno che, solo in Italia, raggiunge certe forme acquistando coscienza, e che continua una felice tradizione di riflessioni sullo spazio urbano e sulla creatività che si manifesta in questo contesto, senza intermediazioni e senza che esso dipenda dai sistemi istituzionali della cultura e dell’arte.
Nella sua forma contemporanea la poesia di strada in Italia inizia a delinearsi nella prima metà degli anni duemila, quando per le nebbiose e umide strade lombarde compaiono in modo sempre più costante le scritte di una manciata di autori. Molte di ivan, degli Eveline e degli H5N1 e del collettivo Opiemme. Nel giro di qualche anno molti altri poeti e collettivi cominciano a sperimentare questa forma espressiva e creano realtà che tuttora contaminano le strade e i muri di tutta la nostra penisola. Cioè: i Poeti der Trullo e Decle a Roma, il MeP a Firenze, Davide DPA a Lecce, Francesca Pels a Milano.
Uno degli obbiettivi di questa pubblicazione è quello di fotografare la poesia di strada nelle sue forme peculiari che la rendono unica e irriducibile agli altri linguaggi dell’arte urbana, senza però cristallizzare, né rendere immutabile, la sua identità. Un’identità liquida, o meglio fluida e non del tutto riassorbibile, proprio come la società in cui viviamo: una macchia d’olio che scivola sulla superficie dell’acqua.
Con le parole ovunque riesce a mappare questo vasto ed eterogeneo mondo. I poeti di strada sono centinaia e, da nord a sud, diffondono parole nello spazio urbano, così si riappropriano della città, con un dialogo inesauribile, insieme ai suoi abitanti: “Anche se la poesia di strada l’ho inventata io, la poesia in strada, le parole in strada ci sono sempre state: per me è andare a ricostruire oltre al significato una funzione del linguaggio che possa produrre nuove società: perché è solo attraverso il linguaggio che vai a creare i mattoni dell’oggi e del domani”, dice Ivan Tresoldi, in arte ivan, il più noto poeta di strada del mondo.
Uscendo di casa si possono incontrare innumerevoli interventi che intercettano un pubblico ogni giorno più vasto ed eterogeneo. Non un’entità compatta ma una moltitudine di individui provocati al pensiero, un’intensa opera di agitazione culturale. In modo analogo anche i messaggi veicolati dagli autori hanno sfumature e intenti diversi: ogni voce, così come ogni reazione possibile, è inevitabilmente influenzata dal contesto in cui occorre. Proprio per questo la poesia di strada ha un’identità aperta e si caratterizza come un sistema multiforme in cui la relazione tra tutti gli elementi in gioco costituisce lo spazio in cui si registra l’originalità di questa proposta.
ReWriters ha scelto proprio ivan per le sue copertine del mag-book 2021, che sono diventate opere d’arte della collezione ReWriters Web Art Gallery, esposte per la prima volta al ReWriters fest. di ottobre 2021: “Poeta di strada, provocatore, colorista, coraggiosa avanguardia della vita, ivan – racconta Rory Cappelli di ‘la Repubblica’, che ha curato il catalogo della mostra Rompi le scatole! del ReWriters fest. – è alto, magro, ha i capelli lunghi, porta felpe, jeans e scarponi tutti pieni di macchie di colore, colate sopra gli abiti dai muri o dai supporti sui cui crea e dona corpo e specificità alle sue visioni poetiche. Ha dipinto centinaia di poesie di strada: in Europa, Stati Uniti, Africa e Sud America, ha esposto in oltre 250 mostre collettive in tutto il mondo da Cuba ad Haiti, dall’Albani al Libano. Parla nervoso, velocissimo, ma, soprattutto, in rima. È l’autore di alcune tra le frasi più amate dei social, che da anni rimbalzano da una bacheca a un’altra, rimbalzi in cui, nel cammino, sono riuscite a realizzare l’intento di ivan: diventare parole da tutti per tutti. ‘Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo’, per esempio, una frase che aveva scritto nel 2003 sui muri della Darsena di Milano e che ogni tanto riemerge per suscitare un coro di mi piace, cuori e riflessioni sulla profondità del giardinaggio. Una frase che ha voluto vergata all’interno di un arabesco dal sapore iraniano per la copertina del MagBook – il giorna-libro di ReWriters – dedicato alla musica. Sullo sfondo rosso la frase si ripete con l’alfabeto leet, composto da lettere, numeri e simboli: se si lascia la mente libera si riescono a leggere parole e frasi. Un alfabeto che nasce con il web, usato anche dal rapper diciottenne di Fiumicino Tha Supreme; ivan cita e mescola, senza limiti: il leet con il classicismo di certa arte, la poesia con la durezza dei muri. Un po’ graffitaro, con la sue tecniche miste, tanto poeta, molto artista di strada, ivan è una fucina di idee”.
Il 28 gennaio 2021, ivan ha realizzato in.parola, in collaborazione con emi.artes, un murales dedicato proprio a ReWriters, in via Bussola 4 sulle pareti di Artkademy nel cuore della Barona, il quartiere dove è nato, nella periferia sud-occidentale di Milano.
di Eugenia Romanelli
Altreconomia, ottobre 2021Gettando parole al vento come semi: sui muri fiorisce la poesia di strada
Il movimento è nato nel 2013 con il primo festival internazionale a Milano. Un fenomeno che rappresenta sia una forma d’arte e di scrittura, sia un modo di utilizzare lo spazio pubblico, in particolare quello urbano. Un libro ne racconta le origini e le diverse declinazioni, tra rime, stencil e impegno politico.

