Pulplibri.it, 10 novembre 2020 Donne combattenti
Non va descritta nel dettaglio la storia che Massimiliano Gollini racconta nel suo romanzo perché contiene una serie di segreti e di misteri che l’autore svela solo nel corso della narrazione. Che poi non solo di narrazione si tratta, perché il libro si avvale di una ricca documentazione tratta dal lavoro di ricerca di Gollini, che ha collaborato con l’Istituto Storico Parri, che di queste vicende si occupa da alcuni decenni.
Dunque romanzo storico, romanzo segnato da suspense, romanzo d’amore in cui la tragedia di Marzabotto, vista con gli occhi di Elena, la protagonista del racconto, viene indagata dal di dentro, con lo sguardo di chi ha visto e ricorda da vicino quanto di terribile accadde tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944.
In quei giorni la vasta area intorno al paese, che comprende anche la zona di Monte Sole, Grizzana Morandi, Monzuno e altre piccole località dell’Appennino abitate da contadini e allevatori, fu rastrellata dalle SS, appoggiate dalla Wehrmacht e da militari italiani fascisti che indicavano la strada, servivano i tedeschi e facevano da interpreti.
Comandati da Walter Reder, l’ufficiale privo di un braccio, la truppa si accanì contro i civili, accusati di appoggiare i partigiani della brigata Stella Rossa attivi nella zona. I morti, dopo la carneficina, furono 1830. Un crimine di guerra per cui Reder fu giudicato da un tribunale italiano. Venne condannato per la strage di Marzabotto nel 1951 e nel 1954. Nel 1980 gli fu concessa la libertà condizionale con 5 anni di internamento nel carcere di Gaeta con la motivazione che “la criminalità di Reder era stata solo contingente e motivata dalla guerra, in cui si era mostrato un valoroso combattente”. Nel 1985 Bettino Craxi lo scarcerò, nonostante le proteste dei famigliari delle vittime.
Elena Beltrami, figlia di un padre fascista e con una madre che, pur criticando il marito, si adatta alla sua condizione di subalternità, partecipa ai combattimenti di Monte Sole. Come diventa partigiana? Qui l’autore mette in evidenza un aspetto importante dell’esperienza di tantissimi ragazzi e ragazze, per cui la presa di coscienza politica fu l’esito della partecipazione alla Resistenza, non la sua causa, secondo un percorso che va dall’azione all’idea: quello inverso è tipico solo delle avanguardie più politicizzate del movimento di liberazione. I ragazzi e le ragazze maturarono, quando lo fecero, delle idee politiche perché agivano e dovevano spiegare a se stessi i motivi che li spingevano a rischiare la loro stessa vita.
Per Elena è soprattutto la discriminazione ai danni della cara amica ebrea Albertina e la sua deportazione a farla decidere di entrare nella Resistenza. La storia di Elena è segnata dal grande amore per Odino, un orfano che vive in un istituto di carità e che dovrà partire per l’Etiopia alla conquista dell’Impero. Anche qui l’autore in modo originale ci mostra una contraddizione ben presente nella coscienza di tanti antifascisti, per i quali la rivendicazione delle terre africane era una cosa lecita. La persecuzione degli ebrei generava sdegno, quella dei neri non altrettanto. Contraddizioni di una mentalità tesa al cambiamento, ma ancora intrisa di idee inculcate dal fascismo.
Anche sul modo di condurre la lotta armata non c’è omogeneità d’azione tra i partigiani. Elena fa parte di un gruppo, chiamato il Branco, in cui le azioni vengono minuziosamente studiate e preparate. Nei giorni della strage di Marzabotto Elena si spende con i suoi compagni per avvertire i civili di scappare e di nascondersi perché i tedeschi stavano arrivando e difende le donne, i vecchi e i bambini dall’aggressione nazista. Scopre in una casa otto partigiani della gruppo Stella Rossa che si nascondevano per sfuggire al rastrellamento e li critica duramente perché non combattono in difesa della popolazione, che essi non prendono in considerazione poiché il loro obiettivo sono solo i tedeschi. Diversi modi di intendere la lotta partigiana, che avranno effetti determinanti sul giudizio e la memoria della popolazione nel dopoguerra a proposito della Resistenza.
