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Periferie arrugginite
www.lacasadelrap.com, 20 maggio 2015 Periferie arrugginite: intervista a Lello Voce
Anche quest’anno a Milano, in occasione del Festival Slam X al Cox 18, si sono svolte le finali del premio "Alberto Dubito". L’iniziativa, giunta alla terza edizione, è rivolta ai giovani poeti, musicisti e performer che non abbiano ancora compiuto il trentacinquesimo anno di età e si propone di valorizzare e stimolare la produzione artistica giovanile nel campo della poesia ad alta voce (spoken word, poetry slam) e della poesia con musica (spoken music, rap). Il vincitore vedrà pubblicate le proprie opere (in formato cartaceo e digitale) presso la casa editrice Agenzia X e riceverà una borsa di studio del valore di 1.500 euro, finalizzata alla frequenza di uno stage di perfezionamento presso Istituzioni o Scuole di specializzazione europee, da concordarsi tra la giuria e il vincitore.
L’occasione per questa intervista ci è stata offerta dalla pubblicazione per Agenzia X del libro Periferie arrugginite a cura di Marco Philopat e Lello Voce che raccoglie le opere dei vincitori dell’edizione 2014 ed alcune interessanti voci di approfondimento a cura di u.net, Pikaro, Mario Maffi, Paolo Giovannetti e Luigi Nacci.
Abbiamo quindi contattato Lello Voce, poeta, scrittore e performer conosciuto in tutto il mondo, tra i fondatori del Gruppo 93 e delle rivista Baldus nonché il primo a portare il Poetry Slam in Italia. Sul suo blog sul Fatto Quotidiano si definisce “Un disobbediente. Per carattere e per scelta”. È stato lui a scoprire il talento di Alberto Dubito quando ancora frequentava il liceo.

Prima di passare a parlare del libro e della terza edizione del Premio, vorremo quindi iniziare da Alberto, al cui genio è dedicato questo concorso. Chi era Alberto Dubito?
Alberto era un giovane poeta e rapper trevigiano. Un ottimo poeta e un ottimo rapper. Ma era anche fotografo e street artist. Ma soprattutto Dubito era Dubito: cioè era un artista che aveva il coraggio di mettere in dubbio con radicalità tutti gli infiniti luoghi comuni che asfissiano la nostra fantasia e la nostra intelligenza. Sia da solo, come poeta, che insieme a DJ Sospè (altro nome esplicito) nei Disturbati dalla CUiete, lo scopo di Alberto è stato sempre quello di smascherare, grazie alle parole e al ritmo, il patto scellerato che ci rende schiavi. Era un ribelle, formalmente e politicamente. Ma era anche un artista capace di riflettere, di scavare, di progettare forme e energie.

Nella voce dedicata alla produzione artistica di Alberto Dubito evidenzi quanto sia imprescindibile il riferimento alla periferia, una periferia priva di un rapporto oppositivo con il centro e per questo ripiegata in se stessa, “arrugginita”, “scandita da un tempo periferico”. Da questa, sostieni, Alberto Dubito cercava una via d’uscita, uno “strappo nella rete”. Dove, secondo te, i giovani cercano oggi questa via di fuga e dove andrebbe cercata?
Abe la cercava con la voce e con il respiro. I giovani? non so… Chi sono i giovani? quelli di Amici, o quelli che hanno tentato di cacciare Salvini da Massa, compreso quel cavatore anarchico quarantenne, manganellato e arrestato? I giovani che piacciono a me la cercano tentando di conoscere sempre meglio la realtà, con le parole, i sogni, la musica, ma anche con azioni concrete. Alberto quando non scriveva, editava libri o occupava spazi. Ecco, questo intendo quando dico cercare il varco. Le vecchie ideologie sono morte, ma senza un’ideologia, un sogno nuovo, un nuovo varco nella rete non andremo da nessuna parte