Attacchinati sotto i portici di via Riva di Reno e di via Galliera, a Bologna, ci sono alcuni fogli A4: portano stampati dei versi e la firma di un autore. Altri testi sono scritti direttamente sul muro, affinché chiunque passi per strada possa fermarsi a leggerli. Sono esempi di poesia di strada, fenomeno che rappresenta allo stesso tempo una forma di scrittura e di arte e un modo di approcciare e utilizzare lo spazio pubblico, in particolare in ambito urbano. Una scena artistica che coinvolge migliaia di giovani in tutto il mondo.
Nella primavera del 2021 è uscito per Agenzia X (agenziax.it) un libro che indaga e racconta la genesi di questo movimento in Italia, Con le paro-le ovunque. A firmarlo sono Francesco Terzago (francescoterzago.it), membro del centro studi sulla creatività urbana Inopinatum dell’Università degli Studi suor Orsola Benincasa di Napoli, e Mister Caos, una figura di riferimento della poesia di strada italiana il cui vero nome è Dario Pruonto (mistercaos.com). Per spiegare la poesia di strada, abbiamo dialogato con entrambi, a partire dalle parole di ivan – il cui vero nome è Ivan Tresoldi, uno dei poeti di strada più riconosciuti e longevi – riportate nella quarta di copertina del libro: “La poesia di strada nasce gettando paroletra le vie, pugni di semi nel vento”.
Le parole come semi, quindi, a disposizione di un pubblico universale, il passante. Chiedersi chi fa poesia di strada, come la fa (cioè le scelte stilistiche), dove e perché la fa, è utile a comprendere la genesi del fenomeno e la sua evoluzione. “Il desiderio che guida gli attori di questa scena artistica è, in molti casi, proporre una poetica accessibile e popolare – racconta Terzago. La poesia di strada è una forma di scrittura che non necessariamente entra nello spazio letterario. Questo non significa affatto che chi oggi affronta un percorso poetico di questo tipo non abbia riferimenti letterari, ma semplicemente che non cerca di rispondere ai canoni della letteratura, mentre il suo percorso di formazione può aver toccato anche temi di attualità politica o aver lambito i movimenti transfemministi”.
“Per alcuni, la strada è un modo alternativo per diffondere la propria poesia, cioè per farsi leggere, ma è molto più vasta nel movimento la realtà di quanti, che siano singole persone o collettivi, scelgono di intervenire in modo spontaneo per poter in quel modo affermare qualcosa, un’idea”, spiega Mister Caos.
Anche se esistono autori che arrivano dall’ambiente dei centri sociali e propongono una scrittura politica, con uno spirito impegnato (è ad esempio il caso di ivan) altri nascono nel mondo dell’arte urbana o del writing, approcciano la poesia di strada partendo dal mondo delle discipline grafiche. Ci sono anche quanti, invece, arrivano dalle facoltà di letteratura o di filosofia. Questa eterogeneità si riflette – come evidenziano le schede degli autori contenute nel libro – in una grande diversità delle influenze – che vanno da Giovanni Pascoli alla beat generation, dai graffiti a Gabriele D’Annunzio – e dei modi di fare poesia di strada. Sono otto quelli principali individuati dai due autori e vanno dalla scrittura libera alla calligrafia, passando per lo stencil, le performance, il paste up (stampe incollate sui muri), gli sticker e la realizzazione di piccole aiutano a capire che alla poesia di strada può accostarsi chiunque, da ogni punto di partenza: tra gli autori ce ne sono di già pubblicati e di esordienti, soggetti che “si oppongono alla letteratura in termini convenzionali” (come dice Terzago) e altri che approcciano questo mondo per affacciarsi a quello letterario. Tra i poeti di strada recensiti nel libro c’è, ad esempio, Gio Evan, oggi scrittore affermato e riconosciuto ma anche cantautore che nel 2021 ha preso parte a Sanremo giovani. L’idea del libro è offrire al lettore una piattaforma per individuare l’architettura del fenomeno. Uno degli elementi caratterizzanti, così, è definirne una data d’inizio: anche se esistono alcune esperienze, come quella di ivan, attivo fin dai primi anni Duemila, quello che si può definire movimento (“Ed è tale quando raccoglie tante figure”, sottolinea Mister Caos) è nato nel 2013. Quell’anno Milano ospita il primo festival internazionale della poesia di strada. Negli anni successivi l’appuntamento si sposta a Genova (2014), Roma (2015), Lecce (2016) e San Donato Milanese (2017). L’ultima edizione ha visto la partecipazione di oltre 40 autori.
Il fenomeno della poesia di strada prende corpo nelle maggiori città italiane, in particolare a Milano e a Roma, anche se in modo profondamente diverso: nel capoluogo lombardo nasce nel periodo in cui la città era amministrata prima da Gabriele Albertini e poi da Letizia Moratti, e ha una connotazione politica, di opposizione rispetto a una politica del decoro. Nella Capitale, invece, ci sono esperienze che si rifanno all’esempio della poesia popolare, con un riferimento a quella di Trilussa.
Dalle città, però, la poesia di strada si sposta anche nei piccoli centri. Come raccontano Terzago e Mister Caos, del resto, “fare poesia di strada” è semplice: “Se hai una poesia, ti serve solo che ci sia uno spazio per renderla pubblica. Io – racconta Mister Caos partendo dal proprio vissuto ho iniziato con i poster. Ma c’è anche chi pubblica poesia sul retro di vecchie carte da gioco che distribuisce”.
La biodiversità è talmente grande che la poesia di strada non ha bisogno di un Manifesto che ne definisca confini e canoni, come spesso accade in letteratura, e nemmeno il libro pubblicato da Agenzia X vuole esserlo. Secondo i due autori, siamo di fronte a un “fenomeno da cristallizzare, senza volerne però dare una definizione”, perché è “qualcosa che sta accadendo in uno spontaneismo creativo”. “Ci siamo voluti opporre a quanti ci chiedevano di scrivere un Manifesto, perché come strumento esso appartiene a stagioni culturali diverse dalla nostra: alla poesia di strada, un contenitore estremamente poroso, non servono regole e dispositivi da interpretare per appartenere alla categoria”, spiega Terzago.
Per capire davvero la poesia di strada, secondo Mister Caos, è utile considerare altri aspetti, considerando ad esempio che “scrivere in uno spazio urbano è inevitabilmente un atto politico”, ed è vero “anche quando si scrivono versi che non hanno apparentemente un significato di quel tipo”. A definire la natura dell’atto, infatti, è l’approccio allo spazio: “È un’arte pubblica, partecipata e condivisa. Spesso le mie poesie di strada nascono da un’azione di co-progettazione, una ricerca che è quasi urbanistica e sociale”, sottolinea Mister Caos. Questo fa sì che anche gli “strati” di lettura di un testo siano molteplici. Leggiamo insieme una delle sue poesie di strada (“Se non lasciamo futuro siamo passati per niente”) e Mister Caos sottolinea che potrebbe essere letta come una frase politica che accompagna le lotte di un movimento come Fridays for future ma anche come un singolo verso estrapolato da una poesia più lunga, con tutt’altro significato.
Senz’altro la dimensione performativa è una delle caratteristiche del fenomeno: chi fa poesia di strada scrive alla luce del sole, si confronta con le persone che vivono o attraversano i quartieri. Questo offre ai poeti di strada un sentiero che permette loro di sottrarsi ai percorsi di “cosmesi urbana” (definizione di Francesco Terzago) con cui oggi chi amministra affronta la questione delle periferie, invitando gli artisti a fare un “pezzo” utile solo a scattare un selfie da usare su Instagram, senza parlare mai con chi vive in quelle case popolari, senza conoscerne i desideri o le difficoltà quotidiane. Ecco che la poesia di strada, quando nasce da vere performance nei quartieri, diventa sovversione dello spazio urbano, come spiega il sottotitolo del libro.
di Luca Martinelli
wall:out magazine, 21 settembre 2021Con le parole ovunque: l’intervista
Francesco Terzago e Paolo Puorro sono gli autori della recente pubblicazione Con le parole ovunque. Il volume, edito da Agenzia X, è una raccolta di saggi di Terzago e di testimonianze scritte e fotografiche di MisterCaos sulla poesia di strada in Italia.