L’aspetto più significativo del racconto è la descrizione della protagonista: Elena è una tiratrice scelta che spara con grandissima precisione e con mira infallibile. Non staffetta, non donna che “contribuisce” alla lotta, ma combattente in prima persona, stimata dal gruppo che le assegna compiti difficili proprio per le sue capacità militari nell’uso di fucili e pistole.
C’era bisogno della descrizione di quanto fecero le donne anche dal punto di vista dell’azione partigiana combattente per uscire definitivamente dallo stereotipo dell’azione di cura e di fiancheggiamento della lotta armata che fu il cuore del movimento di liberazione nel nostro paese.
di Anna Di GianantonioDunque romanzo storico, romanzo segnato da suspense, romanzo d’amore in cui la tragedia di Marzabotto, vista con gli occhi di Elena, la protagonista del racconto, viene indagata dal di dentro, con lo sguardo di chi ha visto e ricorda da vicino quanto di terribile accadde tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944.
In quei giorni la vasta area intorno al paese, che comprende anche la zona di Monte Sole, Grizzana Morandi, Monzuno e altre piccole località dell’Appennino abitate da contadini e allevatori, fu rastrellata dalle SS, appoggiate dalla Wehrmacht e da militari italiani fascisti che indicavano la strada, servivano i tedeschi e facevano da interpreti.
Comandati da Walter Reder, l’ufficiale privo di un braccio, la truppa si accanì contro i civili, accusati di appoggiare i partigiani della brigata Stella Rossa attivi nella zona. I morti, dopo la carneficina, furono 1830. Un crimine di guerra per cui Reder fu giudicato da un tribunale italiano. Venne condannato per la strage di Marzabotto nel 1951 e nel 1954. Nel 1980 gli fu concessa la libertà condizionale con 5 anni di internamento nel carcere di Gaeta con la motivazione che “la criminalità di Reder era stata solo contingente e motivata dalla guerra, in cui si era mostrato un valoroso combattente”. Nel 1985 Bettino Craxi lo scarcerò, nonostante le proteste dei famigliari delle vittime.
Elena Beltrami, figlia di un padre fascista e con una madre che, pur criticando il marito, si adatta alla sua condizione di subalternità, partecipa ai combattimenti di Monte Sole. Come diventa partigiana? Qui l’autore mette in evidenza un aspetto importante dell’esperienza di tantissimi ragazzi e ragazze, per cui la presa di coscienza politica fu l’esito della partecipazione alla Resistenza, non la sua causa, secondo un percorso che va dall’azione all’idea: quello inverso è tipico solo delle avanguardie più politicizzate del movimento di liberazione. I ragazzi e le ragazze maturarono, quando lo fecero, delle idee politiche perché agivano e dovevano spiegare a se stessi i motivi che li spingevano a rischiare la loro stessa vita.
Per Elena è soprattutto la discriminazione ai danni della cara amica ebrea Albertina e la sua deportazione a farla decidere di entrare nella Resistenza. La storia di Elena è segnata dal grande amore per Odino, un orfano che vive in un istituto di carità e che dovrà partire per l’Etiopia alla conquista dell’Impero. Anche qui l’autore in modo originale ci mostra una contraddizione ben presente nella coscienza di tanti antifascisti, per i quali la rivendicazione delle terre africane era una cosa lecita. La persecuzione degli ebrei generava sdegno, quella dei neri non altrettanto. Contraddizioni di una mentalità tesa al cambiamento, ma ancora intrisa di idee inculcate dal fascismo.
