Salta al contenuto principale
Il giorno è indegno
Linus, luglio 2023 Il giorno è indegno
Facile parlare di outsider, in letteratura. Si potrebbe quasi arguire che ogni autore o autrice significativa è, a suo modo, un’outsider Lo dimostra del resto il mercato: migliaia di libri messi fuori in continuazione, in un’onda anomala di carta; pochissimi quelli che rimangono – e in genere quelli che rimangono davvero li scopriamo tra i non premiati, tra i poco venduti in prima tiratura, tra i tardivamente ristampati, tra i frequentatori di bar e bettole più che di salotti e saloni... Certo, tutto questo potrebbe essere anche un mito. Ci sono anche autori solidissimi, amati da tutti, per niente obliqui rispetto all'ortodossia, che se ne stanno lì in piedi, e a testa alta, come monumenti marmorei in mezzo al loro personale campo letterario e pure a quello di tutti. Ma quando qualcosa. in letteratura, si consolida, sta già mostrando le prime crepe, e il lettore avveduto deve aver cura di guardar fuori. Sarà per questo. forse, che dopo la sbornia di autori statunitensi degli anni Sessanta. Settanta, Ottanta, Novanta..., adesso guardiamo a Est, come se fosse /un intero territorio di outsider. Senza fare certi nomi bulgari, romeni, ungheresi o polacchi, già spesso citati in queste colonne, e che del resto già cominciano, tra un premio internazionale e una candidatura al Nobel, a qualificarsi come classici contemporanei, si potrebbe invece andare a Tallinn (l'Estonia è “Est”? O rientra solo nella dimensione baltica?) e trovare L’uomo che sapeva la lingua dei serpenti, di Andrus Kivirähk (La nave di Teseo 2023, traduzione di Vincenzo Vega), un ragguardevole romanzo ambientato nell'Estonia medievale in cui la magia va scomparendo – una sorta di anti-Lapvona (citofonare Ottessa Moshfegh), visto il clima decisamente più accogliente del suo medioevo. nonché lo humour dell’autore. Ma è possibile che qua l’outsider sia solo il Paese di riferimento, reso tale dal nostro punto d’osservazione: del resto in patria Kivirähk è ben noto, scrive anche sui giornali e per il teatro, scrive addirittura per i fanciulli – è uno “household name”, insomma, sempre che uno scrittore o una scrittrice possa ancora esserlo. Andiamo più a fondo, allora. Evitiamo le suggestioni esotiche. Proviamo a scavare in casa nostra. dove l’outsider è meglio riconoscibile, privo degli ammanti dell'esotismo.

Uno vero l’ho conosciuto di persona, un annetto fa o forse qualche mese in più, durante un tour letterario in Salento. Si presentava come outsider, ma questo non vuol dire niente. Molti autori. specie se alle prime prove, amano tale posa: da sola “fa letteratura”. Ho capito che lo era davvero quando, sapendo che aveva inediti da parte, e persuaso del valore della sua scrittura dal libriccino di cui mi aveva fatto omaggio, l’ho messo in contatto con un amico che cercava manoscritti, ma è stato lui – l’autore!– a declinare la pubblicazione. L’autore è Marco Vetrugno. il libriccino In questione, edito da Elliot, è Apologia di un perdente il protagonista, su chiama Ezra, dentro ci sono gli incubi di Bacon e Bosch... Insomma. tutte cose che puoi permetterti di fare se sei un outsider vero, se la tua non è una posa, e soprattutto se c’è la scrittura. In questo caso, c'è.