Carissimi Francesco e MisterCaos, prima di addentrarci nella discussione sul vostro nnuovo libro, presentatevi ai lettori di wall:out.
Francesco: Io ho studiato Linguaggi e tecniche di scrittura a Padova e Story telling politico alla Scuola Holden di Torino, sono autore di poesie, saggistica e racconti fotografici da una decina d’anni. Ho collacorato con riviste e istituzioni accademiche, anche come insegnante di italiano. Mi piace pensare di essere sempre in movimento sul confine tra parole e immagini.
MisterCaos: Io mi occupo a 36° gradi di poesia di strada. Autodidatta, studio e pratico l’inserimento di parole nello spazio urbano da poco meno di un decennio, in forma libera e indipendente. Ho collaborato con diversi festival ed associazioni, e ho avuto l’opportunità di esporre i miei òavori per mostre e gallerie, a cielo aperto e non. In via privata, mi occupo anche di comunicazione digitale.

La poesia di strada, così come la street art, è per natura effimera. BViene consciamente “regalata” alla strada. Quali sono state le vostre riflessioni in merito alla documentazione permanente di un fenomeno fugace?
F: Era nostra intenzione documentare la poesia di strada non come “bene culturale” fatto e finito ma come processo e quindi il fenomeno in divenire, in tutte le sue forme. Il nostro libro non è un ricettario, ma una raccolta di elementi che cercano di descriverne la storia (recente), il ruolo sociale e la contaminazione dello spazio urbano.
M: Abbiamo messo su carta la nostra risposta alla domanda “Che cos’è la poesia di strada?”; non per archiviarne una definizione oggettiva e universale, ma per documentarne l’importanza in quanto fenomeno storico, artistico e sociale.