La sensazione per chi si occupa di rap in Italia è che il mainstream richieda necessariamente di abbandonare certi temi, troppo impegnativi per arrivare al grande pubblico. Nel libro citi le parole, molto significative, di Dubito in Disturbati Army “Finisci a fare musica per sordi come noi / e ti capisco / ma questo è il rischio di chi spera”. Quanto ritieni sia importante il riscontro del pubblico per un’artista?
Il pubblico è importante per carità. Non c’è artista senza pubblico. Ma non è necessario che quel pubblico sia qui ed ora. Gli artisti, quelli che lasciano un segno, scrivono sempre per un pubblico (per un popolo) che ancora non c’è. Lo sosteneva già Dante, nel Convivio. L’arte è una scommessa sul futuro, sempre.

Nell’approfondimento a cura di u.net emerge chiaramente quanto l’uso del discorso in rima sia legato, fin dalle origini, a figure come quella di H. Rap Brown, uno dei leader più significativi della rivolta afroamericana degli anni sessanta. Cosa è rimasto dello spirito di contestazione di quegli anni? Non è d’altronde quello il contesto in cui nasce l’hip hop?
Sì, l’hip hop nasce così, ma poi cresce in tanti modi diversi, non tutti ugualmente interessanti, dal mio punto di vista. Di quello spirito è rimasto pochissimo, forse nulla. Una delle armi più potenti del biocapitalismo, come sostiene Bifo nel suo ultimo libro, è la capacità che ha di indurre depressione. Di renderci convinti di essere deboli, mentre invece siamo fragili, sì, ma non deboli. Non ho dubbio che cambierà, che qualcosa accadrà di diverso, ma temo che sia una strada molto lunga fino a Tipperary…

Oltre alle voci curate da te e da u.net, nel libro troviamo anche i contributi di PiKaro, il poeta Luigi Nacci, Mario Maffi, docente di cultura angloamericana e Paolo Giovannetti, docente di letteratura. Come è nata questa collaborazione? Quale impronta volevate dare al libro?
Il tentativo è stato quello di iniziare un lavoro di mappatura e approfondimento di tutte quelle esperienze che a livello nazionale e internazionale si situano al confine tra musica e poesia. Era lungo quel confine che Abe si muoveva. Non vogliamo solo ricordarlo, vogliamo far sì che grazie a lui si apra finalmente anche in Italia un serio dibattito sul rapporto tra poesia e musica che sfugga luoghi comuni del ‘cantautorato poetico’ ed amenità simili.

Sono ancora aperte le iscrizioni per la terza edizione del Premio Dubito che anche quest’anno si svolgeranno al Cox 18 di Milano. Parlaci dell’evento, chi parteciperà?
È presto per dirlo. Certamente speriamo di ricevere sempre più adesioni, ci piacerebbe che il Premio diventasse un punto di riferimento per quei giovani che come Dubito lavorano con parole e musica al di fuori del mainstream. Come sempre faremo in modo che la serata finale sia l’occasione per i finalisti anche per incontrarsi con artisti ormai affermati, non solo per imparare, ma anche, nello spirito di Abe, per mostrare a chi è già arrivato che dietro non si perde tempo...

Per chi fosse interessato a partecipare, qual è la procedura da seguire, chi si può contattare?
Per partecipare basta iscriversi, sul sito del Premio (www.premiodubito.com).

Quale profilo deve avere l’aspirante vincitore del Premio Dubito, cosa intendete valorizzare?
Non deve avere più di 35 anni e deve svolgere una ricerca artistica, in qualsiasi forma e genere, in cui parole e musica interagiscano in maniera nuova ed efficace.

Ti ringraziamo per averci concesso questa breve intervista, ringraziamo inoltre la famiglia Feltrin che, in memoria del figlio Alberto, renderà possibile, per il terzo anno consecutivo, la realizzazione di questo evento. Ricordiamo infine che è possibile inviare il materiale per partecipare al Premio Dubito fino al 31 luglio 2015.

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