Un altro veridico outsider lo conosco da più tempo: ora si fa chiamare _t_w_i_g_, anche se me lo ricordavo come Tobia, Iacconi di cognome: lo conobbi mi pare a Pisa, praticamente per strada, e mi restò subito simpatico. Se Vetrugno rappresentava, e rappresenta, l’outsider introverso, il cui valore letterario va scoperto grazie a un occhio allenato e magari tirato fuori, mentre lui stesso si oppone, con un uncino, _t_w_i_g_ è del tipo opposto: un estroverso (nonché uno strambo) con cui basta far tre chiacchiere per capire che per la letteratura, quella seria, ci sente davvero. Il suo esordio, Nitrito, ha avuto luogo, dopo diversi anni passati a sperimentare in modo sempre interessante nel mondo delle riviste, nella nuova collana “Fulmicotone” di Agenzia X, che ha affiancato la narrativa pura alla già fortunata, e ormai molto lunga, serie di saggi pubblicati sotto l’egida di Marco Philopat (colgo l’occasione per una segnalazione: ‘La vendetta di Zarathustra di Hakim Bey, il filosofo sufi e padrino delle controculture che ha ideato il concetto di T.A.Z., zona temporaneamente autonoma, caro a ogni raver che si rispetti, ma anche a chiunque ami la libertà). Nitrito era un buon esordio, ma ancor più convincente mi pare questo Il giorno è indegno, un romanzo di pura sincerità e tradizione ginsberghiana che ha tra i suoi vari meriti quello di svolgersi durante il lockdown (inserendosi quindi in un filone vasto e per lo più noiosissimo) senza per questo rompere i coglioni al lettore. Sembra poco! Lo fa, invece, uscire dalle pagine elettrizzato, nervosa e pieno di rabbia, al tempo stesso entusiasta e disperato e sperso, proprio come _t_w_i_g_ medesimo. Inoltre vi si parla di sesso, un tema che in questi anni è diventato davvero inattuale. Farlo senza annoiare è forse ancora più difficile rispetto al lockdown. Si legga, quindi, Il giorno è indegno (come dargli torto, poi? Solo la notte è degna, e manco sempre).

Veniamo allora, da Vetrugno a _t_w_i_g_, a quello che potremmo chiamare il principe, anzi il califfo degli outsider: non è la prima volta che se ne parla in queste colonne, dato che già si scrisse del suo Voglio vedere dio in faccia, antologia di testi controculturali curata da Tobia d’Onofrio e incidentalmente pubblicata proprio dalla stessa Agenzia X di _t_w_i_g_. L'autore in questione è Gianni De Martino. classe ’47, tra i fondatori della rivista “Mondo Beat” e attraversatore di tutto il secondo Novecento più alternativo e rivoluzionario. Già autore di diversi romanzi, tra cui si ricorderà almeno Hotel Oasis , uscito per Mondadori nel 1988, nonché curatore di saggi fondamentali come Dallo sciamano al raver di Georges Lapassade (nella nuova edizione Jouvence del 2020), oggi De Martino torna con un romanzo, La città dei jinn: un testo bizzarro e sensuale, sarcastico e avventuroso, dal sapore vagamente klossowskiano (ma sempre fedele all’ibridazione tra generi e modalità espressive cara a De Martino), ambientato in un Nordafrica ritrovo e rifugio di ogni espatriato, ogni folle e ogni psiconauta. Lo pubblica La Nuova Carne, marchio decisamente appropriato per un romanzo che, pur ricercando l’elevazione mistica che è propria della visione, è dalla carnalità che trae la propria reale energia.
di Vanni Santoni
Let it D - la Repubblica, 29 aprile 2023 BOOK PAIRING Leggi, bevi, ama
BOOK PAIRING Leggi, bevi, ama

1. Il libro IL NOSTRO CAOS QUOTIDIANO
C'è qualcosa di più rivoluzionario che essere solo se stessi? Specie se si ha sensibilità estrema, una natura incendiaria e una vocazione poetica decisamente talentuosa, anche se capita di mantenersi facendo lavori precari, tipo il cameriere. Un esempio per tutti: Il giorno è indegno, piccolo-grandissimo libro (solo 127 pagine, ma dense e rutilanti come solo un poeta) scritto da _t_w_i_g_ (acronimo di Tobia Wilson Iacconi Gabbriellini) ed edito da AgenziaX, specializzata in controcultura. Cronaca sulfurea di un quotidiano fatto di tenerezza, droghe, ricordi d’infanzia, frustrazione, dildi, parolacce distribuiti equamente tra un racconto e un epigramma, una dichiarazione d'amore (“Al posto del tuo corpo, nel mattino dilaniato, un alveare biondo di giovani fate”) e una di frustrazione, elenchi di gesti insensati e ritualità collettive di pura ipocrisia. In queste pagine c'è tutto, infanzia, lavoro, eccessi, notti, vita, morte, ambizioni e ribellioni, compresa una dose esuberante di ironia (In _Ultime lezioni di fisica_: “Nei buchi neri la gravità è così forte che solo una cosa riesce a uscire: la bestemmia”, oppure i dialoghi con sé stesso mentre scrive: 
“… [Non è vero: non ti ho mai vista felice.] Il tuo sonno non è che un’attesa del giorno: sei una bambina che si addormenta in macchina perdendosi tutto il viaggio. [Mentre per me solo il viaggio ha senso.]