Sul confronto tra street art, graffiti e poesia di strada, mi viene in mente come nell’intervista per wall:out, Rois_One mi avesse comunicato l’intenzione di adottare un linguaggio decodificabile dal pubblico e che non si rivolgesse più, in via quasi del tutto esclusiva, alle comunità di writers, dove buona parte del gesto sta nella firma, e quindi nella dichiarazone di “presenza” dell’artista stesso. In questo senso la poesia di strada nasce già con l’intenzione di rivolgersi a tutti, e talvolta non è nemmeno riconducibile a qualcuno. Mi chiedo, perciò, quanto sia importante per te, MisterCaos, che le tue poesie siano chiaramente riconducibili alla tua identità artistica.
M: Effettivamente ne vengo anch’io dal modo dei graffiti, che sono stati fonte di attrazione personale per il ruolo comunicativo che adottano. Il nome MisterCaos è infatti figlio di quell’eredità urbana e dalla necessità di agire nell’anonimato quando con l’affissione di alcune poesie protestai contro alcune minacce di stampo mafioso nel mio quartiere.
Poi ho capito che quello che mi aveva portato ad adottare il linguaggio della poesia di strada era proprio il rapporto faccia a faccia con il luogo in cui operavo, le persone con cui mi interfacciavo e le dinamiche che ne scaturivano; di conseguenza ho abbandonato l’anonimato e ho mantenuto il nome d’arte perché tutt’ora ci tengo ad instaurare un dialogo chiaramente riconducibile a me. Voglio essere un interlocutore raggiungibile.

Sul tema dell’identità artistica ero curioso di sentire un breve resoconto delle osservazioni fatte in merito da Francesco durante il suo periodo di vita e studi sull’arte urbana a Guangzhou, in Cina.
F: Io ero partito per la Cina proprio con l’idea che la street art associasse al suo gesto una necessità politica o di urgenza sociale. La mia esperienza invece mi ha fatto capire che in moltissimi casi c’è semplicemente una volontà personale di “brandizzarsi” e di aumentare la propria visibilità in quanto artisti. All’epoca del mio viaggio (’12 -’14), la Cina aveva una delle legislazioni più permissive nei confronti degli artisti di strada, ovviamente a patto che non ci fossero critiche nei confronti del governo cinese. La Street art in Cina, infatti, fa parte di quel soft power anglo-americano che ha sostituito e cancellato buona parte delle forme di creatività urbana originali dell’Asia, assumendo al tempo stesso un ruolo di “innocuo” muralismo. Questo per dire che l’arte urbana in generale assume ruoli e funziona secondo dinamiche diverse a seconda del luogo e del periodo storico in cui si manifesta.

A proposito di analisi su più fronti, il vostro volume mi ha coinvolto proprio perché è una raccolta di elementi diversi fra loro (saggi, foto, racconti etc.) che insieme compongono un mosaico vivo e coerente. Come avete deciso la struttura del libro?
M: Io mi sono rivolto a Francesco perché lo stimo come saggista e linguista, e sapevo che avrebbe potuto aiutarmi nella realizzazione di quest’opera. Alla fine la struttura si è formata in fieri. Siamo partiti con una sua analisi e abbiamo proseguito aggiungendo un tassello alla volta, prima le mappe, poi le schede autore… fino al glossario e alla galleria di foto.
F: Io, pur essendo all’interno del mondo della poesia, ho avuto bisogno di rivolgermi a Caos per attingere dalla sua conoscenza ed esperienza dell’aspetto “urbano”, e ho sempre cercato di trattare il fenomeno da una certa distanza prospettica, onde evitare pregiudizi o protagonismi. Volevamo un libro “agile” e non un manifesto.

Siete soddisfatti del lavoro svolto? Avete in piano di pubblicarne una versione aggiornata?
M: È stata un’esperienza molto complicata, forse più del previsto. Sicuramente non saremmo riusciti a renderlo un lavoro completo senza l’aiuto di altri poeti di strada come ivan, Er Pinto e Decle che hanno spinto il progetto e hanno ampliato la nostra rete di contatti, alcuni altrimenti irraggiungibili. Io poi non ho mai smesso di cercare e di annotarmi gli altri attori e le altre realtà legate alla poesia urbana, per cui l’intenzione di proporne una versione aggiornata c’è sicuramente. Il mio sogno poi sarebbe di allargare il focus fuori dall’Italia e quindi di raccontare la scena europea, quella sud-americana o asiatica.
F: Rimanendo in Italia si potrebbe invece approfondire il passato di questa pratica che noi abbiamo analizzato solamente fino ai primi anni 2000. Non c’è limite a quanto indietro ci potremmo spingere… potrebbe venirne fuori un Silmarillion della poesia di strada (ride).

