Mi sembra giunto il momento, a trent’anni dalla morte, di tentare un salto di qualità nella lettura di Dick. E riconoscere a questo autore frenetico e polimorfo, irrequieto eppure già “classico”, la qualifica che gli spetta: quella di narratore-filosofo. Antonio Caronia, 2012
Ci siamo ritrovati, giovani e vecchi, studiosi o solo appassionati, nella comune sfida di pensare che questi quarant’anni fossero da intendersi passati non “senza” ma piuttosto “con” lui. Philip Dick ha continuato a sottolineare che il mondo reale, in cui siamo calati, ci sia stato imposto come una costruzione che esula dalla nostra possibilità di accettarlo o rifiutarlo, ma dall’altra parte ci dice anche che nulla è immutabile e perciò qualcosa si può cambiare. C’è sempre uno spazio, un interstizio in cui poter agire e interagire con gli altri nostri simili, e anche dissimili.
Interventi e contributi di Andrea Bonato, Loretta Borrelli, Antonio Caronia, Matteo De Giuli, Alberto Di Monte, Giorgio Griziotti, Marinella Magrì, Fabio Malagnini, Marco Martinelli, Edoarda Masi, Ermanna Montanari, Carlo Pagetti, Giuliano Spagnul e Nicoletta Vallorani.
Postfazione di Domenico Gallo