[Aggiungere qualcosa di acuto sul viaggio?]
Non ho niente da aggiungere.
[Quanto sei furbo.] ”)
Tobia Wilson fa poesia “con gli scarti e il sudiciume”, come quando parla di sesso con cruda precisione.
Ma sa anche condurre gli animi smarriti meglio di chiunque:
“Non essere ostile con la tua debolezza:
(Non averne paura). Ma fidati ancora meno della luce pura e vergine, delle idee delicate, (della gente normale).”
Alla fine, vince lui anche se può sembrare un perdente all’interno del sistema (“Sarà stato il mescal, ma io credevo di piacerti proprio perché non ho un posto nel mondo. Sarà stato lo sciogliersi della neve e tutta quella luce terribile.
Quanto diventiamo cattivi chiusi dentro ai recinti. Quanto siamo stupidi quando siamo parlati dalla nostra cultura”) e vinciamo anche noi, leggendolo. In fondo a questo servono i poeti: a far tornare nuova una verità che sapevamo già.

2. il vino L'AMBIZIONE DELL'OZIO
Un vino che sia buono, piacevole, abbordabile, anche per un cameriere come _t_w_i_g_, che serve vini francesi costosi in un ristorante del centro a Bologna. Drago Rosso di Paladin è un Merlot 100% (qualità “ruffiana”, direbbe qualcuno, perché ama piacere a tutti), di buona potenza e intensità, emblema dello spirito ardente del fondatore della cantina (nei primi 60), Valentino Paladin, che ora ha sede ad Annone Veneto, nello storico punto di posta sulla romana via Postumia. Vino super premiato, Drago Rosso al calice è color rubino, e al naso si presenta con una forte carica aromatica di frutta rossa, in primis ciliegia e mirtillo, accompagnata da leggere note speziate. Di buona struttura, al palato è pieno, equilibrato, con un leggero tannino che gli regala persistenza e armonia. Le uve godono di un’alta esposizione al sole, così da raggiungere un ottimo grado di maturazione e note interessanti per il vino.
Ce le immaginiamo, immobili all’aria: “Il giorno sarà indegno fino a quando il sole splenderà non sul nostro lavoro, ma sul nostro tempo perso”, avverte _t_w_i_g_.
Un grazie e un brindisi all’ozio, con lui.
di Amelia Jortdan
neutopiablog.org , 24 aprile 2023 Breviario di tempi ignobili | Una recensione su «Il giorno è indegno»
La mia macchina dei desideri non è sincronizzata con la macchina del lavoro, non è sincronizzata con la macchina dei biglietti dell’autobus, non è sincronizzata con la macchina sociale del giusto e dell’illegale” così recita uno dei passaggi più famosi di Boccalone, di Enrico Palandri, che nel ’79 scriveva questo piccolo capolavoro che dava voce alla generazione dei giovani del ’77, pieni di tensioni libertarie, studi (post) marxisti e con la consapevolezza che il mondo che avevano costruito per loro gli stava troppo stretto.
Come ho avuto modo di scrivere più e più volte, la nostra generazione, quella di coloro cresciti a cavallo dei due millenni, non ha ancora trovato il suo libro generazionale: non un Holden, non un Werther, neanche un Bazarov.
Sballottati fra miseria e nobiltà, fra passioni politiche e riflussi che si succedevano anno dopo anno alla stessa velocità con cui la tecnoscienza avanzava, siamo rimasti dei giovani vecchi senza voce: troppo adolescenziali per raccontare il passato dietro di noi, troppo vecchi per sentirci parte di qualcosa.