Da buon wall:outer non posso lasciarvi andare senza chiedervi qual è il vostro rapporto con Genova e la Liguria?
M: La mia prima volta con Genova è stata nel 2014 quando fui ospite della seconda edizione del Festival internazionale della poesia di strada, che fu organizzata da Emanuela Caronti, co-fondatrice di Walk the line. Appena ventenne, fu una delle prime occasioni per me e per i miei amici di “operare” fuori dai confini milanesi e della Lombardia, quindi eravamo davvero entusiasti. Fu sicuramente un dialogo crudo e produttivo con la città, avendo scritto giorno e notte per i muri e le saracinesche di via Pré, tra le chiacchiere con anziani, prostitute e carabinieri. Quest’estate ho poi avuto modo di partecipare al FestivArt di Lavagna che per il secondo anno ha ospitato tanti artisti ed incontri sul tema dell’arte urbana. Ne approfitto per ringraziare la giunta civica della città che lavora sempre molto duramente per far sì che una manifestazione tale possa avvenire anche in un momento difficile come questo. La Liguria è genuina e ha davvero tanto da dire e da dare, ma si percepiscono la fatica e le difficoltà burocratiche da navigare per far sì che tutto questo accada.
F: Genova ha del fuoco sotto le braci ed è sicuramente una piazza importante per il mondo della comunicazione. Io che vivo a La Spezia parlo per esperienza quando dico che secondo me la Liguria pecca di memoria corta in merito al proprio passato letterario che ha visto il passaggio della Neoavanguardia e di autori di grande rilevanza come Franco Fortini e Giovanni Giudici. Anche in ambito accademico non si attinge abbastanza da questo importante retaggio storico-culturale…

Vi auguro di trovare presto ulteriori stimoli per il futuro della vostra collaborazione!
Grazie! A presto
Francesco M.
www.pulplibri.it, 9 giugno 2021 Terzago & MisterCaos: Caccia al tesoro vista muro
Ritornare alla strada, tra un periodo di restrizioni e l’altro, è diventata una necessità più che fisiologica, ma spesso poco pensata e priva di implicazioni politiche lineari e linearmente comprensibili, smarrite all’interno di un groviglio biopolitico e ideologico talvolta difficile da districare. Tuttavia, pensare (e scrivere) questo ritorno ha un’importanza culturale e politica fondamentale, ulteriormente ravvivata dal contributo della street art (definizione provvisoria, in quanto imprecisa e manchevole, che comunque ha la capacità di includere vari fenomeni, anche molto diversi tra loro, nella propria nebulosa) e della poesia di strada.
È un contributo, quest’ultimo, ormai ampiamente storicizzato e variamente dibattuto, in virtù di una serie di specificità che hanno costantemente aperto e riaperto la questione della sua intellettualizzazione, nell’approccio critico, e della sua storicizzazione. Per fare un esempio, risale ormai a cinque anni fa una nutrita e interessante polemica sulla musealizzazione della street art, in occasione della mostra “Street Art – Banksy & Co. L’arte allo stato urbano”, organizzata a Bologna nel 2016. Se manca, qui, lo spazio per ripercorrere le tante vie prese da quel dibattito, è però opportuno sottolineare che un libro che cerchi di indagare, e al tempo stesso far emergere la poesia di strada, potrebbe incorrere negli stessi rischi, all’interno di un’operazione di appropriazione dai confini intellettuali peraltro non congruenti con quelli dell’oggetto di studio e testimonianza.
È un rischio che Con le parole ovunque – firmato da due conoscitori molto ravvicinati della questione come Francesco Terzago e MisterCaos – riconoscono e affrontano molto bene. Già nell’incipit della quarta di copertina si può leggerne l’intento programmatico: “Questo volume non è solo un libro. Queste pagine, strappate dalle strade e dai muri, sono da ristrappare e rincollare su altre strade, su altri muri”.
Vi è, dunque, la piena consapevolezza culturale e politica del tentativo in atto, ma anche della necessità di mantenere un grado di apertura tale da rendere questa molteplicità di esperienze ancora, e di nuovo, fruibili. Non si tratta, dunque, di pervenire a un’indagine accademica, rovescio della medaglia di una ben più prosaica indagine poliziesca: pur provenendo da consolidate esperienze collettive di studio e di attivismo culturale (Terzago, ad esempio, è membro del centro studi universitario Inopinatum e dell’osservatorio Inward sulla creatività urbana, oltre ad aver fondato, insieme ad altri poeti, il collettivo ligure Mitilanti, con un formidabile pun su quella militanza che lo stesso collettivo esprime attivamente), il libro si compone di diverse parti, nelle quali non manca, senza comunque risultare dirimente, l’approccio saggistico e teorico. Dei vari spunti rintracciabili in questi scritti, sembra opportuno segnalare la frequenza con la quale Terzago, autore di buona parte di questi interventi, aggira la questione (del resto, di derivazione inequivocabilmente crociana) della definizione della “poesia” nel sintagma “poesia di strada”; Terzago preferisce, invece, un approccio descrittivo, meno (inutilmente) selettivo e più vicino alla sociologia urbana (seppure da una prospettiva consapevolmente eterodossa ed obliqua); del resto, conviene certamente ricordare che la componente “di strada”, nel sintagma, è egualmente importante rispetto alla componente “poetica”.
A questi interventi di Terzago si aggiungono le schede elaborate da MisterCaos, un primo censimento che è consapevolmente mostrato come provvisorio e non esaustivo, quindi per nulla “canonizzante”, di un’esperienza in divenire e, quindi, fortemente mutevole. La mappatura – che non è per nulla autoreferenziale, al di là dell’auto-inclusione dei curatori e collaboratori – si avvale di un apparato grafico e iconografico accattivante, ma che resta talora di difficile fruizione nelle pagine in bianco e nero (risultando, invece, più efficace nell’appendice finale, dedicata alle “Poesie scomparse”, ovvero alle “poesie di strada che non ci sono più”, poiché questa è un’appendice a colori e con immagini di dimensioni maggiori e con una migliore definizione).
Molto godibile è poi la sezione “Scegli un muro e lascia il tuo segno”, firmata da Marco Philopat a seguito di tre incontri, nel corso dell’estate 2020, con ivan, uno dei punti di riferimento più condivisi da parte del “movimento” della poesia di strada qui raccontato: scegliendo una modalità stilistica vicina al flusso di coscienza e a certi stilemi balestriniani, Philopat restituisce voce, in modo assai verosimile e accattivante, e al tempo stesso prudentemente rispettoso, all’esperienza biografica e artistica di ivan. A ivan, inoltre, viene data direttamente parola nella sezione precedente, con il testo “Devi scrivere una poesia”, datato autunno 2020, che mescola in modo convincente stilemi di diversa matrice, in un testo che mostra anche una costruzione ritmica vicino alle metriche da strada del rap.
Chiudono il libro un “glossario” che fornisce ulteriore spessore critico alla disamina del fenomeno della poesia di strada, aggiungendo affondi molto interessanti, tra i quali si può scegliere, a titolo di esempio il seguente: “Se la poesia di strada può accogliere in sé pratiche effimere (se può per esempio utilizzare colori acrilici che deperiscono rapidamente), allora può forse fare sue ulteriori tecniche, può sabotare la pubblicità, sostituirsi alla cartellonistica luminosa, edificare effimeri paesaggi e usare la proiezione. Così acquisirebbe un repertorio di tecniche già ampiamente registrate nell’ambito della comunicazione politica, della creatività urbana, dell’arte contemporanea e della street art. Questa tensione verso la riapertura del discorso diventa definitiva con la conclusiva “Caccia al tesoro”, dove il lettore stesso è chiamato a partecipare al gioco della poesia di strada, allo scopo di risignificare i “luoghi che parlano la lingua della marginalità, lontano dai centri di potere”. Un gioco serissimo e sempre più importante in questo 2021 non ancora post-pandemico, per tornare alla strada e alla poesia di strada con rinnovata capacità critica e operativa.
Lorenzo Mari
TuttoMilano, 22 aprile 2021 La centralità della parola
La poesia di strada? È viva e lotta assieme a noi. E adesso un libro ne ripercorre la storia. “Un primo backup delle esperienze di questo tipo. Ma continueremo a mapparle”