Anche sul modo di condurre la lotta armata non c’è omogeneità d’azione tra i partigiani. Elena fa parte di un gruppo, chiamato il Branco, in cui le azioni vengono minuziosamente studiate e preparate. Nei giorni della strage di Marzabotto Elena si spende con i suoi compagni per avvertire i civili di scappare e di nascondersi perché i tedeschi stavano arrivando e difende le donne, i vecchi e i bambini dall’aggressione nazista. Scopre in una casa otto partigiani della gruppo Stella Rossa che si nascondevano per sfuggire al rastrellamento e li critica duramente perché non combattono in difesa della popolazione, che essi non prendono in considerazione poiché il loro obiettivo sono solo i tedeschi. Diversi modi di intendere la lotta partigiana, che avranno effetti determinanti sul giudizio e la memoria della popolazione nel dopoguerra a proposito della Resistenza.
L’aspetto più significativo del racconto è la descrizione della protagonista: Elena è una tiratrice scelta che spara con grandissima precisione e con mira infallibile. Non staffetta, non donna che “contribuisce” alla lotta, ma combattente in prima persona, stimata dal gruppo che le assegna compiti difficili proprio per le sue capacità militari nell’uso di fucili e pistole.
C’era bisogno della descrizione di quanto fecero le donne anche dal punto di vista dell’azione partigiana combattente per uscire definitivamente dallo stereotipo dell’azione di cura e di fiancheggiamento della lotta armata che fu il cuore del movimento di liberazione nel nostro paese.
www.radiocittafujiko.it, 30 giugno 2020 La carezza e la mitraglia, la formazione “armata” di Elena nella Resistenza
La giovane Elena Beltrami ha ragioni personali per essere antifascista. Non sopporta il padre, convinto fascista, non sopporta le leggi razziali che hanno colpito l’amica Albertina e non perdona al regime di aver spedito il suo amato, Odino, ad Addis Abeba. Per questo la sua formazione avverrà nella Resistenza, al cui interno non si limiterà a ruoli marginali, ma diventerà partigiana combattente.
È attorno a questa storia che si sviluppa “La carezza e la mitraglia” (Agenzia X edizioni), il romanzo storico e di formazione di Massimiliano Gollini, uscito da poco. L’autore è intervenuto ai nostri microfoni per presentarci il suo lavoro.
Ambientato a Bologna e nei dintorni di Marzabotto, il romanzo “La carezza e la mitraglia” nasce da una ricostruzione storica basata su fatti realmente accaduti, testimonianze dirette e studi bibliografici, compiuti dall’autore stesso in collaborazione con l’Istituto storico “Parri”.
L’opera segue l’adolescenza di Elena, dai 13 ai 19 anni, in un contesto molto particolare come la Seconda Guerra Mondiale e la Lotta di Liberazione dal nazifascismo sull’appennino bolognese, intorno a Monte Sole.
Se anche l’epica resistenziale è spesso incentrata attorno alla figura maschile, l’uomo partigiano, “La carezza e la mitraglia” rappresenta invece una delle poche eccezioni e non è un caso.
“La Resistenza è il primo periodo nel quale le donne hanno assunto un ruolo chiave rispetto agli uomini, trovando l’inizio di un percorso che porterà poi all’emancipazione”, osserva l’autore.
Oltre ad Elena, dunque, sono altre le donne su cui si concentrano i riflettori narrativi: l’amica Albertina, che verrà deportata, Anita, ragazza madre conosciuta a Monte Sole, e Anima, cecchina partigiana che ha come obiettivo l’uccisione di Walter Reder, comandante del 16 SS Panzergranadier Division “Reichsfürer – SS” e responsabile degli eccidi di Monte Sole.
Un altro tema che viene affrontato dall’autore è quello del rapporto tra i partigiani e gli abitanti della montagna. Se da un lato la Resistenza deve tantissimo al sostegno della popolazione civile, senza il quale probabilmente non avrebbe potuto radicarsi, dall’altro lato sono proprio i civili ad essere vittime delle rappresaglie nazifasciste e si vedevano costretti a dividere il già scarso cibo con i combattenti in clandestinità. “È stato un rapporto complicato – osserva Gollini – che in pochi hanno sviluppato e io ho cercato di approfondire”.