Eppure negli ultimi anni un mosaico di voci individuali hanno provato a raccontare la nostra storia collettiva, e ho provato spesso, su queste “pagine”, a tracciare un filo fra le varie esperienze, dal ritorno alla cittadina di provincia natìa di Grilli all’arrivo in città di Diacono.
Uno dei tasselli di questo mosaico è _t_w_i_g_ (da ora TWIG), acronimo di Tobia Wilson Iacconi Gabbriellini, classe 1984 e bolognese d’adozione. Il suo romanzo d’esordio, Nitrito, era uscito per “Fulmicotone”, collana di Agenzia X dedicata al furore della gioventù, e che in poco più di un anno di vita è riuscita a pubblicare libri altrimenti “impubblicabili” per la loro refrattarietà alle logiche commerciali? come Natura corta, buona raccolta di racconti a firma Diego Leandro Genna, e Mastica’zine, Ero una fanzine, che è letteralmente una fanzine sull’eroina tramutata in libro, una cosa che magari non molti se ne sono accorti ma che è letteralmente un pugno nel ventre molle dell’editoria. E Nitrito, appunto, che apriva questa collana e di cui ho parlato alla sua uscita, era un lungo monologo, in forma di lettera, in cui venivano scaraventate in faccia al lettore tutte le passioni, le abiezioni, le delusioni e lo spaesamento dell’autore, in una forma che pareva Thomas Bernhard sotto speed.
Una bella sorpresa, malgrado il libro soffrisse di alcune cadute ingenue e retoriche, che infatti è diventato un piccolo caso editoriale ricevendo un riscontro di pubblico e critica altamente positivo.
Come scrissi all’epoca – e questo momento autoreferenziale mi va concesso perché sono stato il primo ad averlo recensito: “Forse la generazione dei trenta/quarantenni sta incominciando a sentire la necessità di trovare una voce collettiva che ruggisca (anzi, nitrisca) i propri disagi.”
Poco più di un anno dopo, TWIG ritorna con un nuovo libro, in uscita sempre per “Fulmicotone”, un’altra prova del coraggio – o del sadomasochismo (no kinkshaming) – di questi ragazzi e ragazze che pare vogliano ribaltare tutte le norme editoriali.
L’attesa era tanta, anche perché, come diceva Caparezza – un artista che mio malgrado la generazione millennial ha conosciuto molto bene – “Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un’artista.” Questo libro non solo non ha deluso le aspettative, ma è un notevolissimo passo avanti rispetto all’esordio.
Dismessa la forma pseudo-romanzesca, il libro è una raccolta di poesie, pensieri, racconti brevi, senza un’apparente soluzione di continuità, ma che in realtà vanno a comporre il mondo interiore proteso verso l’esterno dell’autore.
Un libro grind-core, potremmo dire, poiché le sequenze rappresentate da TWIG sono brevi e violentissime nel loro mal de vivre e allo stesso tempo dolcemente “attaccate alla vita”, poiché l’autore,scrive nel libro: a volte usa la dolcezza per riempire i vuoti di senso”.
La concisione aiuta TWIG, che firma momenti di amarezza divertita come “Appunti di grazia e bulimia postcoloniale”, che è un riuscitissimo vademecum su come “divorare sé stessi senza dimenticare la felicità”, un po’ come trascinare Celine in un ristorante di pesce, per poi passare alla poesia senza titolo che inizia con il titolo del libro: “Ma il giorno è indegno e il giardino è logoro, l’ora è tarda e il vino amaro” carica di retaggi del cosiddetto “maledettismo” francese.
Sì, perché non si direbbe fra i turbini di sborra e ketamina, ma c’è tanto Rimbaud in questo libro, lo stesso rancore sordo e le stesse visioni cupe sotto sostanze stupefacenti, che ha sostituito il Beckett e il Bernhard del romanzo d’esordio.
Ha perfettamente senso, tutto ciò; la generazione dei maudits era a cavallo fra l’epoca della Restaurazione e l’avvento del socialismo internazionale, sballottati fra l’imperialismo di Napoleone III e il sorgere di una Repubblica poliziesca e conservatrice che affogava nel sangue i comunardi.