Vent’anni fa, ivan scriveva su un muro in Darsena “Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo”, a gennaio 2020 MisterCaos ha realizzato la poesia di strada più grande al mondo a San Donato.
In mezzo c’è la storia della poesia di strada milanese e italiana, raccontata, catalogata e mappata nel libro Con le parole ovunque di Francesco Terzago e MisterCaos (Agenzia X). Si va dai collettivi universitari temporanei e semi-improvvisati ai professionisti dei versi scritti o affissi ai muri, c’è chi ha un background letterario e chi viene dai graffiti, chi è influenzato dal design e dalla comunicazione pubblicitaria, qualcuno ha pubblicato libri di poesi, altri hanno un’idea anti-editoriale della poesia.
A distinguerli da street-artist e graffitari è la centralità della parola. In vent’anni Milano è stata la città italiana in cui sono stati scritti più versi di strada, non sempre senza intoppi: nel 2018 Ivan Tresoldi, l’autore più longevo, è stato condannato a 500 euro di danni per imbrattamento in un processo del Tribunale di Milano in cui Comune e Aler si sono costituiti parte civile.
«Il libro è un primo “backup” di tutte queste esperienze spontanee, ma l’idea è quella di continuare a mapparle e raccontarle», spiega il milanese MisterCaos, all’anagrafe Dario Pruonto, classe 1992.
«Per quest’anno abbiamo in cantiere una specie di Festival e appena si potrà cominceremo a presentare il libro con eventi ad hoc che cambieranno i luoghi in cui andremo, sempre coinvolgendo gli abitanti, perché non esiste rigenerazione urbana senza quella sociale». Per avere un’idea di cosa significhi coinvolgere i cittadini, basta guardare la sua ultima opera Viavai: una scritta di 11mila metri quadrati sul muro insonorizzante della ferrovia di San Donato Milanese realizzata con circa 350 litri di vernice bianca diluita al 70% che dice “Vai via da questo via vai”. L’edificio, realizzato nel 1992, è una barriera fisica e sociale che ha ghettizzato il quartiere in cui l’artista è cresciuto rispetto al resto di San Donato e Milano, e ha reso via Di Vittorio – detta “la via” – uno posto malfamato. MisterCaos ho realizzato l’opera a gennaio dell’anno scorso e l’ha annunciata ai media a settembre: per otto mesi nessuno a Milano se ne è accorto salvo gli abitanti del quartiere dai tetti e dai balconi a ridosso della ferrovia. Tutt’oggi la poesia di strada più grande al mondo, finalista al premio Arte Laguna di Venezia, è visibile solo dai satelliti e dagli abitanti dei palazzoni. Quelli che Milano non vede ma che vedono Milano.