“La carezza e la mitraglia” non è solo un romanzo storico, ma anche di formazione. Si potrebbe dunque inserire nel filone de “Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino o di “Come prima delle madri” di Simona Vinci. I sentimenti nella vita della protagonista hanno un grande peso, che viene sviscerato da Gollini: in quegli anni Elena costruisce il suo immaginario poetico, la sua idea di giustizia e di libertà, la propria appartenenza politica, che sono una diretta conseguenza del proprio personalissimo vissuto.
Sullo sfondo del romanzo c’è spazio anche la questione del colonialismo italiano, dal momento che Odino, uno dei personaggi, viene arruolato e spedito in Etiopia. Il tema è recentemente riesploso in Italia intorno alla questione della statua di Indro Montanelli e al suo passato coloniale mai abiurato.
Più in generale, la questione dei conti con il passato razzista e coloniale italiano è un tema che viene spesso rimosso o minimizzato.
Dopo una prima presentazione virtuale con il Comune di San Benedetto Val di Sambro, il libro di Gollini verrà presentato il prossimo 7 luglio all’interno di “Resistenze”, un’iniziativa di Resistenze in Cirenaica e Trame Bookshop che si svolgerà alle 19.00 al Giardino del Guasto a Bologna.
ASCOLTA L’INTERVISTA A MASSIMILIANO GOLLINI
È attorno a questa storia che si sviluppa “La carezza e la mitraglia” (Agenzia X edizioni), il romanzo storico e di formazione di Massimiliano Gollini, uscito da poco. L’autore è intervenuto ai nostri microfoni per presentarci il suo lavoro.
Ambientato a Bologna e nei dintorni di Marzabotto, il romanzo “La carezza e la mitraglia” nasce da una ricostruzione storica basata su fatti realmente accaduti, testimonianze dirette e studi bibliografici, compiuti dall’autore stesso in collaborazione con l’Istituto storico “Parri”.
L’opera segue l’adolescenza di Elena, dai 13 ai 19 anni, in un contesto molto particolare come la Seconda Guerra Mondiale e la Lotta di Liberazione dal nazifascismo sull’appennino bolognese, intorno a Monte Sole.
Se anche l’epica resistenziale è spesso incentrata attorno alla figura maschile, l’uomo partigiano, “La carezza e la mitraglia” rappresenta invece una delle poche eccezioni e non è un caso.
“La Resistenza è il primo periodo nel quale le donne hanno assunto un ruolo chiave rispetto agli uomini, trovando l’inizio di un percorso che porterà poi all’emancipazione”, osserva l’autore.
Oltre ad Elena, dunque, sono altre le donne su cui si concentrano i riflettori narrativi: l’amica Albertina, che verrà deportata, Anita, ragazza madre conosciuta a Monte Sole, e Anima, cecchina partigiana che ha come obiettivo l’uccisione di Walter Reder, comandante del 16 SS Panzergranadier Division “Reichsfürer – SS” e responsabile degli eccidi di Monte Sole.
Un altro tema che viene affrontato dall’autore è quello del rapporto tra i partigiani e gli abitanti della montagna. Se da un lato la Resistenza deve tantissimo al sostegno della popolazione civile, senza il quale probabilmente non avrebbe potuto radicarsi, dall’altro lato sono proprio i civili ad essere vittime delle rappresaglie nazifasciste e si vedevano costretti a dividere il già scarso cibo con i combattenti in clandestinità. “È stato un rapporto complicato – osserva Gollini – che in pochi hanno sviluppato e io ho cercato di approfondire”.
“La carezza e la mitraglia” non è solo un romanzo storico, ma anche di formazione. Si potrebbe dunque inserire nel filone de “Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino o di “Come prima delle madri” di Simona Vinci. I sentimenti nella vita della protagonista hanno un grande peso, che viene sviscerato da Gollini: in quegli anni Elena costruisce il suo immaginario poetico, la sua idea di giustizia e di libertà, la propria appartenenza politica, che sono una diretta conseguenza del proprio personalissimo vissuto.