E noi, a cavallo fra il secolo delle cruente passioni e quello del trionfo della merce, sballottati fra l’imperialismo delle potenze internazionali e il sorgere di una Repubblica poliziesca e conservatrice che affoga nel mare i migranti. Entrambi, noi e i maudits, personaggi secondari di una sattelzeit (epoca-cerniera), a buttarci su droga, sesso e politica, senza capire come mai sappiamo più dei nostri genitori e più dei nostri figli eppure non riusciamo ad avere un’identità.
Un libro quindi che riesce a essere ancora più generazionale del precedente, e che sembra essere stato scritto al ritmo della cassa dritta di un set tekno di un free-party in un capannone, mentre l’isteria della speed e la sensazione di amore ovattato e luccicante dell’emmedi fanno a schiaffi per avere il predominio sul tuo sistema nervoso.
Anche per noi la macchina dei desideri non è sincronizzata con la macchina del lavoro ma promettiamo che, parafrasando TWIG, “non vivremo né moriremo per voi”, e non perché siamo tossici, bamboccioni, pigri, “sessualmente confusi”, ma solo perché siete indegni come indegno è il giorno.
www.yanezmagazine.com , 24 aprile 2023 _t_w_i_g_ , Il giorno è indegno
La seconda opera conferma le abilità di scrittore di Tobia Wilson Iacconi Gabbriellini, cameriere e festaiolo toscano alle prese con la sua vita sghagengherata in una Bologna trasfigurata e cupa, in cui gli spazi di luce rimasti sono certe persone, certi libri, certi luoghi in cui respirare ancora. Un conforto temporaneo, prima che il giorno e la sua ferocia produttiva facciano capolino dalle persiane. Ancora una volta, scorrendo le pagine di questo autore, non si trova una narrazione lineare, ma pagine che alternano poesie e prose ad alta tenuta letteraria. Ancora una volta, come con “Nitrito”, ci si ritrova a piangere senza capire perché. Forse per la dolcezza estrema della voce di _t_w_i_g_, forse per la sua potenza immaginifica.
il libraio, 3 marzo 2023 Fulmicotone, la nuova collana di narrativa italiana di Agenzia X
La casa editrice Agenzia X propone “Fulmicotone”, una nuova collana dedicata a giovani voci della narrativa italiana. In libreria arriva il nuovo romanzo di _t_w_i_g_

Il fulmicotone è un esplosivo inventato nel 1845 da Christian Friedrich Schönbein, chimico tedesco. La lunga storia dell’esplosivo e i larghi usi hanno permesso al suo nome di sedimentarsi nella lingua. Era usato nelle armi da fuoco, nei trucchi di magia e nei flash delle prime macchine fotografiche. Da qui deriva l’espressione di qualcosa “al fulmicotone”; appunto qualcosa di esplosivo, travolgente e intenso.
E si chiama proprio Fulmicotone la collana della casa editrice Agenzia X dedicata a giovani autrici e autori italiani, che si è aperta con Nitrito, esordio di _t_w_i_g_. Il romanzo è presentato come il racconto di una “voce insonne, acida e visionaria“, che accompagna il lettore negli abissi di una vita erosa dai sogni infranti, dagli addii, dall’impossibilità di riconoscersi nella società e di trovare conforto nell’amore. A tenere vivo il fuoco di questa confessione c’è la dolcezza dell’amicizia profonda e di un’idea di condivisione in un futuro da ribaltare nonostante il tempo che passa, lo spazio che allontana e un mondo morente.
Ora dello stesso autore, classe ’84, la casa editrice propone Il giorno è indegno, che verrà presentato in anteprima a Bookpride, domenica 12 marzo alle 12.30. Una serie di diapositive e pagine scritte durante notti insonni, tra un turno da cameriere e un rave, tra un amplesso e un festino solitario a base di droghe pesanti. Il racconto di una generazione non omologata e precaria, appesa a un panorama sempre più desertificato e anaffettivo.
_t_w_i_g_ è l’acronimo di Tobia Wilson Iacconi Gabbriellini, nato a Castelnuovo di Garfagnana nel 1984, e che vive a Bologna, dove lavora come cameriere.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza. Cliccando su qualsiasi link in questa pagina, dai il tuo consenso al loro utilizzo.

Non usiamo analitici... Clicca per più informazioni