Versi da una città
E se tutti noi fossimo sogni che qualcuno sogna, pensieri che qualcuno pensa? La domanda di Pessoa sembrerebbe il perfetto esergo a un racconto dedicato alla quinta edizione di “Parole Urbane”, rassegna poetica promossa dall’Associazione Fornasetti Cult. Curata dal poeta Stefano Raimondi, con la collaborazione dell’attrice Marta Comerio, la rassegna sceglie il tema del sogno per indagare la città che ognuno desidera. Voci del panorama culturale si incontrano virtualmente per condurre gli ascoltatori attraverso quell’insieme di narrazioni che caratterizzano la realtà urbana: segni, disegni, visioni, ipotesi. Incontri, per la prima volta in formato podcast, disponibili sul canale Spotify di Fornasetti. Dopo i primi svolti in aprile, in programma quelli del 5 maggio con Laura Pugno e Carlo Chambry e del 19 maggio con Milo De Angelis, Nino Iacovella, Carlo Boccadoro. Spotify: fornasettiofficial. Playlist: Parole Urbane.
di Nicola Baroni
Il Cittadino, 5 aprile 2021Poesia di strada: un dizionario per “tradurre” i muri della città
C’è la firma del creativo sandonatese Dario Pruonto, in arte Mister Caos, sul primo saggio interamente dedicato al tema della poesia di strada. Con le parole ovunque è uscito a fine marzo per i tipi di Agenzia X. È un lavoro collettivo che si pone l’obiettivo di raccontare l’evoluzione del fenomeno dal 2000 al 2020. La poesia di strada «non è il futurismo, che si diede un canone da rispettare per poter essere parte del movimento. La poesia di strada ha tante radici: la street art, i graffiti, la pop art, la grafica pubblicitaria… può scaturire da una molteplicità di percorsi. Passati un po’ di anni, ci è parso importante fare il punto raccogliendo esperienze e tecniche», spiega Pruonto, autore l’anno scorso della poesia “Viavai” sulla massicciata della ferrovia di via Di Vittorio a San Donato ed esponente di spicco nel panorama italiano della poesia di strada.
Il volume pubblicato da Agenzia X (170 pagine, 15 euro), casa editrice milanese con un catalogo specializzato in sottoculture, si snoda tra parti saggistiche curate da Francesco Terzago, giovane filologo e studioso, membro del centro studi universitario Inopinatum e dell’osservatorio Inward che si occupano entrambi di creatività urbana, e una mappatura curata da Pruonto che abbraccia le esperienze più significative degli ultimi vent’anni (tra cui il festival internazionale della poesia di strada svoltosi a San Donato nel 2017).
«Le arti di strada sono come il giapponese, un codice linguistico diverso. Basta iniziare a capire qualche elemento per imparare a leggere la città in modo diverso».
Riccardo Schiavo
Neutopia, 19 marzo 2021 Dare voce ai muri | Una mappatura della poesia di strada
Quando si realizza un libro collettivo, afferma Francesco Terzago nel primo capitolo di Con le parole ovunque, fresco di stampa per Agenzia X, casa editrice milanese che da sempre indaga il sottobosco della controcultura italiana, la paura è di storicizzare, stilare cioè un elenco di nomi illustri, oppure di suggerire in anticipo la via da percorrere, vivisezionando qualcosa che fino a quel momento era vivo. “Quando arriva il significato”, come scriveva qualcuno, “vuol dire che fuori non c’è più nulla.” Proprio per evitare questo rischio, Terzago si è fatto aiutare da chi la poesia di strada la pratica ogni giorno, fra tutti MisterCaos – aka Dario Pruonto – qui nella veste di novello “Virgilio”, che ha compilato una vera e propria “mappatura” dei vari artisti e movimenti che compongono questa branca dell’arte contemporanea urbana, per osservare la poesia di strada nel suo ecosistema.

Questa non è una raccolta di ricette
Ben lontani dal voler costituire un prontuario del genere, i poeti di strada qui si auto-presentano, creando una cartina precisa di quell’asse viario che fra Milano, Torino e La Spezia ha rappresentato per entrambi gli autori l’habitat ideale dove sperimentare la loro arte e il loro studio sul territorio, in costante comunicazione con il tessuto che l’ha creato, frutto di una sensibilità collettiva e di un sentire comune che appartiene alle città stesse. Non di meno, i festival che lo hanno reso possibile – Mitilanza a La Spezia, il Festival di poesia di strada a Milano e a Genova, Poetrification a Torino – che da sempre hanno la funzione di mescolare i linguaggi, dando una rappresentazione delle molte applicazioni concrete della poesia contemporanea.