Sullo sfondo del romanzo c’è spazio anche la questione del colonialismo italiano, dal momento che Odino, uno dei personaggi, viene arruolato e spedito in Etiopia. Il tema è recentemente riesploso in Italia intorno alla questione della statua di Indro Montanelli e al suo passato coloniale mai abiurato.
Più in generale, la questione dei conti con il passato razzista e coloniale italiano è un tema che viene spesso rimosso o minimizzato.
Dopo una prima presentazione virtuale con il Comune di San Benedetto Val di Sambro, il libro di Gollini verrà presentato il prossimo 7 luglio all’interno di “Resistenze”, un’iniziativa di Resistenze in Cirenaica e Trame Bookshop che si svolgerà alle 19.00 al Giardino del Guasto a Bologna.
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Corriere della Sera, 21 aprile 2020 La carezza e la mitraglia, così il romanzo va alla radio
La giovane Elena Beltrami non riesce ad accettare le leggi razziali e il trattamento riservato all’amica Albertina, di origine ebrea. Per questo sceglie di unirsi alla lotta partigiana, andando contro il volere del padre, membro del partito fascista. Da semplice staffetta, si unirà così alla guerriglia vera e propria, spostando il suo raggio di azione nei boschi delle colline bolognesi. La sua storia è al centro de La carezza e la mitraglia. Romanzo di resistenza a Marzabotto, del bolognese Massimiliano Gollini. Un romanzo storico edito da Agenzia X, ambientato a Bologna e nelle montagne circostanti durante gli anni della Seconda guerra mondiale. Con una narrazione che si sviluppa su tre piani narrativi distinti. Il primo, dal 1937 al 1946, segue la storia di Elena, accompagnata negli anni di lotta dal ricordo di Odino, il ragazzo di cui si era innamorata prima della guerra e di cui ha perso le tracce dopo pochi mesi dalla sua partenza per l’Etiopia. Prima di lasciarsi, avevano promesso reciprocamente di incontrarsi nell’appartamento di Albertina a guerra finita. Al racconto della vita di Elena si alterna quello di una singola giornata, il 17 aprile 1945, in cui si snodano le vicende di Anima, una partigiana che ha come obiettivo l’uccisione di Walter Reder, il comandante del battaglione SS responsabile degli eccidi di Monte Sole. Morto poi a Vienna nel 1991, da libero cittadino, dopo aver scontato anni di prigione in Italia. Anima è appostata su una collina di fronte al quartier generale nazista e, armata di un fucile di precisione fabbricato in Russia, attende la sera per colpire. Il terzo livello si sviluppa nella mattina del 25 luglio 1946 e riguarda Odino, che, riuscito a tornare a casa, si mette alla ricerca di Elena nella speranza di trovarla. Arrivato a Bologna, partendo dalla stazione di dirige verso il luogo dell’appuntamento, attraversando una città nella quale sono ancora vive le ferite della guerra. Solo nel finale delle 338 pagine, che comprendono anche una breve appendice fotografica e alcune cartine geografiche, i fili si riannoderanno tutti. Gollini, laurea in discipline storiche, da anni si occupa del movimento di Liberazione attivo nel territorio emiliano. I personaggi del suo romanzo sono davvero esistiti e alcuni di essi hanno conservato gli stessi nomi che avevano in vita, tanto che l’ultimo ringraziamento va a Elena Nanni e Oddino Verardi, «la cui storia mi ha inseguito per anni, fino a raggiungermi». Il romanzo avrebbe dovuto uscire oggi in libreria, con la copertina disegnata da Andrea Bruno, ma l’emergenza Covid 19 ha fatto slittare l’uscita a metà maggio. In compenso, p disponibile già da oggi in formato ebook e soprattutto in occasione del 75° anniversario della Liberazione di Bologna, verrà presentato con una maratona di lettura sulla webradio Radiovirus.org. Con 55 lettori e lettrici coinvolti, compresi Marco Philopat e lo stesso autore. «È stato un po’ difficile – racconta Gollini – ma siamo riusciti a metterlo tutto insieme e partiremo stasera alle 21, così per 5 puntate fino al 25 aprile».
di e.ma.