Le mura della città non devono essere mute
Come i poeti di strada non si stancano di ripetere, il loro gesto – parente del graffitismo, ma differente nell’intenzione – non vuole “marcare” un territorio ma dare voce sui muri alle istanze represse dal realismo capitalista, attraverso una sovversione dello spazio urbano, dando una manifestazione di ingiustizie e descriminazioni a volte sistemiche, che proprio per questo non vanno dimenticate ma diventano una testimonianza.
Grazie alla sua lente caleidoscopica maturata in anni e anni di pratica sul campo, MisterCaos riesce a fornire un riassunto esaustivo della scena della poesia di strada italiana, mettendo in evidenza stili, influenze e luoghi di interesse. Questa particolarità fornisce al testo una forte credibilità per chiunque voglia addentrarsi in questo mondo fatto di rulli, pennelli e bombolette in anfratti di periferia, con azioni (a volte illegali) che resituiscono l’urgenza comunicativa della nostra epoca, dove non sempre quello che viviamo finisce nei libri e ancor meno sui muri delle città, nella distopia del “decoro” che impedisce qualunque forma di creatività spontanea.
Come riporta Valentina Di Cataldo nell’introduzione al libro, la poesia di strada in Italia nella sua forma attuale comincia a manifestarsi nei primi anni 2000, grazie al milanese Ivan Tresoldi, per poi diffondersi in tutta la Penisola nelle sue varie diramazioni: la poesia di strada “è una crepa nello spazio urbano, un’azione che rompe la prevedibilità della visione e al contempo mette in relazione chi scrive e chi legge con un luogo, un angolo, un isolato. Come ogni pratica espressiva, è caratterizzata da forme peculiari che la rendono unica e irriducibile agli altri linguaggi dell’arte urbana, ma la sua identità non è né cristallizzata né immutabile, bensì liquida, o meglio fluida e non del tutto riassorbibile, proprio come la società in cui viviamo: una macchia d’olio che scivola sulla superficie dell’acqua.” Oltre ai già citati Mister Caos e ivan, si ricordano i Poeti der Trullo e Decle a Roma, le varie sezioni del MeP a Firenze e a Torino, Davide DPA a Lecce, Francesca Pels a Milano.
La lettura prosegue poi con con una poesia inedita di ivan, gli estratti esilaranti tratti dal processo kafkiano che ha subito, una sua biofollegrafia realizzata con Marco Philopat in stile sperimentale e dedicata al poeta Nanni Balestrini, e si conclude con un glossario e un inserto fotografico sulle poesie murali contemporanee. Una tappa obbligata per tutti coloro scrivono versi perché “provocati dal pensiero” e non sanno esprimersi “a parole.”

Francesco Terzago è membro del centro studi universitario Inopinatum e dell’osservatorio Inward, che si occupano entrambi di creatività urbana. Ha trascorso due anni in Cina a Guangzhou, studiando la street art. È tra i fondatori del collettivo Mitilanti.
MisterCaos è una figura di riferimento della poesia di strada italiana, la sua è una pratica artistica originale supportata da una ricerca estetica e storiografica.
La Nazione, 19 marzo 2021I collettivi e i gruppi d’azione in un libro
«Con le parole ovunque» Francesco Maria Terzago e Davide Pruonto illustrano i principali esponenti di queste realtà

Un libro divulgativo Con le parole ovunque. Poesia di strada e sovversione dello spazio urbano, una lettura agile per dare le prime coordinate, esplorare e dare l’occasione, a chi non conosce questo fenomeno tutto italiano, di farsene un’idea. «È una mappatura dei principali esponenti, dei collettivi, e dei gruppi d’azione – spiega l’autore spezzino Francesco Maria Terzago. Ho curato un breve saggio introduttivo e poi due approfondimenti sull’artista Ivan. Il libro è di circa 160 pagine e, per certi versi, si integra con uno studio che ho svolto per il comitato di ricerca di cui faccio parte, e che sarà pubblicato nei prossimi mesi». Coautore MisterCaos ovvero Dario Pruonto. «Insieme a Ivan e molti altri, è stato il mio Virgilio, mi ha messo in contatto con una serie di realtà in tutto il Paese». Tutto per Terzago è iniziato nel 2011, quando ha ottenuto una borsa di ricerca e scambio culturale per recarsi in Cina. «Lì ho studiato le ragioni sociologiche del diffondersi, tra i giovani, del writing». Ha comunque sempre portato avanti un’attività di studio sui fenomeni di creatività urbana con pubblicazioni per varie riviste. «Da un lato produco poesie e, dall’altro, mi interesso a che cosa, fuori dai circuiti letterari e accademici, si intende come poesia; e che risultati creativi questo comporta». Una pubblicazione ricca di fotografie, infografiche, edita da Agenzia X (con l’impegno di Marco Philopat, il supporto di Paolo Cerruto e l’editing di Valentina Di Cataldo) che, inoltre, si pone delle domande sulla mitologia di questa volontà creativa.
«Continuo così una tradizione di riflessioni sullo spazio urbano e sulla creatività che, in modo spontaneo, gli dà vita, senza intermediazioni o una continuità con i sistemi istituzionali della cultura e dell’arte». Un libro policromo che tenta di esporre l’importanza di una componente relazionale, di un contesto socioculturale e politico in cui si sviluppa un dato fenomeno, parlando di società e di lingua. E soprattutto parla del desiderio e delle urgenze che muovono tantissimi giovani a intervenire sullo scenario che li circonda.
Marco Magi

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